Presentato il piano di gestione dei boschi di Monte Morello

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
18 giugno 2001 14:06
Presentato il piano di gestione dei boschi di Monte Morello

18 giugno 2001 - L’assessore provinciale all’agricoltura, Mario Lastrucci, il presidente dell’Accademia di Scienze forestali, Fiorenzo Mancini, ed il professor Orazio Ciancio hanno presentato questa mattina alla stampa in Palazzo Medici Riccardi il piano di gestione e rinaturalizzazione di Monte Morello.
Dagli inizi del XX secolo Monte Morello è stato oggetto di vaste opere di rimboschimento, che hanno comportato un’evoluzione profonda del paesaggio. Questi rimboschimenti sono il risultato di uno sforzo tecnico, economico e umano, durato quasi un secolo, che ha restituito un manto forestale laddove il bosco e il suolo erano stati degradati da secoli di sfruttamento, culminati con il “saccheggio” del periodo della Prima Guerra Mondiale.


I terreni, appartenenti a privati, sono stati rimboschiti ricorrendo all’occupazione temporanea a fini di pubblica utilità. La legge n. 3267 del 30 dicembre 1923, all’art. 39, stabilisce che le opere di sistemazione dei bacini montani sono eseguite a spese dello Stato, e che l’occupazione cessa con la riconsegna del fondo stesso, quando i lavori di sistemazione siano compiuti e collaudati e il rimboschimento sia divenuto redditizio.
I rimboschimenti di Monte Morello sono ormai completati e quindi la legge prevede la riconsegna dei terreni ai legittimi proprietari, che dovranno farsi carico di una loro corretta gestione.

Oltre alla difficoltà di individuare (per gli anni passati, i passaggi di proprietà intervenuti, la perdita di archivi con l’alluvione del 1966) i proprietari (al momento se ne sono fatti avanti 6, che hanno avuto restituiti poco più di 200 ettari) vi è la necessità di indicare le linee di gestione più opportune per valorizzare il complesso dei rimboschimenti e per guidarli verso forme stabili, in equilibrio con l’ambiente circostante, e di redigere il Piano di coltura e conservazione, dettando interventi atti a favorire la rinaturalizzazione.

Interventi onerosi, che i proprietari potrebbero affrontare consorziandosi per meglio usufruire dei fondi comunitari disponibili. Vi è poi l’esigenza di una rete di controlli sul rispetto delle previsioni del Piano, tenendo comunque conto che quest’ultimo non vuole ingessare il territorio di Monte Morello ma solo garantirne una corretta gestione.
Nell’aprile 1998 la Provincia di Firenze ha affidato all’Accademia Italiana di Scienze Forestali l’incarico di sviluppare le linee guida del «Piano di gestione per la rinaturalizzazione dei rimboschimenti di Monte Morello».


Il lavoro è stato coordinato dal professor Orazio Ciancio, Segretario Generale dell’Accademia, ed ha coinvolto una ventina di studiosi.
Per avere le informazioni necessarie, è stata effettuata un’indagine, quanto più possibile estensiva e completa, dello stato attuale dei vari popolamenti.
Il piano si è avvalso di contributi specifici - prodotti da illustri specialisti di varie discipline - su temi che hanno permesso sia di individuare le strategie naturali in atto nel processo evolutivo, sia di identificare e proporre le linee guida per la gestione sostenibile, l’aumento della biodiversità e la conservazione nel medio periodo del paesaggio.
Il lavoro soddisfa esigenze diverse.

In primo luogo contiene il Piano di coltura e conservazione, strumento di base che consente all’Ente gestore – la Provincia di Firenze - di procedere in tempi relativamente brevi alla restituzione dei terreni occupati temporaneamente, prescrivendo norme e tecniche per l’esecuzione degli interventi colturali.
In secondo luogo, i contributi specifici, che fanno parte del piano di gestione, costituiscono la base per l’interpretazione dei fenomeni naturali in atto.
Nel suo insieme lo studio dà una visione complessiva e una chiave interpretativa dello stato dei rimboschimenti, della presenza di fenomeni di successione e dei condizionamenti ambientali che possono limitarne l’evoluzione o comprometterne la conservazione.
L’imboschimento delle pendici, iniziato nel 1909 e terminato, con le interruzioni dei due eventi bellici, nel 1985, ha interessato oltre 1200 ettari.

L’uso delle conifere è stato estensivo e ha portato alla realizzazione di complessi monospecifici o misti che coprono vaste superfici.
Alle quote più alte è stato impiegato il pino nero, in mescolanza variabile con il cedro dell’Atlante, l’abete bianco, la douglasia. Scendendo di quota il pino nero forma consorzi misti con il cipresso che diviene poi la specie prevalente, insieme ai pini mediterranei.
Allo stato attuale è presente uno strato inferiore di latifoglie autoctone su buona parte delle particelle secondo varie strutture e modalità di affermazione diverse la cui rinnovazione si manifesta su quasi tutta la superficie rimboschita.
La specie più diffusa è l’orniello, che lascia il posto, alle quote inferiori, al leccio.

Il carpino nero si afferma talora vigorosamente in alcuni ambiti e parimenti la roverella: entrambe le specie, nei rispettivi ambiti tendono a affermarsi distribuendosi con individui singoli.
I rilievi condotti per la redazione del piano sono stati di tipo estensivo, e hanno interessato l’intera superficie oggetto d’indagine.
Ad oggi le conifere non mostrano segni di sofferenza e presentano valori di incremento medio e corrente ancora crescenti. Dal confronto con i dati di precedenti rilievi, si osserva un aumento del numero di latifoglie in tutte le aree e la loro affermazione.
Sono stati acquisiti e studiati i fotogrammi aerei scattati da parte dell’Istituto Geografico Militare Italiano.


Il supporto della fotointerpretazione è risultato particolarmente utile per interpretare la presenza di strutture composite e complesse nel tessuto dei rimboschimenti e per caratterizzare, attraverso la distribuzione delle strutture visibili, la modalità e intensità della copertura, riconoscendovi la continuità e la presenza di gruppi, aggregazioni o vuoti.
Il complesso dei rilievi e delle osservazioni è confluito nel Sistema Informativo Territoriale che ingloba i rilievi forestali e lo stato della viabilità.


Il quadro tracciato consente di definire i principi informativi del piano. Sono stati identificati ambiti colturali omogenei riuniti in cinque differenti tipi gestionali: fustaie adulte, fustaie miste per singoli individui d’origine artificiale e da ceduo, fustaie giovani, perticaie da seme e di origine mista, popolamenti cedui misti a fustaie e perticaie.
Gli interventi prescritti, prevalentemente diradamenti di grado debole o moderato, sono volti a conseguire:
- l’eliminazione delle conifere deperienti e dei morti in piedi, con rilascio di almeno parte della biomassa prodotta sul terreno, sia pure con le opportune cautele, per favorire un ritorno nel lungo periodo di almeno parte dei nutrienti al suolo attraverso l’arricchimento dell’orizzonte organico;
- l’alleggerimento della copertura in corrispondenza dei tratti a perticaia, novelleto e rinnovazione più promettenti, per attivare i processi di crescita e selezione naturale tra gli individui;
- l’affermazione e selezione delle latifoglie, privilegiando gli individui nati da seme, laddove i processi di evoluzione a fustaia sono ben evidenti;
- il rilascio di 1-2 polloni sulle ceppaie dei cedui preesistenti, ove tale processo non è ancora naturalmente avvenuto, per limitare la competizione per le risorse edafiche e accelerare lo sviluppo degli individui verso una fisionomia ad alto fusto;
- il mantenimento della diversità strutturale specifica nei prati sommitali.
Il portato del piano è un punto essenziale di valutazione e una fonte di operatività, ma anche una base di partenza per ulteriori approfondimenti.

A questa indagine estensiva dovrebbe far seguito un programma di lavoro che consenta di seguire nel tempo l’evoluzione sia della componente artificiale sia della flora e della micro e macrofauna che si insediano spontaneamente nel tessuto dei rimboschimenti.
Con l’applicazione del piano, i rimboschimenti di Monte Morello divengono un laboratorio forestale permanente ove si adottano e si analizzano i vari e diversi interventi e si verificano gli effetti conseguenti alle operazioni colturali.


Al momento della consegna del lavoro - inizio della vita operativa del piano - l’auspicio è che esso possa essere applicato secondo la filosofia che lo ha animato e contribuire così a mantenere e sviluppare una importante risorsa, tramandandola in condizioni di ottimale funzionalità alle generazioni future.

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