Mafie italiane e rapporti con politica e imprenditoria

Nell'intervista al criminologo Vincenzo Musacchio

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
13 novembre 2021 10:00
Mafie italiane e rapporti con politica e imprenditoria

Ne parliamo con Vincenzo Musacchio, criminologo, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Attualmente tiene un corso di Criminologia delle Organizzazioni Mafiose Transnazionali presso il RIACS di Newark. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80.

Nella storia d’Italia che rapporti ci sono stati tra mafie, politici e imprenditori?

Le mafie per esistere hanno sempre avuto bisogno di avere contatti con la politica e il mondo economico. In modi, termini e intensità diversi, questo è accaduto sia nell’Italia pre-unitaria, sia in quella post-unitaria. Le mafie hanno sempre condizionato le scelte dello Stato, in alcune fasi storiche con la violenza, oggi con la corruzione. La caratteristica peculiare delle mafie italiane è sempre stata la metamorfosi e la velocità rispetto al cambiamento dei punti di riferimento politici, economici e sociali del momento storico in atto.

Approfondimenti

Come sono cambiate le mafie in questi anni ?

C’è stato il passaggio dal metodo mafioso violento e intimidatorio (che non è scomparso sia chiaro) a quello corruttivo e non violento. Le mafie sono riuscite poco a poco a farsi quasi accettare dalla società civile italiana. Ancora oggi esistono persone che negano l’esistenza della stessa a volte davvero evidente. Le nuove mafie sempre più spesso agiscono nella legalità il che le rende invisibili.

Come combattere questa tipologia di mafia?

Io credo il principale vaccino a questo virus sia educare alla legalità e alla Costituzione le nuove generazioni. A tale iniziale opera ovviamente va affiancata l’azione repressiva delle forze di polizia e della magistratura. È un lavoro duro e lungo ma se fatto con onestà e serietà alla fine darà i frutti sperati.

Lei vede oggi la volontà di combattere le mafie?

No! Non la vedo a livello politico, di governo, di stampa, di mass media, di informazione generalista. La maggioranza dei cittadini sa sempre meno su questi temi e la non conoscenza porta all’oblio e ovviamente alla non azione. Come diceva Paolo Borsellino occorre un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità. La parole del magistrato palermitano per ora restano ancora una illusione.

Come giudica le scelte della politica degli ultimi dieci anni in tema di lotta alle mafie?

Insufficienti, spesso inadeguate e inutili allo scopo. Occorrono azioni sistematiche e omogenee che travalichino i confini nazionali e incidano perlomeno a livello europeo. Le mafie sono ormai transnazionali e la loro lotta non può che essere condotta al loro stesso livello altrimenti è spesso inefficace. Mi annovero tra coloro che ritengono sia necessaria la modifica del 416 bis. Le mafie sono cambiate e quindi vanno modificati anche gli strumenti di lotta e vanno adeguati alle loro continue metamorfosi. È da potenziare la legislazione sui beni confiscati, migliorare la novella sul 416-ter (scambio-elettorale politico mafioso). Intoccabile quella legislazione voluta fortemente da Giovanni Falcone (ergastolo ostativo per chi non collabora, 41bis, potenziamento della legislazione sui collaboratori di giustizia.)

Secondo lei il potere mafioso, quello politico, economico e finanziario sono alleati?

Assolutamente sì! Ovviamente il mio sì è da intendere in senso relativo e non assoluto. Per capirci nella lotta alle mafie c’è uno Stato che lotta le mafie con forza e determinazione, ma ci sono anche pezzi deviati dello stesso che invece le favoriscono. Le mafie contemporanee tuttavia sono presenti ovunque vi sia possibile fare affari e lucrare. Economia, finanza e mafie coesistono e spesso solidarizzano tra loro per fare affari. Non c’è emergenza o crisi dove le mafie non abbiano lucrato in simbiosi con i cd. poteri forti, politici, economici e finanziari.

Ci può spiegare come sia stato possibile che persone come Dell’Utri e Cuffaro (condannati per concorso esterno in associazione mafiosa e favoreggiamento della mafia) possano aver ricoperto incarichi elettivi di rilievo?

È semplice: sono stati votati dagli italiani. Se devo dirla tutta, ritengo che se si ricandidassero con l’attuale sistema elettorale sarebbero anche rieletti.

Perché le mafie sono sempre un passo avanti rispetto allo Stato?

La risposta più spontanea che mi viene in mente in questo momento è che sia lo Stato a voler stare un passo indietro alle mafie. Su questo mi pare che ci siano pochi dubbi.

Il suo prossimo impegno nella lotta alle mafie?

Tutti i miei impegni in tal senso sono fuori dall’Italia. Sto lavorando a un progetto in ambito europeo sulle strategie di lotta alle mafie transnazionali. E’ un’impresa difficile che però mi appassiona molto.

L’ultima domanda. Che cosa è la mafia oggi?

Rispondo a questa domanda riportando quanto disse il boss Frank Coppola a un magistrato romano che lo interrogava e che Giovanni Falcone riportò durante una sua intervista nel lontano 1991, quindi ben trenta anni fa. “Tre magistrati vorrebbero oggi diventare procuratore della Repubblica. Uno è intelligentissimo, il secondo ha l’appoggio dei partiti di governo, il terzo è un cretino. L’ultimo otterrà il posto. Questa è la mafia.” Sotto quest’aspetto, da allora a oggi, la situazione non è cambiata molto, questo deve preoccuparci e non poco.

Notizie correlate
In evidenza