Lombardi e Riondino raccontano la Divina Commedia, al Teatro di Rifredi da giovedì 7 a sabato 9 aprile (ore 21.00)

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
05 aprile 2005 15:05
Lombardi e Riondino raccontano la Divina Commedia, al Teatro di Rifredi da giovedì 7 a sabato 9 aprile (ore 21.00)

Da più di quattro stagioni Sandro Lombardi e David Riondino propongono con crescente successo un recital-spettacolo dedicato all’ Inferno dantesco. Nato dall’incontro di due attori diversi per formazione, storia artistica e collocazione, e pur uniti da una serie di affinità (la fascia generazionale, la comune origine fiorentina, la predilezione per il recitar versi), Dante – Inferno non si limita ad una carrellata di brani più o meno celebri del testo, ma propone una "drammaturgia", curata da Federico Tiezzi che è anche il regista dello spettacolo, tesa a cogliere quanto oggi maggiormente "parla" alla sensibilità contemporanea, alle domande senza risposta, all’inquietudine e alle speranze di un presente difficile e a volte quasi incomprensibile.

Senza nulla togliere all’altezza del dettato, lo spettacolo si snoda attraverso assoli e duetti, canzoni e stacchi musicali che mirano a proporre allo spettatore un modo di "recitar-cantando" teso a risvegliare nella memoria collettiva quell’incrinatura, quel dubbio, quella curiosità che spingono a riaprire pagine amate (o a volte, per colpa della scuola, odiate) con una curiosità nuova e un interesse rifattosi vergine.
Siamo convinti che periodicamente sia necessario tornare a sfogliare il più gran libro della nostra letteratura, il suo capolavoro più sperimentale e meno accademico.

E soffermarsi di volta in volta su un passaggio particolare, un canto precedentemente trascurato, un personaggio dimenticato o, all'opposto, ritrovare invece versi che ormai la memoria ha fatto suoi.
L’Inferno è la cantica delle passioni più violente e brucianti, il poema dello smarrimento e dell’incontro con Virgilio, la galleria di personaggi indimenticati come Francesca, Ciacco, Pier delle Vigne, Ulisse, Guido da Montefeltro, Ugolino... L’Inferno è un museo vivente di ritratti erosi, statue spezzate, identità schiantate: personaggi, perduti nei secoli, che hanno il potere di parlarci della loro esistenza.

L’Inferno è infine la cantica in cui maggiormente si esprime la ricchezza straordinaria del realismo dantesco, quello che lo porta a forgiare una lingua di rovente novità, che non teme di spingersi verso gli opposti registri del sublime e del comico-grottesco.
La sfida è sempre la stessa: superare la distanza tra il poema sacro e la sua concreta praticabilità scenica. Qui, due attori isolati nella luce si fanno i narratori del viaggio più intenso della storia. Solitari e generosi, si affidano alla parola del poeta, per farne emergere l’intrinseca teatralità.

Perché di Commedia si tratta: una tessitura drammatica che isola e scolpisce personaggi e sentimenti, conflitti e passioni, speranze e dolori. Nell’Inferno tutti sono ancora coinvolti nel ribollire della vita; la mancata speranza in una salvezza eterna spinge i dannati a riconoscersi come uomini solo per quello che è stata la loro parabola terrena. Da qui la potenza espressiva della poesia dantesca in questa cantica. Accanto al "volgare" dantesco, la drammaturgia di Tiezzi lascia affiorare anche le parole dell’oggi, con i versi di poeti a noi contemporanei che maggiormente hanno visto in Dante una guida, un loro Virgilio: in particolare con le riflessioni furenti della Divina Mimesis di Pier Paolo Pasolini, e con le terzine civili delle Ceneri di Gramsci; con i versi di Ezra Pound contro l’usura.

L’accostamento illumina il parallelismo tra l’esilio di Dante e l’estraneità pasoliniana e poundiana alla cultura dominante.

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