L'anfiteatro romano di Fiesole si popola delle statue di Onofrio Pepe

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
02 maggio 2005 14:44
L'anfiteatro romano di Fiesole si popola delle statue di Onofrio Pepe

I miti ritrovati, esposizione di cinquanta opere di grande formato di Onofrio Pepe, allestita nel celebre Teatro Romano sulla collina di Fiesole vicino a Firenze, sarà inaugurata sabato 7 maggio e resterà aperta tutti i giorni fino al 5 giugno con orario 10,00-18,00 (ingresso da via Portigiani 1, euro 5 / ridotto 4). Il catalogo, curato da Stefano De Rosa e Marco De Marco (Pagliai Polistampa, pp. 88, euro 28.00), contiene le riproduzioni a colori delle opere esposte e i testi critici di Marco Fagioli e Francesco Gurrieri.

Fiesole propone i bronzi di Onofrio Pepe con una sistemazione e un allestimento che li pongono in dialogo diretto con la tradizione classica e con l'archeologia.

Nell'esclusiva sede del Teatro Romano, che accoglie per la prima volta un artista contemporaneo, si articola il suo "percorso nel mito". Contemporaneamente, nella Sala Costantini del Museo Archeologico (ingresso gratuito da via Portigiani 9), opere di formato più ridotto (bronzetti, terrecotte, bassorilievi) permetteranno un approfondimento del percorso simbolico di Pepe, sempre incentrato sul tema della continuità del mito dalla filosofia greca alla cultura latina sino ai nostri giorni. Per Stefano De Rosa, curatore della mostra e del catalogo, "Pepe lascia che la forma suggerisca, con la forza e il fascino della poesia, un sentimento di vertiginoso abbandono in un'assenza di tempo, dove sopravvive l'appagamento estetico e tale appagamento vale come moneta sonante".

Pepe ha avuto l'onore di esporre con successo la sua Porta del Mito nel Piazzale degli Uffizi, a conferma di quanto la sua arte concettualmente severa e lirica incontri i favori del pubblico e della critica.

La sua opera è ormai riconosciuta non solo in Italia ma anche al di fuori dei confini nazionali. "Sono forme levigate, pure, armoniose, morbide e feconde - afferma ancora Stefano De Rosa - quelle modellate da Pepe; forme nelle quali la luce è una danza prolungata, un passaggio ininterrotto di sensualità. Pepe ha saputo trattenere il senso profondo della classicità, ovvero il legame di ogni parte del sapere con il proprio tempo, e la capacità di trascendere la dimensione temporale per attingere a un'altra, nella quale ogni tensione si distilla e si raffredda, ricomponendosi in un'unità, in una sintesi nella quale potranno filtrare le letture dei posteri".

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