Soft Economy: quante divisioni ha la qualità italiana?

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
03 gennaio 2006 20:30
Soft Economy: quante divisioni ha la qualità italiana?

Se ne parla a Firenze il 14 gennaio a palazzo Medici Riccardi -sala Luca Giordano ore 9.30 - 13.30- con Alessandro Profumo, Ermete Realacci, Domenico De Masi, Diego Della Valle, Carlo De Benedetti, Anna Maria Artoni, Giuseppe Mussari, Francesco Ferrante, Franco Pasquali, Carlo Sangalli, Raffaello Vignali, Livio Barnabò, Aldo Bonomi, Luigi Campiglio, Vito Di Bari.
Può il David italiano competere con il gigante cinese? Il futuro dell’Italia si gioca in larga misura su due fronti. Da una parte, la scommessa su saperi e innovazione, su ricerca e nuove tecnologie.

Dall’altra, l’orgoglioso recupero della nostra identità positiva: una combinazione unica di paesaggi e comunità, territori straordinari, prodotti tipici e saperi tradizionali, coesione sociale, creatività, città d’arte e patrimonio storico-culturale. Qui affondano le radici il nuovo made in Italy e la sua competitività. Questa è la soft economy, che rinnova la vocazione italiana alla qualità. Ma se la qualità è la via maestra, qual è il suo peso nell’economia italiana? Stalin, alle critiche mosse dalla Chiesa cattolica, replicava chiedendo quante divisioni avesse il Vaticano.

Per affermare la soft economy dobbiamo rispondere a questa domanda: quante divisioni ha la qualità italiana? Quanto contribuisce alla ricchezza del Paese? Soprattutto: quanto è determinante per il suo futuro?

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