L'incidenza economica dell'immigrazione

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
10 dicembre 2003 19:02
L'incidenza economica dell'immigrazione

Firenze, 10 dicembre 2003- Quanti immigrati, cosa faranno, quale sarà il loro contributo all'Italia nei prossimi 20 anni? Come s’inserirà nel nostro sistema, e quale l'incidenza della seconda generazione di immigrati che si sentirà meno straniera e più italiana? Quali connessioni tra presenza degli immigrati nel mercato del lavoro ed economia sommersa?
Di questo, e di altri aspetti, si parlerà a Firenze (11-12 dicembre, Firenze Palazzo Incontri) nell'ambito del convegno L'INCIDENZA ECONOMICA DELL'IMMIGRAZIONE, organizzato dalla Fondazione Cesifin Alberto Predieri - Centro per lo studio delle istituzioni finanziarie, promosso dall'Ente Cassa di Risparmio di Firenze.

Il convegno esaminerà il fenomeno dal punto di vista demografico, sociologico, economico e fiscale attraverso tre sessioni dai titoli: Aspetti dinamici e strutturali dell'immigrazione in Italia. Immigrazione, sviluppo e politiche fiscali. Politiche dell'immigrazione e di welfare. Interverranno, oltre al professore Giuseppe Morbidelli, Presidente delle Fondazioni "Cesifin Alberto Predieri" e "La Toscana e il Mezzogiorno d'Italia e d'Europa", il professore Massimo Livi Bacci, curatore scientifico del convegno e studiosi del tema delle Università di Firenze; di Genova; di Messina; di Milano La Bicocca; di Padova; di Roma La Sapienza e Tor Vergata; di Torino; di Verona; insieme ai responsabili dei Servizi Studi di Irpps-Cnr; Irpet; Fieri; CeRP; Banca d'Italia; Isae; Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Ente Veneto Lavoro.
Il Convegno" L'incidenza economica dell'immigrazione" è realizzato con la collaborazione della Fondazione "La Toscana e il Mezzogiorno d'Italia e d'Europa e con la Facoltà di Scienze Politiche "Cesare Alfieri" e il Dipartimento di Statistica "Giuseppe Parenti" dell’Università degli Studi di Firenze.

I NUMERI DELL'IMMIGRAZIONE
L’immigrazione, nel nostro paese, ha avuto inizio negli anni ‘70, ma ha avuto una forte accelerazione nell’ultimo decennio, durante il quale lo stock di immigrati è cresciuto di 150.000 unità all’anno raggiungendo i 2 milioni e mezzo di persone.

Sono 1 milione e 500 quelli in regola, 600.000 quelli in attesa di regolarizzazione e 82.000 i permessi di soggiorno non rilevati. I minorenni stranieri iscritti in anagrafe il primo gennaio 2001 erano quasi 300 mila; gli alunni stranieri nelle scuole italiane erano 14 mila nel 1989, 60 mila nel 1996, sono 230 mila nel 2003, e secondo le stime (prudenti) del Ministero dell’Istruzione, saranno 500 mila nel 2010 e 700 mila nel 2017.

PROIEZIONI FUTURE
Nei prossimi venti anni la quota di popolazione di origini straniere, inclusi i nati in Italia, potrebbe crescere dal 4 all'11 per cento, pari a 6,5 milioni di persone, fino a raggiungere il 30 per cento in seguito.

Scenderà al 5 per cento, e poi sparirà, se invece si chiuderanno le frontiere. Gli italiani con origini italiane diminuiranno, dai 56 milioni di oggi, ai 54 milioni del 2023, su una popolazione di 60 milioni di persone. Nonostante l'arrivo degli immigrati, la società italiana rimarrà vecchia: mantenendo invariato l'attuale trend, gli ultrasessantacinquenni, oggi pari al 18 per cento della popolazione, costituiranno, nel 2023, il 22 per cento del totale e, in seguito, saliranno fino al 27%. Ancora più alta sarà la quota delle persone anziane se verranno chiuse le frontiere: il 23 per cento nel 2023 e il 30 per cento nel 2050, valori preoccupanti per la tenuta del welfare e del sistema della protezione sociale.

SECONDA GENERAZIONE: RISCHIO ''BOMBE SOCIALI'' E RAZZISMO
La prima generazione (G1), quando giunge in Italia è disposta a fare lavori pesanti, ripetitivi e poco pagati, perché è consapevole di dover iniziare dalla "gavetta", non ha ancora assimilato i nuovi standard di vita e di consumo, e l'offerta di lavoro è sempre preferibile alla miseria e alle scarse prospettive dei loro paesi.

Diverso il comportamento della seconda generazione (G2), rappresentata dai figli degli immigrati che sono cresciuti in una società ricca, a stretto contatto con i coetanei autoctoni, e sui quali i genitori riversano aspettative e desideri di riscatto sociale. Non saranno disponibili ad accettare condizioni di vita e di lavoro bassi, ma potranno essere costretti a ridimensionare drasticamente sogni e aspettative, sviluppando insoddisfazione, rancore e frustrazione; diventando vere e proprie "bombe sociali"; creando problemi di ordine pubblico e generando insicurezza e razzismo.

Altrimenti, se integrata, la seconda generazione competerà con i figli degli autoctoni per il raggiungimento dei ''posti'' migliori nella scala sociale, aspirando a lavorare con ruoli da professionisti e non più come operai, muratori, cuochi, precari dell'agricoltura e dell'industria .

IMMIGRATI, PREVIDENZA E TASSE; UNA PARTITA PER I PROSSIMI 20 ANNI
Gli immigrati pagano tasse e contributi e ricevono a loro volta trasferimenti di denaro pubblico per sanità, assistenza e pensioni influenzando, in questo modo, il saldo delle casse dello Stato.

Nei prossimi decenni, molto dipenderà dal profilo dell'immigrato, dall’età, dalla struttura familiare, dalle qualifiche nel lavoro, dall'emersione dal lavoro nero e precario (15% la quota di stranieri tra i lavoratori irregolari secondo le statistiche Inps del 2002). Le caratteristiche dell’immigrazione dipendono molto dalle politiche, che oggi tendono a privilegiare soggiorni di lavoro di breve periodo, favorendo implicitamente le basse qualifiche.

ITALIA-USA A CONFRONTO NEL FENOMENO DELL'IMMIGRAZIONE
L’integrazione non è un processo che può essere lasciato a sé stesso, governato da forze naturali.

Essa deve essere promossa da coerenti politiche, orientate al lungo periodo e che implicano cospicui investimenti sociali. L’Italia, diversamente dagli USA, non ha una società segmentata in modo classista e non esistono ghetti sociali (quartieri dei ricchi e quartieri dei poveri). La vita, in Italia, si svolge in piccoli centri o in città dove la popolazione è stanziale; i fenomeni malavitosi sono così più facilmente controllabili. La scuola italiana è in larga parte pubblica, interclassista e garantisce un programma didattico uguale per tutti i ceti sociali.

LA FONDAZIONE CESIFIN ALBERTO PREDIERI
La Fondazione Cesifin Alberto Predieri è stata costituita nel 1986 dalla Cassa di Risparmio di Firenze.

Alberto Predieri, ideatore e promotore di questa istituzione, ne è stato a lungo il presidente. Dopo la sua scomparsa, nel 2001, la Fondazione è stata a lui dedicata. Scopo ed attività della Fondazione, finanziata dall'Ente Cassa di Risparmio di Firenze dal 2001, è la promozione di studi e convegni su temi giuridico-finanziari ed economici di estrema attualità, ai quali sono chiamati ad intervenire studiosi ed esperti nonché esponenti del mondo imprenditoriale e delle istituzioni. I convegni e i seminari in molti casi hanno dato luogo a pubblicazioni di largo respiro come è avvenuto per temi di grande rilevanza nel paese: la liberalizzazione valutaria, la riforma dei mercati finanziari, le autorità amministrative indipendenti, i fondi strutturali europei, il governo delle società, il sistema monetario internazionale.

Presidente della Fondazione Cesifin, Giuseppe Morbidelli, Professore ordinario di Diritto Costituzionale presso l’Università "La Sapienza" di Roma e avvocato amministrativista in Firenze. Curatore scientifico del convegno Massimo Livi Bacci, Professore Ordinario di Demografia presso la Facoltà di Scienze Politiche "Cesare Alfieri" di Firenze.

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