Testimanianza d'eccezione al secondo seminario sullo sterminio

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
07 dicembre 2002 07:56
Testimanianza d'eccezione al secondo seminario sullo sterminio

FIRENZE- Si è concluso con la testimonianza di Liliana Segre, 72 anni, sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz, il secondo seminario per insegnanti organizzato dalla Regione Toscana in preparazione della Giornata della Memoria. I seminari, aperti a tutti i docenti, si sono tenuti ieri e lo scorso venerdì, 29 novembre. Ad entrambi ha partecipato l'assessore ad istruzione, formazione e lavoro Paolo Benesperi, sottolineando l'importante occasione di aggiornamento e di crescita professionale offerta a tutti gli insegnanti toscani.

Durante gli incontri è stato affrontato il rapporto tra l'ideologia nazista e la diversità, analizzando le cause della persecuzione di vari soggetti: malati di mente, omosessuali, zingari, donne, ebrei. A conclusione dei lavori è intervenuta Liliana Segre, reduce dal campo di sterminio di Auschwitz. Lucida e razionale, capace di trasmettere emozione senza lasciar trasparire sentimenti personali, quella che è una delle ultime testimoni italiane della deportazione e dello sterminio di milioni di persone vittime della "soluzione finale" nazista, ha raccontato lo stupore con cui da bambina, ebrea, scoprì di essere "diversa" attraverso il progressivo isolamento dalle compagne di classe, la gioia per l'illusione di poter fuggire in Svizzera lasciandosi alle spalle le leggi razziali italiane, la disperazione per l'arresto, il terrore nel momento in cui lei ed il padre furono chiamati per salire sul treno che li avrebbe portati al campo di sterminio.
Entrata nel lager a 13 anni, la Segre superò la selezione iniziale solo perché la vita da sfollata ed il carcere l'avevano portata a dimostrare molto più della sua età.

Destinata al lavoro da operaia rimase ad Auschiwitz un anno e mezzo, poi affrontò la "marcia della morte" con la quale il campo fu evacuato e 56.000 prigionieri scheletrici e affamati furono fatti camminare per giorni nella neve verso altri campi ancora in mano alle forze del Reich.
Dopo aver attraversato altri tre campi di sterminio, Liliana Segre visse il giorno della liberazione a Ravensbruck: "Vedemmo la storia cambiare - ha detto - credevamo che ci avrebbero ucciso tutti per cancellare le prove di ciò che avevano fatto.

Non fu così. Non si curavano più di noi e pensavano a fuggire. Aprirono finalmente il cancello e uscimmo, insieme, guardie e prigionieri. La strada si riempì di gente: erano i civili tedeschi che lasciavano le case perché temevano l'avanzata russa, poi c'eravamo noi e c'erano i nostri carcerieri che ci camminavano accanto ignorandoci e si toglievano le divise, rimanevano in mutande e cercavano di mescolarsi a noi. Io vidi il comandante del campo, che aveva avuto potere di vita e di morte su ognuna di noi fino a poco prima, passarmi accanto mentre si spogliava.

Gettò la pistola, e questa finì ai miei piedi. Pensai subito di raccoglierla. Pensai che lo avrei ucciso. Sarebbe stata la cosa più giusta, il solo finale possibile. Invece, in quel momento, capii che io non avrei ucciso nessuno, che avevo scelto la vita. E da quel momento fui libera".

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