Territorio: il Piano di Indirizzo in Consiglio regionale

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
04 aprile 2007 14:27
Territorio: il Piano di Indirizzo in Consiglio regionale

Firenze, 4 Aprile 2007- “Con l’adozione del Piano di indirizzo territoriale (Pit) siamo ad un passaggio chiave della legislatura – ha esordito Erasmo D’Angelis (La Margherita), presidente della commissione Territorio e Ambiente – Questo atto di pianificazione ha un iter in due tempi e già da oggi gestiamo la fase istruttoria e di valutazione congiunta delle osservazioni, che attiva i meccanismi del codice del paesaggio e dei beni culturali, con la Toscana prima regione a sperimentarlo e ad approvarlo nel maggio 2008”.


Il Presidente della commissione ha sottolineato, quale primo elemento positivo del Pit, l’arrivo in aula dopo una fase importante di lavori tecnici approfonditi, seminari, confronti e consultazioni a largo raggio, che ha rafforzato la possibilità di una valutazione integrata. Il Pit, strumento dall’architettura complessa ed ampia, con piani, analisi, quadri conoscitivi, allegati e codice del paesaggio e dei beni culturali, “ha le proprie basi nel piano regionale di sviluppo e terrà ancora più alta l’immagine della Toscana nel mondo, del buongoverno del territorio, della tutela del paesaggio e della qualità dell’urbanistica”.

“Non siamo la terra degli ecomostri e degli appaltopoli – ha sottolineato D’Angelis – grazie alla Regione che ha tutelato il territorio, arrivando ad una felice sintesi tra uomo e natura, rafforzando la filiera della pianificazione e sciogliendo nodi fondamentali, come la lottizzazione, prodotto di trascinamento del passato”. Quindi: “Non esiste un caso Toscana e la risposta del Pit è notevolissima”, grazie all’ampia garanzia di tutela del paesaggio, che mette la parola fine a piani regolatori generali diversi, sottolineando “il bisogno di una regia regionale più forte, per qualificare la governance della filiera e dare risposte certe ai cittadini.

“Con il Pit inizia una nuova fase non solo di pianificazione del territorio – ha concluso D’Angelis – ma anche paesaggistica, e la Toscana, con questa svolta, è la Regione che soffre più di ogni altra per l’assenza di una legge quadro nazionale sul territorio”.
Un atto “significativo”, che “segna un’intera legislatura”. Così ha aperto il suo intervento dedicato al Pit (Piano di indirizzo territoriale) il vicepresidente del gruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Alberto Magnolfi.

La posizione del consigliere al documento è “sostanzialmente critica” e tuttavia “costruttiva”. “Da parte nostra – ha sottolineato Magnolfi – c’è l’intenzione di portare un contributo attraverso la presentazione di elementi significativi e decisivi”. Ed è proprio su questi “elementi” che il consigliere ha sviluppato il suo ragionamento, annunciando la “formalizzazione” di specifiche modifiche. Per il vicepresidente, il “problema principale” del Piano è quello di “coniugare lo sviluppo dei secoli con il futuro”.

“La presentazione del documento – ha continuato - avviene all’indomani di recenti vicende che svelano disfunzioni oggettive di un sistema che consente uno sviluppo urbanistico a cui nessuno sembra poter mettere un freno”. Secondo il consigliere, è necessario istituire una “Autorità di vigilanza”, espressione del Consiglio regionale, che abbia una funzione di “monitoraggio permanente”. Magnolfi ha quindi espresso un “disagio” per quell'idea di “città delle città” che contraddistingue il Piano.

Secondo il consigliere, infatti, questo è un “concetto astratto, una forzatura che non tiene conto delle specificità dei territori”. Sulle aree di riconversione industriale, Magnolfi ha evidenziato che esistono situazioni in cui è “importante prefigurare criteri per salvare ciò che è salvabile” e “non congelare” sul territorio, situazioni che “possono diventare di degrado”.
Per il consigliere di Alleanza Nazionale, Andrea Agresti, il Pit è “carente di un piano fondamentale per la sua formazione”.

Il riferimento di Agresti è al Piano energetico regionale, la cui mancanza rende le “scelte strategiche vaghe e sottoposte nel prossimo futuro ad essere oggetto di rielaborazione”. Per il consigliere, non è infatti possibile parlare di “città policentrica se non sono previste localizzazione e natura degli impianti energetici”. Allo stesso modo, non si può parlare di “presenza industriale se non vengono individuate le necessarie infrastrutture energetiche a suo supporto”, né si può affrontare il nodo del “patrimonio collinare, costiero, di infrastrutture, o di tutela del paesaggio”.

Agresti si è detto favorevole all’energia ricavata da fonti rinnovabili, specificando di essere “sensibile a questa scelta, ma vorremmo capire già in questa sede gli obiettivi e le scelte che la Giunta regionale andrà a fare sul territorio”. Per il consigliere, è comunque “indubbio” che il Pit sia “l’attuazione nel territorio delle linee guida del Prs”. “È un vero atto di governo che inciderà per i prossimi quindici anni sullo sviluppo urbanistico, sociale ed economico della nostra regione”.

Agresti ha quindi evidenziato che l’opposizione sarà “dunque responsabile”.
Per la capogruppo di Rifondazione comunista in Consiglio regionale, Monica Sgherri, la presentazione del documento è stata “esaustiva” ed è espressione di un “lavoro importante” fatto in commissione pur “in tempi stretti”. In questo senso, Sgherri ha evidenziato che nel periodo previsto per le consultazioni, “continueremo a dare il nostro contributo anche supportati dagli uffici dell’assessore Conti”.

Per la consigliera, il documento “fa scelte importanti, soprattutto da un punto di vista culturale”. “È - ha spiegato - un voltare pagina dopo quasi un decennio di affermazioni che oggi non trovano più spazio. Penso, ad esempio, a quei passaggi in cui si evidenzia che la Toscana non può diventare la regione dei pensionati o dei ricchi stranieri”. Affrontata anche la parte prescrittiva del Piano: “sono stati introdotti articoli di spessore per i quali possiamo affermare che altri casi Monticchiello sarebbero bloccati”.

Per Sgherri, infine, occorre “misurarsi sul tema della partecipazione”. “Sta crescendo – ha detto - la volontà di un’autorità buona che io non credo possa esistere. Deve invece insistere un sistema fatto di regole forti e largamente conosciuto perché su vicende come la tramvia, la non conoscenza di progetti e responsabilità fa crescere il diniego all’infrastruttura, piuttosto che un dialogo ed una voglia di conoscenza”.

Sgherri si è quindi detta favorevole all’introduzione di “strategie innovative nel quadro della sostenibilità”, magari introducendo accanto a questo tema anche quello della “bonifica delle criticità ed assumere questioni come l'energia e i trasporti collettivi e merci come elementi importanti per lo sviluppo della Toscana”.
«L’unica parte del Pit che possiamo condividere è quella dove si fotografa una realtà che è sicuramente in declino. Lo stesso Pit evidenzia le criticità della Toscana.

Infatti, qui si parla di una Toscana adagiata, di una crescita debole, di segnali di tramonto lento e inarrestabile. Infine, esprimete dubbi sulla capacità dell’economia di sostenere il modello di benessere. È vero che Pit e Prs devono essere letti in stretta correlazione, ma così sembrano due fratelli gemelli solo perché sono parole su parole e quindi ho forti dubbi sulla validità del piano -ha affermato Amadio (An)- Esprimo forti dubbi e perplessità sulla reale efficienza del Pit. Lo stesso assessore Conti, mesi fa, in una intervista, ebbe a dire che se ci fosse stato il Pit non ci sarebbero stati gli scempi ambientali.

Bella forza, intanto gli scempi ambientali sono stati compiuti. È stato detto poi che i piani strutturali e i regolamenti urbanistici dovranno adeguarsi al piano, ma il danno è stato fatto». «Il nostro giudizio è negativo perché le perplessità sono molte e non crediamo che sia uno strumento che possa servire ad evitare gli scempi ambientali. L’auspicio è che la Regione ponga mano ai disastri compiuti».
Una Commissione d’inchiesta che partendo dalle vicende di Campi Bisenzio faccia chiarezza sulle procedure di pianificazione urbanistica nella Regione.

L’hanno chiesta in Consiglio Regionale il capogruppo di Forza Italia, Maurizio Dinelli, e il portavoce della Cdl, Alessandro Antichi, nell’ambito della prima discussione sul Pit. Su quest’ ultimo, Forza Italia ha già iniziato un fuoco di sbarramento per tentare di correggere fin d’ora le non poche “storture” e le troppe “vaghezze” contenute nell’atto messo a punto dall’assessore Conti. In via preliminare – come ha chiarito Maurizio Dinelli – sarà richiesta, attraverso la presentazione di uno specifico ordine del giorno, l’istituzione di un’Autorità di controllo e di garanzia, espressione dello stesso Consiglio Regionale.

Essa dovrebbe avere il compito di monitorare il corretto andamento di gestione del territorio e la coerenza fra gli strumenti di pianificazione e le decisioni locali, nonché di riferire periodicamente le criticità registrate. Un guardiano del territorio, insomma, in grado di limitare o intervenire sulle tante linee d’ombra o sulle maglie larghe dell’attuale provvedimento che nascondono o fanno transitare discrezionalità, criticità e abusi. Dinelli, poi, entrando nello specifico del Pit, ha messo sotto accusa l’impostazione ideologica del provvedimento che discrimina le imprese di costruzioni al punto – sottolinea l’esponente di Fi – di definire come colpa gli investimenti nel mattone e nel cemento.

Un atteggiamento di “dirigismo pauroso” degno del comunismo di altri tempi. Non si può imbrigliare la Toscana nella rete delle ideologie. Sarebbe la negazione di ogni progresso.
«Il Pit non contiene due fattori che riteniamo essenziali: un programma di sburocratizzazione del sistema, attualmente non consono alla voglia di attrarre interessi in Toscana, e un rimedio efficace alla crisi che porta alla mancanza di viabilità. L’impressione sul piano, come in altre sedi, è che la politica sia interessata a tutto fuori che ai bisogni reali dei toscani.

Dai dati del piano emerge anche come la regione rifletta in misura generale l’andamento nazionale, ma a nostro avviso questo significa che se sta svanendo il recupero economico è a causa delle troppe tasse volute dal governo Prodi -interviene ppoi il Consigliere regionale di An Giuliana Baudone- Non da meno, apprezziamo poco o nulla il capitolo cultura. Che ancora difetta in coordinamento tra sviluppo culturale, rilancio del turismo e valorizzazione ambientale, con una prospettiva progettuale da sviluppare negli anni.

Si tralascia il turismo della costa, così come le pievi e i centri montani, deturpati dai grandi centri vendita che mettono in difficoltà i prodotti locali. Manca un modello che consenta dinamismo, qualità e sviluppo alla regione stessa». «La Regione ha speso molte risorse a rincorrere l’Europa e il mondo intero. Vediamo uffici ovunque, impegni economici in Africa e pure un autobus col simbolo del Pegaso a Cuba. Insomma, un ministero degli esteri formato regione con grandi impegni finanziari.

Ma nel quotidiano, l’autobus era più utile a una tratta che congiunge due centri abitati nella nostra provincia». «La città policentrica toscana apre certamente la riflessione al futuro della regione e condividiamo la correlazione tra il Pit e il Prs, ma anche in questo caso chiediamo che si diano più espressione e determinazione alle potenzialità della Toscana».
“E’ un atto che non può essere ridotto a mero strumento di pianificazione urbanistica” ha dichiarato Giancarlo Tei (Sdi), che ha sottolineato le importanti indicazioni sul sistema infrastrutturale, come “il corridoio tirrenico a tipologia autostradale”, e lo sviluppo della portualità e delle “autostrade del mare”.

“Le recenti vicende di cronaca con il Piano di indirizzo territoriale non c’entrano nulla – ha rilevato – La Toscana ha fatto passi enormi per la democrazia nel governo del territorio. Nessuno può rimpiangere le vecchie Commissioni regionali tecnico amministrative, che esercitavano un controllo esasperato”. In questa prospettiva Tei ha difeso l’autonomia decisionale dei Comuni e dei sindaci, salvo “perseguire comportamenti sbagliati”. “Non sono d’accordo con l’istituzione di un’autorità di vigilanza – ha concluso – Non è con soluzioni ispettive che gettiamo le basi per lo sviluppo.

E’ una posizione demagogica”.
La validità dell’impianto complessivo del Pit è stata al centro dell’intervento di Virgilio Simonti (Ds), che ne ha sottolineato gli elementi innovativi, come “lo stretto legame tra programmazione territoriale e pianificazione dello sviluppo” e “la semplificazione degli strumenti, che non indebolisce il sistema di tutela e di salvaguardia”. A suo giudizio, siamo di fronte ad “uno strumento efficace di governo”, che contiene “scelte qualificanti per l’assetto di lungo periodo della nostra regione” e vincoli paesaggistici “da gestire insieme ai Comuni”.

“Si pone fine al meccanico trascinamento delle previsioni urbanistiche negli anni – ha rilevato – e si rifiuta una logica gerarchica, che è alla base degli scempi”.
“I Pit del passato non sono stati ‘Piani di indirizzo territoriale’, ma ‘prediche di indirizzo territoriale’. Una legislazione incoerente ha abbandonato i sindaci a loro stessi e lasciato la Regione senza strumenti di controllo sulla loro attuazione”. Lo ha denunciato Fabio Roggiolani (Verdi), ricordando le recenti vicende di Campi Bisenzio e, prima ancora, di Prato, Arezzo, Versilia, Livorno, Elba, Pistoia.

“Intorno ad un intellettuale della sinistra – ha aggiunto - si sono riuniti 75 comitati territoriali per denunciare quanto avvenuto in questi anni. Non possiamo non tenere conto di una regione che, a torto o a ragione, si mobilita”. Per questo Roggiolani ha chiesto l’inserimento nel Pit di una “clausola di salvaguardia” per bloccare regolamenti urbanistici comunali non conformi al Piano di indirizzo, ai piani territoriali di coordinamento.
Un riconoscimento al lavoro svolto. Molti dubbi sulle scelte di merito e sulla visione generale che ne sta alla base.

L’auspicio che l’esame delle osservazioni possa introdurre miglioramenti significativi. Si può riassumere così la posizione di Luca Paolo Titoni (Udc), secondo il quale non può esserci un “unico metodo di governo” per una realtà toscana così multiforme. A suo parere, ad esempio, se uno sforzo per il recupero ambientale è necessario, non può tradursi solo in vincoli alla riconversione di aree industriali, che escludano i fini abitativi, spesso gli unici volani economici.
Il masterplan sul sistema aeroportuale, allegato al Pit, è stato al centro dell’intervento di Pier Paolo Tognocchi (Margherita).

A suo parere per valorizzare i due scali principali di Firenze e Pisa è più utile un’attenta regia per le opportune iniziative promozionali, piuttosto che la creazione di una holding di gestione economica e finanziaria. I due aeroporti – ha infatti osservato - sono entrambi in utile ed in crescita, ma sono anche molto diversi tra loro: Pisa è a prevalente capitale pubblico ed orientato al low cost, mentre Firenze è in mano a privati, già quotato in borsa, e vede la presenza di Meridiana.
“Il fatto che il Consiglio si trovi e deliberare sul Piano di Intervento Territoriale solo dopo che sono già stati oggetto dell’attività dell’assemblea il Piano regionale di sviluppo, quello dello Sviluppo Economico, il Piano Regionale per l’energia, il Piano regionale per l’Ambiente, non può costituire una subordinazione del Pit a quei piani; al contrario, sono questi che debbono subordinarsi ad esso”.

Lo ha dichiarato il consigliere regionale del Pdci, Eduardo Bruno, intervenendo in aula nel corso del dibattito sul Piano di indirizzo territoriale (Pit). Per Bruno, gli indirizzi scelti dall’aula hanno due possibili destini: “o risultare un’azione velleitaria di dichiarazioni di principi, pur condivisibili”; oppure definire ciò che del paesaggio debba essere considerato “invariante, e quindi determinare di conseguenza i tipi di infrastrutture da ampliare, modificare, realizzare sul territorio, definire i limiti delle scelte urbanistiche”.

Il consigliere ha indicato scelte da perseguire, in nome di “più coerenza e consapevolezza”, quali l’assunzione di “decisioni per rendere concreto il fatto che i decreti di vincolo dei beni dichiarati paesaggistici costituiscano il divieto a nuove urbanizzazioni”; e la necessità di procedere “a un’accorta ricognizione dei luoghi fino ad ora già vincolati, per valutarne lo stato di conservazione e proporre, se necessario, la modifica del perimetro”. Bruno ha quindi ricordato le valutazioni espresse nel documento adottato dalla commissione Cultura del Consiglio, di cui è vicepresidente, auspicando che la commissione Ambiente lo faccia proprio.

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