Uno sguardo dal ponte di Arthur Miller (regia Giuseppe Patroni Griffi) dal 13 al 18 al Teatro della Pergola

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
11 gennaio 2004 18:11
Uno sguardo dal ponte di Arthur Miller (regia Giuseppe Patroni Griffi) dal 13 al 18 al Teatro della Pergola

Il tema principale nei drammi di Arthur Miller, probabilmente il più grande drammaturgo americano del '900, è soprattutto uno: l'uomo di fronte alle proprie responsabilità. E questo è anche il filo conduttore che Sebastiano Lo Monaco ha scelto per interpretare il personaggio più epico e tormentato di tutto il teatro dello scrittore statunitense, quell'Eddie Carbone che nell'immaginario non solo teatrale è legato al volto, alla figura e all'interpretazione di Raf Vallone - grazie alla quale attore e personaggio si fondono insieme in un'unica e inscindibile icona - e a messe in scene straordinarie del testo curate da Peter Brook e Luchino Visconti, con il grande Paolo Stoppa, e in cinema da Sidney Lumet.


La vicenda, come è noto, è ambientata a Brooklyn, ad uno sguardo da quel ponte che unisce due luoghi differenti: uno del "presente" col carico di tutto il suo passato, che però rimane costantemente in vista, e l'altro di un futuro imminente, sempre lontano, sempre sognato. Da qui, la bellissima idea di regia di immettere in uno stesso spazio scenico gli "interni" e gli "esterni" della vicenda: tutto avviene sotto o davanti al grande ponte che nello stesso tempo sembra incombere minaccioso sul destino di quei piccoli uomini e diventare anche il simbolo di una nuova convivenza.
Eddie Carbone ospita nella sua casa due fratelli, cugini della moglie, arrivati dalla Sicilia da immigrati clandestini.

Rodolfo, il più giovane dei due, si innamora, riamato, di Caterina, la giovane nipote che Eddie e sua moglie Beatrice hanno accolto in casa come una figlia dopo la morte dei suoi genitori. A questo punto scatta nella mente di Eddie Carbone qualcosa di orribile a cui non sa dare un nome - forse amore per la nipote, forse gelosia del padre che non è riuscito ad essere - che lo esalta e lo spaventa, ma che scatena in lui anche un odio assoluto per gli altri, soprattutto per quel ragazzino biondo, "diverso" in tutto e per tutto da sè, che lo precipita in una furente perdizione, in un buio da cui non riesce più ad uscire, a trovare quel filo di luce che possa permettergli di salvarsi.

Così denuncia all’Ufficio Immigrazione i due clandestini, compiendo l'atto più vile che un uomo del suo stampo avrebbe potuto compiere, per poi consegnarsi, in un'ultima sfida rusticana, ad una morte che ha il succo acre e terribile di una voluta e ricercata espiazione. Eddie Carbone non è sicuramente un uomo di plastica: nel corso del suo privato calvario, inseguito da demoni sconosciuti, o che non nomina per paura o per vergogna, il suo cuore subisce strappi oscuri, indicibili, che non riesce più a controllare.

Quella corda che teneva insieme ragione e sentimenti non tiene più, qualcosa l'ha spezzata. Privo di saggezza e verità, Eddie Carbone va incontro alla sua "inutile" morte.
Con questo personaggio Sebastiano Lo Monaco, in una prova assai impegnativa, non fosse altro perché è il primo attore siciliano ad interpretare un ruolo dove il "non scritto" e il "non detto" sembrano essere la sostanza pirandellianamente vera del dramma, in un confronto costante e smisurato fra legge e verità, abissi dell'anima e ragioni inaccettabili, arricchisce la sua personale galleria di personaggi inquieti, instabili, sempre sull'orlo della follia, manifesta o invisibile, con cui maschera e svela la sua più segreta e autentica natura d'attore, in un inesauribile gioco scenico in cui il personaggio e l'interprete sembrano fare a gara a chi si impossessa prima dell'altro: una continua sfida di palcoscenico che non si chiude neanche all'ultima replica.
Come nei suoi precedenti spettacoli, Giuseppe Patroni Griffi non si limita alla semplice messinscena di un testo, ma porta sul palcoscenico anche un momento storico, una tranche temporale, un ambiente (nel senso meno naturalistico del termine); il tutto fatto rivivere attraverso la scena e i costumi di Aldo Terlizzi, le musiche di Louis Prima, il mix di parlate dialettali tipico degli emigrati nel quale dominano il siciliano della famiglia di Eddie e il napoletano dell’avvocato Alfieri.

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