Ivano Marescotti e Vito da martedì 10 a domenica 15 dicembre al Teatro Puccini

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
09 dicembre 2002 19:10
Ivano Marescotti e Vito da martedì 10 a domenica 15 dicembre al Teatro Puccini

“Don Camillo e il Signor Sindaco Peppone” è tratto dalle opere di Giovannino Guareschi che hanno per protagonista la coppia di personaggi resa famosa al cinema da Fernandel e Gino Cervi, ora interpretata da Vito (Don Camillo) e Ivano Marescotti (Peppone). Lo spettacolo ha debuttato nel dicembre 2001 all’Arena del Sole dove ha registrato il tutto esaurito con 18.000 presenze.
Sulla realizzazione del film Don Camillo e l’Onorevole Peppone, Giovannino Guareschi scrive che è necessario toccare con eguale pressione i tasti del sentimento, del drammatico e del comico.

Questi sono gli ingredienti base delle incredibili vicende del prete e del sindaco comunista che si incontrano, si scontrano e si abbracciano nel piccolo presepe della Bassa Padana. Ma cosa portare in scena della ricchissima epopea guareschiana? Nel tempo i libri e i film sono diventati un'unica cosa, si sono stratificati in quello che viene definito «immaginario collettivo». Quello che va in scena è, in sostanza, ciò che è seppellito nella memoria di tutti. Ma che senso ha portare oggi a teatro l’epopea del prete che agisce ai limiti del codice (Dio) e del comunista piccolo-borghese, il pistolero dal cuore tenero? Il perché da segnare con l’evidenziatore, dove sta? L’autore Francesco Freyrie e il regista Lorenzo Salveti credono di averlo trovato proprio nel Mondo Piccolo, nel borgo e nella terra che Guareschi copiava dal vero, nella vita e nei valori della gente della pianura emiliana.

Zavattini diceva che per immaginarsi la pianura basta tracciare con una penna una riga su un foglio. Diceva anche che le biciclette, nelle terre del Po, seguono gli uomini come cani fedeli, sempre in viaggio per chissà dove. Con Giovannino Guareschi le biciclette diventano cavalli imbizzarriti e la pianura un archetipo, la scenografia di un paradiso avvolto dalla nebbia. Sotto la superficie di questo oceano lento, apparentemente immobile, si consuma una battaglia furibonda, la tempesta delle anime.

Una tempesta combattuta a colpi di lingue taglienti, ragionamenti franchi, cervelli contadini che la pratica del vivere ha appuntito come spiedi.
Quello che Guareschi racconta è ambientato prima della cacciata dell’uomo dal paradiso terrestre. Fuori, oltre quel cordone di nebbia, c’è il Peccato, le città. I costumi, la politica, le donne, persino le biciclette di città sono viste da Guareschi con profondo e sincero orrore. La città è progresso mentre il paese è civiltà, amava scrivere.

Don Camillo e il Signor Sindaco Peppone vuol raccontare storie di passioni accese, fondate sui valori semplici ma solidissimi della solidarietà, dell’onestà, dell’amore per la propria terra; quelle passioni da cui non derivano ideologie (anch’esse roba di città) ma idealità, tanto che i colori politici di cui si vestono i nostri eroi, dinanzi a una così sincera condivisione degli stessi ideali, non sono altro che un buffo costume da carnevale, indossato ad arte al solo scopo di farci sorridere e commuovere.

Insomma, un poema epico e anche un po’ biblico quello di Camillo e Peppone che scalpita dietro il sipario, una battaglia all’ultimo dispetto, dove tutti prendono democraticamente la parola, anche i crocefissi, in un ribollire di sentimenti che è forse l’unica, vera causa dell’afa che affligge la terra d’Emilia. Questa minuscola, civilissima epicità si cercherà di portare in scena, rispettando l’umanità di Guareschi e tutto quello che di Camillo e Peppone ci portiamo orgogliosamente dentro.

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