Vincenzo Musacchio: "Combatto da 30 anni contro i silenzi sulle mafie"

Intervista al criminologo, giurista e docente di criminal law al Rutgers Institute di Newark (USA)

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
01 febbraio 2022 22:45
Vincenzo Musacchio:

di Lucia De Sanctis

Abbiamo intervistato il professor Vincenzo Musacchio, criminologo, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies di Newark (USA). Ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80.

È oggi uno dei più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali, un autorevole studioso a livello internazionale di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative a livello europeo.

Professore come ha cominciato questa sua ammirevole avventura?

Approfondimenti

Ho cominciato trent’anni fa: era il 19 febbraio del 1992. Poi, grazie a Maria Falcone, ho incontrato Antonino Caponnetto e dietro suo sprone oggi porto avanti il progetto “Legalità Bene Comune” affrontando il tema delle mafie partendo dalle scuole elementari sino all’Università. Lo faccio attraverso le attività di Cittadinanza e Costituzione, attraverso l’educazione alla legalità, con la lettura di articoli, libri, con laboratori o anche con la partecipazione, spettacoli teatrali o cinematografici.

L’utilità di questi progetti è direttamente proporzionale allo scopo didattico che si voglia portare avanti. Dipende molto anche dall’età degli studenti: la consapevolezza di un preadolescente è diversa da quella di un maggiorenne. Credo sia assolutamente necessario rompere il silenzio che è tra gli atteggiamenti più graditi dalle mafie. Falcone spesso stimolava i giovani affermando che ognuno di noi ha un dovere da compiere: il mio, che sento forte dentro di me, è quello di provare ad oppormi ai troppi silenzi sulle mafie realizzando iniziative culturali e sociali in favore soprattutto dei giovani provando ad arginare il dramma della loro scarsa conoscenza dei fenomeni mafiosi e dell’antimafia.

Com’è nato il progetto “Legalità Bene Comune” e perché è importante parlare di questi temi agli studenti?

Il progetto nasce dopo una lettera che ricevetti da Giovanni Falcone quando ero laureando in Giurisprudenza. Mi scrisse una frase che ha segnato la mia vita: “Continui a credere nella giustizia c’è tanto bisogno di giovani con nobili ideali”. Poi incontrai Caponnetto e con lui iniziai un percorso formativo sui temi della legalità provando a risvegliare i giovani dal torpore di una scuola che si occupa sempre meno di educazione civica. Come docente ho sempre pensato di avere una responsabilità personale nella formazione di una cultura della legalità e del rispetto delle regole. Tanti miei allievi, oggi magistrati, avvocati, nelle forze dell’ordine, quando m’incontrano ricordano ancora una mia frase emblematica: libertà è partecipazione, presa in prestito, ovviamente, dal grande Giorgio Gaber. Sono certo che i giovani, se sapremo dare loro buoni esempi, rimuoveranno l’attuale silenzio che ammanta il fenomeno mafioso.

Quali sono i valori che oggi andrebbero trasmessi agli studenti?

Assieme a Caponnetto spesso discutevamo sul ruolo di una scuola che oltre a trasmettere conoscenza dovesse anche formare le coscienze. Per dirla in maniera più semplice: sfornare buoni studenti ma anche buoni cittadini. Parlare di antimafia, non è da tutti, la correttezza morale e l’assenza di fini di lucro credo siano la base per parlare agli studenti dando loro gli strumenti basilari per essere autonomi, consapevoli e liberi nelle loro scelte.

Mafie, politica ed economia che rapporto hanno tra loro e come farlo comprendere ai giovani?

Le nuove mafie ormai rappresentano un fenomeno criminale sempre più transnazionale. Esiste un trinomio indissolubile: mafia, politica e finanza. La mafia si potrà sconfiggere se si spezzeranno questi tre legami che consentono al crimine organizzato di diventare sempre più potente e pericoloso. Le mafie oggi sono accettate e tollerate perché spesso convengono a molti. Questa è la vera sciagura che cerchiamo di far comprendere ai più giovani. Dico spesso loro di non lasciarsi trasportare dalla tentazione delle scorciatoie non legali e di non scendere a compromessi di convenienza personale.

All’inizio dell’intervista lei ha parlato di ignoranza dei giovani sui fenomeni mafiosi, questa mancanza deve preoccuparci?

Non ho usato a caso la parola “ignoranza”. L'ignoranza è la condizione di chi trascura la conoscenza di determinati fatti che si dovrebbero sapere. Questo deve spaventarci e non poco poiché senza conoscenza non c’è cultura, e senza cultura non c’è crescita. Contrastare la crisi di conoscenza dovrebbe esser la priorità di uno Stato di matrice solidaristico sociale come il nostro.

Lei cosa pensa: da dove occorrerà ripartire per dare una speranza di riscatto ai nostri giovani?

Le dirò forse una cosa scontata ma credo che occorra una nuova classe politica scelta direttamente dai cittadini. Una volta che i cittadini si assumeranno questa responsabilità, dovranno pretendere dagli eletti che affrontino di petto tre priorità: la lotta alle mafie, alla corruzione e all’evasione fiscale. Credo poi che dovremmo puntare sui nostri talenti, sulle nuove idee dei nostri giovani. Buona politica, lavoro, politiche sociali sono probabilmente gli elementi principali per arginare e contrastare non solo il fenomeno mafioso, ma anche l’arruolamento nelle file dei clan dei più giovani che nella criminalità vedono possibilità di guadagno facile e veloce.

Parte della società civile sembra voglia convivere con le mafie quasi integrarsi con loro, lei cosa ne pensa?

Le nuove mafie non sono più solo intimidazione, omertà e violenza, oggi sono diventate mercatistiche, transnazionali e invisibili. Usano il loro immenso potere economico per conseguire vantaggi personali sempre più spesso leciti. Il crimine organizzato quindi si può manifestare anche in forme apparentemente lecite. Quest’ultima evoluzione deve preoccuparci poiché amplia notevolmente il suo potenziale criminogeno. Le relazioni tra organizzazioni mafiose e “area grigia” rappresentano il vero punto di forza delle nuove mafie. I condizionamenti del crimine organizzato sulla politica, sull’economia e sul sociale rendono le nuove mafie, uno Stato nello Stato. L’indifferenza dei cittadini su questi aspetti rende le mafie sempre più forti. C’è bisogno di mettere da parte il disinteresse, la contiguità, il silenzio di fronte ad una mafia che con questi atteggiamenti può solo rischiare di diventare invincibile.

In conclusione cosa possiamo fare?

Ognuno di noi ha un dovere da compiere in questa “nuova resistenza partigiana” contro le mafie. Che cosa possiamo fare l’ha detto più volte Giovanni Falcone: “Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o le pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana”. Io credo che non vi sia via migliore da poter percorre per provare a sconfiggere le nuove mafie sempre più forti e più pericolose.

Foto gallery
Notizie correlate
In evidenza