Harry Kupfer al suo debutto registico in Italia

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
09 giugno 2001 16:57
Harry Kupfer al suo debutto registico in Italia

Firenze - Il mito dell'Amazzone resa folle dall'amore, dall'orgoglio, da dogmi atavici, che per troppo desiderio uccide e sbrana, belva fra le belve, l'eroe amato, la tragedia terribile e malata di Heinrich von Kleist diventata opera lirica nel 1927 con la musica del compositore svizzero OTHMAR SCHOECK, viene presentata per la prima volta in Italia al Maggio Fiorentino: dal 13 al 25 giugno, per cinque sere, "PENTHESILEA" va in scena al Teatro Comunale di Firenze, con la direzione di GERD ALBRECHT - cui si deve l'unica incisione discografica reperibile -, l'interpretazione di DORIS SOFFEL nella parte della protagonista e di DIETRICH HENSCHEL in quella di Achille, e la regia di HARRY KUPFER, decine di regie liriche al suo attivo in tutto il mondo e soprattutto a Bayreuth, Dresda e Berlino (dei cui teatri è stato anche direttore), ma debuttante assoluto in Italia dove per la prima volta firma uno spettacolo, insieme ad Hans Schavernoch, autore dell'impressionante impianto scenico, e a Yan Tax per i costumi.

Misconosciuto titolo di un altrettanto poco noto compositore del Novecento, PENTHESILEA costituisce il capolavoro di Schoeck, inspiegabilmente poco rappresentato ove si consideri la violenza tremenda del soggetto, la sua efficacia esaltata in veste musicale, e la tensione quasi insostenibili espressi in poco più di un'ora di durata, che lo rendono diverso da qualunque altro, quasi un' "Elektra" all'ennesima potenza, e che lo collocano in una posizione di originalità nell'arte moderna, pur se partorito da un musicista che si potrebbe definire, senza sottesi negativi del termine, "conservatore".

Sul podio dell'Orchestra e del Coro del Maggio Musicale Fiorentino GERD ALBRECHT, cui si debbono molte riscoperte novecentesche: nel '98, sempre al "Maggio", fu lui a riproporre il "Wozzeck" di Manfred Gurlitt, e costante è la sua attenzione verso autori come Busoni, Schrecker, Zemlinsky, Henze, Schnittke; DORIS SOFFEL, mezzosoprano apprezzatissima come interprete wagneriana, e DIETRICH HENSCHEL, baritono votato ad un repertorio amplissimo e in buona parte dedicato anche al Novecento, prestano la loro voce - e l'impegnativa tenuta scenica - a tessiture volutamente scomode e forzate, richieste dalla scrittura per rendere innaturali, minacciosi o addirittura isterici i dialoghi e le allucinazioni del soggetto; accanto a loro, Pròtoe è CHIARA TAIGI, Mèroe IRENE THEORIN, la Gran Sacerdotessa KATJA LYTTING, Diomede CHRISTER BLADIN agiscono - quasi selvaggi superstiti - sull'enorme torso umano privo di testa, grande statua caduta e monca che costituisce l'impianto scenico.

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