Il Museo Marino Marini celebra 20 anni, martedì 21 ottobre

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
14 ottobre 2008 14:17
Il Museo Marino Marini celebra 20 anni, martedì 21 ottobre

Il museo conserva 182 opere di Marino Marini (1901-1980): sculture, dipinti, disegni e incisioni. La loro disposizione è tematica piuttosto che cronologica, intendendosi come tema più uno stato d’animo che un soggetto iconografico in senso stretto: essa ruota intorno all’imponente gruppo equestre dell’Aja (1957-58) collocato nell’epicentro dell’antico spazio liturgico e immerso nella luce naturale proveniente dalla grande vetrata absidale. Marino considerava la luce naturale un vincolante elemento di lettura della propria opera: questo criterio è pienamente accolto e sfruttato nel museo; i punti di osservazione sono molteplici, ovviando così all’avversione dell’artista per “l’opera sul piedistallo”, concetto assai distante dalla poetica mariniana.

Le opere sono state donate in momenti diversi da Marino Marini e dalla moglie Marina. Nel 1980 fu donato dall’artista al Comune di Firenze il primo nucleo di opere, costituito da 22 sculture, 31 dipinti, 30 disegni e 30 incisioni. Successivamente, nel 1988, la vedova Marini donò al Comune di Firenze altre 42 opere al fine di rendere più completa ed approfondita la collezione del museo. Nel frattempo il patrimonio museale si è arricchito di ulteriori 25 opere donate dalla signora Marini, dalla signora Del Vecchio e dal lascito testamentario Jesi.

Il museo contiene esclusivamente opere di Marino Marini eseguite tra il 1916 e il 1977, tutte esposte sui quattro livelli dell’edificio di San Pancrazio.
Il Museo Marino Marini è collocato nel centro storico di Firenze, all’interno della ex-chiesa di San Pancrazio, tra via della Vigna Nuova e piazza Santa Maria Novella. L’insediamento ecclesiastico di San Pancrazio, già documentato agli inizi del IX secolo, viene costituito in prioria dopo il 1100; alle monache benedettine che lo hanno in uso tra il XII e il XIII secolo subentrano i vallombrosani, che attuano una radicale ristrutturazione del convento, completata tra il 1457 e il 1467 dall’intervento di Leon Battista Alberti, patrocinato dai Rucellai.

La sua Cappella del Santo Sepolcro, originariamente comunicante con l’interno della chiesa, viene isolata nel 1808, anno della soppressione napoleonica e della sconsacrazione di San Pancrazio, con la rimozione del triforio albertiano, ricomposto nella facciata con proporzioni fortemente variate. Un destino di profanazione attende l’edificio: alla dispersione degli arredi segue l’impiego come Lotteria Napoleonica, sede della Pretura e poi della Manifattura Tabacchi, quando un incendio distrusse la muratura absidale; infine come deposito militare.

Questa lunga e alterna vicenda si conclude nel 1988 con l’apertura di uno spazio museale che coniuga felicemente antico e moderno: la città ritrova un edificio storico sottratto ad usi impropri attraverso una laboriosa opera di restauro, progettata dagli architetti Bruno Sacchi e Lorenzo Papi, e acquista il primo museo di arte contemporanea.

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