Pergola: dal 12 novembre Giancarlo Sepe ispirato dal personaggio di Prosper Mérimée

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
08 novembre 2002 15:56
Pergola: dal 12 novembre Giancarlo Sepe ispirato dal personaggio di Prosper Mérimée

Carmen è il proseguimento di una sorta di viaggio che Monica Guerritore e Giancarlo Sepe stanno compiendo nei prototipi femminili.
Dopo aver affrontato con importanti risultati "Madame Bovary", un viaggio attraverso la "frustrazione" femminile e il possibile riscatto tramite l’esegesi personale da parte dell’attrice.
Carmen è il prototipo della "tentatrice sensuale", di una donna pericolosa per l’uomo in virtù del suo potere di seduzione.
Bella, affascinante e crudele, desiderata ed odiata, personificazione della sessualità, simbolo della passione e dell’istinto di una parte dell’anima dove non regnano più le ragioni e l’intelletto, ma l’irrazionalità, le pulsioni istintuali, espressione di una natura allo stesso tempo benevola e crudele che, come lei, affascina e annienta.
Una donna che comunque vuole riconquistare intera la sua libertà e per questo è anche capace di morire.
Ancora oggi ha senso parlare di Carmen? Carmen è il frutto di un personaggio letterario oppure affonda le proprie radici nell’anima femminile? Si può pensare ancor oggi che una donna possa scegliere la morte piuttosto che la libertà?
Tutto questo potrà forse avere una risposta.
Giancarlo Sepe mette ancora una volta Monica Guerritore, attrice e donna, di fronte a questo personaggio e solo allora capiremo le diverse sfaccettature di Carmen, quella che sensibilità dell’attrice e guida sapiente della regia sapranno mostrarci.
Monica Guerritore è certo tra le attrici che hanno calcato il palcoscenico della Pergola una delle più amate.

La sua militanza risale al gennaio del 1978, quando interpretò nello Zio Vania di Cechov allestito dal Teatro Stabile di Torino il personaggio di Elèna Andrèevna. Al suo fianco Annamaria Guarnieri, Gastone Moschin e Giulio Brogi per la regia di Mario Missiroli. Una storia delle sue apprizioni alla Pergola deve ovviamente tenere conto del lungo sodalizio con Gabriele Lavia, dagli allestimenti di Schiller (I Masnadieri del 1982 e Don Carlos dell'anno successivo), all'Amleto nel quale era un'Ofelia intensa, a Il diavolo e il buon dio di Sartre.

Con Giancarlo Sepe era già stata un’intensa Madame Bovary due stagioni fa, nel nome di un interesse per le figure femminili tra teatro, letteratura e musica che l’aveva portata giovanissima nel cast di Manon Lescaut di Sandro Bolchi, il primo sceneggiato a colori prodotto dalla RAI nel 1975.
Tantissimi anche gli allestimenti firmati alla Pergola da Giancarlo Sepe. Molto Brecht, poi Garcia Lorca, Beckett, Gogol e un italianissimo Come le foglie di Giacosa del 1980 con Lilla Brignone, Gianni Santuccio, Umberto Orsini e quel Massimo De Francovich appena transitato con Gin Game.

Di Sepe piace citare però l'attività nel teatro di ricerca, che lo spinse più volte a Firenze soprattutto con Ubu Roi di Jarry (nel maggio 1972 al Rondò di Bacco.

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