Registrato nuovo test sierologico toscano: a breve sarà disponibile per i pazienti

L'Aou pisana capofila di uno dei tre studi clinici autorizzati da Aifa. Robot in corsia a Pisa e Massa-Carrara con il progetto Lhf-Connect. La piattaforma di BiOMViS si dimostra efficace nella ricerca di un possibile vaccino

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
24 aprile 2020 23:45
Registrato nuovo test sierologico toscano: a breve sarà disponibile per i pazienti

L'Agenzia italiana del farmaco, ha autorizzato tre nuovi studi clinici per il trattamento del Covid-19. Uno dei tre studi è coordinato dall'Azienda ospedaliero universitaria pisana, gli altri due dall'Università di Bologna e dall'Università di Parma. Lo studio multicentrico di cui è capofila l'Aou pisana è uno studio randomizzato per valutare efficacia, sicurezza e tollerabilità del Baricitinib in aggiunta al trattamento usuale nei pazienti con polmonite in Covid-19.

Il farmaco è autorizzato in Italia per la cura dell'artrite reumatoide. Quindi il professor Francesco Menichetti e i suoi collaboratori, dottor Marco Falcone e dottoressa Giusy Tiseo, con l'importante contributo della professoressa Marta Mosca, hanno disegnato uno studio multicentrico, prospettico e randomizzato controllato a due bracci, per valutare efficacia, sicurezza e tollerabilità del Baricitinib nei pazienti con polmonite con Covid-19. Lo studio è stato positivamente valutato dal Comitato tecnico scientifico di Aifa e definitivamente approvato dal Comitato etico dell'Istituto nazionale malattie infettive Spallanzani.

E notizia di oggi, la Diesse Diagnostica ha registrato con marchio CE l’atteso test sierologico. I laboratori di microbiologia di Siena e Firenze ne stanno verificando la sensibilità e specificità. L’esito sarà disponibile a breve. Confermiamo la nostra volontà di utilizzare questi nuovi test sierologici immunometrici che danno ulteriori informazioni (IGM, IGG, IGA) rispetto a quelli rapidi. Quelli prodotti da Diesse Diagnostica sono test toscani e dal costo contenuto". A dare la notizia dell'importante traguardo raggiunto in Toscana è il presidente della Regione Enrico Rossi.

Che aggiunge. "Dedicheremo questi test primariamente alle persone che saranno ricoverate negli ospedali della Toscana con attività programmata. Nel 2019 abbiamo avuto circa 500 mila ricoveri, la maggior parte dei quali di questo tipo. Il test sierologico potrà essere effettuato sul paziente almeno una settimana prima del ricovero e all’ingresso in ospedale la persona sarà comunque sottoposta a tampone molecolare, esattamente come è accaduto fino ad ora. Questa procedura ci consentirà di eliminare l’eventualità che i ricoveri negli ospedali No-Covid possano creare possibili focolai di infezione; ed essere di aiuto nell a adeguata programmazione degli interventi chirurgici ai quali saranno sottoposti i pazienti; quelli con tampone negativo all’ingresso potranno sottoporsi alle attività chirurgiche programmate normalmente, mentre i positivi, dopo l’accertamento con tampone, saranno operati in ambienti protetti".  Si partirà, annuncia Rossi, con l’acquisizione di 500 mila test, di cui i primi 100 mila sono in arrivo. "Stiamo inoltre definendo con i medici di famiglia possibili aree di prescrizione mirata sulla popolazione - spiega ancora il presidente - Se questo test funziona, in termini di sensibilità e specificità, insieme ai tanti altri test che nel futuro si affacceranno alla disponibilità del mercato, potrà essere offerto anche come complemento diagnostico.

La prospettiva è quindi quella di completare i primi 400mila test sierologici in corso destinati agli operatori sanitari del pubblico e del privato e a tutte quelle altre categorie individuate nelle ordinanze regionali, per poi passare allo screening della popolazione".

Fino ad oggi gli operatori sanitari sottoposti al test sierologico sono stati 51.500, con esito positivo del test sierologico del 2,2%. Il tampone molecolare eseguito su questi ultimi ha confermato una parte di questi, per un 1,1% dei casi complessivi, con esito positivo. Nelle residenze socio assistenziali sono stati invece eseguiti 33 mila test sierologici e siamo in attesa della risposta diagnostica definitiva.

LHF-Connect è il progetto che mette a disposizione delle strutture sanitarie le istruzioni per la costruzione di un robot di telepresenza, guidato tramite un software sviluppato da un team di ricerca dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) in collaborazione con l’Università di Pisa e rilasciato gratuitamente e open source, disponibile anche sulla piattaforma TechForCare.com recentemente lanciata dall’Istituto per la Robotica e le Macchine Intelligenti (I-Rim) e Maker Faire Rome. Il primo robot assemblato è ora operativo nelle corsie dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana di Cisanello e permette al personale sanitario di controllare i pazienti ricoverati affetti da Covid-19 in remoto e di connetterli con le loro famiglie e amici attraverso le video chiamate, per alleviare i lunghi periodi di degenza.

Altri test sono stati eseguiti nel Nuovo Ospedale Apuano della Azienda USL Toscana Nordovest. La tecnologia consente inoltre di prestare forme di assistenza di base come la consegna dei farmaci, diminuendo l’esposizione del personale sanitario al virus e riducendo la possibilità di contagio. In particolare il dispositivo è stato testato, sia in reparti Covid-19 che di terapia intensiva e sub-intensiva, mettendo in comunicazione una paziente ricoverata in corsia e i suoi familiari, che dal momento del ricovero non avevano avuto la possibilità di vedersi.

La procedura è avvenuta senza rendere necessaria l’esposizione del personale medico. Durante la sperimentazione si sono valutate anche le procedure per la sanificazione del dispositivo e sono state studiate le modalità per garantire la massima protezione della privacy. Si sono inoltre sperimentate le potenzialità nel campo della telemedicina effettuando un consulto a distanza in un reparto di terapia intensiva tra il direttore del Dipartimento di Anestesia e rianimazione dell’AOUP Fabio Guarracino e un paziente intubato.

Il medico ha osservato i monitor e interloquito con l’infermiere che assisteva il paziente. L’utilizzo di LHF-Connect ha consentito di ridurre sensibilmente i tempi complessivi del consulto, poiché non si è resa necessaria la fase di preparazione e vestizione del medico, e di limitare l’esposizione del personale al rischio di contagio. Inoltre il consulto può avvenire a distanza, anche da una città all’altra, aprendo la strada a molte numerose applicazioni. Un terzo robot, assemblato autonomamente seguendo le istruzioni del progetto, è invece operativo presso il Centro Polivalente Anziani Asfarm di Induno Olona (Va), un RSA al momento Covid19-free, grazie alle azioni preventive dei gestori della struttura, dove il dispositivo mette in comunicazione gli ospiti con i parenti e, tele-operato dagli operatori della struttura, fornisce assistenza portando quotidiani o medicinali. Il robot è dotato di una intelligenza artificiale che ne aiuta la navigazione, ma viene supervisionato a distanza da una persona che gli impartisce gli ordini.

Al momento il robot viene utilizzato con l’assistenza remota di ricercatori o di operatori sanitari, ma il progetto prevede di istruire i volontari che offriranno alcune ore per guidare a distanza i robot nei reparti Covid-19 che li richiedono, aiutando il personale sanitario già sovraccarico di attività. I volontari possono dare la propria disponibilità sul sito del progetto. Tecnicamente LHF-Connect è costituito da una base mobile realizzata modificando un’aspirapolvere robotico commerciale, da un piedistallo e due cellulari o tablet.

Il software sviluppato dal team IIT e Università di Pisa permette la supervisione del robot da parte di un operatore remoto, rendendolo così in grado di raggiungere i letti dei pazienti ricoverati in isolamento. Quando la connessione tra il paziente e il medico o il parente è stabilita, il pilota volontario abbandona la comunicazione per garantire la privacy. Il progetto LHF, di cui LHF-Connect è il primo prodotto, prende il nome da “Low Hanging Fruits” cioè quei frutti della ricerca robotica più avanzata svolta negli anni passati, e che sono oggi a portata di mano per una applicazione vasta e immediata.

Nell’emergenza Covid-19, i ricercatori del progetto LHF hanno raccolto le necessità delle strutture ospedaliere e pensato a soluzioni rapide e realizzabili con oggetti commerciali di largo consumo, collaudati e disponibili facilmente, in breve tempo e con una spesa ridotta. Nel caso del robot di telepresenza la spesa complessiva dei componenti necessari si aggira intorno ai 1000 euro, mentre il software viene rilasciato gratuitamente dai ricercatori IIT e reso disponibile, secondo lo spirito Open Source, a tutti i coloro che vogliano utilizzarlo o migliorarne le funzionalità. Questo progetto ha potuto svilupparsi anche grazie all’azienda iRobot, la casa madre di Roomba - il robot aspirapolvere più diffuso e prodotto in milioni di esemplari – che ha concesso al progetto tutto italiano LHF-Connect di accedere alle proprie librerie software usandole e modificandole.

Il progetto LHF è libero da ogni interesse commerciale e aperto all’utilizzo di qualsiasi prodotto possa essere utile.

“Abbiamo parlato molto con i medici ed il personale sanitario, e abbiamo scoperto che non c'era bisogno di “rocket science” per essere veramente utili – oggi e dovunque serva - in questo momento di emergenza. Ci è stato detto che un semplice robot di telepresenza sarebbe stato di grande aiuto per gli operatori, continuamente esposti a rischi di contagio, e per i ricoverati in reparti Covid-19, che rimangono isolati per settimane senza poter avere contatti con le proprie famiglie” racconta Antonio Bicchi, ricercatore IIT, professore all’Università di Pisa e Presidente di I-Rim “Il nostro obiettivo è dare ora il nostro contributo per la gestione delle strutture ospedaliere e un leggero sollievo ai ricoverati e alle loro famiglie. La ricerca italiana in Robotica, che è una delle più forti al mondo, continua intanto a preparare il futuro.” conclude Bicchi.

“Il progetto LHF-Connect offre grandi opportunità ai pazienti affetti da Covid-19, alle persone che vogliono essere loro vicine ed al personale sanitario, duramente impegnato in questa situazione di vera emergenza,” dice Mauro Ferrari, Professore di Chirurgia e Direttore del Centro ENDOCAS dell’Università di Pisa. “Le potenzialità del progetto, tuttavia, si potranno sviluppare oltre i confini di questa fase e saranno utilissime per disegnare una assistenza sanitaria molto più improntata sull’uso della telemedicina. Per questo, sia la Direzione Aziendale, sia i medici già coinvolti nel progetto hanno manifestato interesse e grande disponibilità”.

Quando si sarà allentata la pressione sui ricoveri per Covid-19, che stiamo già osservando da qualche settimana anche nel nostro ospedale – dichiara il direttore generale dell’Aoup Silvia Briani è naturale che riprendano gradualmente tutte le attività ma niente potrà più essere replicato con le stesse modalità della fase pre-Covid-19 perché ci saranno nuovi standard di sicurezza cui attenersi. Per cui stiamo già lavorando alla cosiddetta ‘ripartenza’ in accordo con le indicazioni regionali e queste potenzialità offerte dal dispositivo, in particolare sulla telemedicina/teleconsulto sono interessanti e meritano quindi di essere testate”.

"Un progetto concreto che dà un contributo sostanziale nella gestione di questa emergenza che coinvolge ogni ambito della nostra vita, compreso quello affettivo. Ma che soprattutto richiede nuove modalità di intervento in campo assistenziale e medico - commenta il Rettore dell'Università di Pisa, Paolo Mancarella -. Con LHF-Connect facciamo un passo in più verso la Fase 2 e la nostra Università è fiera di aver fatto parte di questo progetto che nasce da una preziosa collaborazione tra pubblico e privato e che conferma, una volta di più, come il nostro sistema Universitario sia un'eccellenza su cui è necessario investire per il futuro del Paese"

Il progetto rientra nell’iniziativa TechForCare, una piattaforma, recentemente lanciata su iniziativa di I-RIM, l’Istituto per la Robotica e le Macchine Intelligenti che riunisce la ricerca accademica più visionaria e l’industria aperta alle tecnologie avanzate e Maker Faire Rome - The European Edition punto di incontro della community dei makers e degli innovatori. TechForCare ha il ruolo di raccogliere le esigenze tecnologiche nate in seguito all’emergenza Covid-19 e connetterle con chi tra Istituti di ricerca e Makers può offrire soluzioni pronte in breve tempo.

BiOMViS srl, realtà nata nel 2017 e affiliata a Fondazione Toscana Life Sciences (TLS), ha annunciato risultati incoraggianti sulla strada verso un vaccino contro coronavirus SARS-CoV-2, ottenuti grazie alla sua piattaforma tecnologica basata sulle Vescicole di Membrana Esterna dei batteri Gram-negativi (OMVs). Le OMVs sono particelle sferiche rilasciate dai batteri Gram-negativi le cui caratteristiche peculiari le rendono potenzialmente adatte allo sviluppo di vaccini.

L’azienda, che detiene un “know-how” consolidato sulla tecnologia OMVs, è da tempo impegnata nello sviluppo di vaccini contro importanti batteri patogeni e di vaccini anti-tumorali personalizzati. In questi mesi di emergenza globale causata dal diffondersi del virus, l’azienda ha deciso di testare la propria piattaforma in collaborazione con i team del Prof. Guido Grandi e del Prof. Massimo Pizzato del Dipartimento CIBIO (Centre for integrative biology) dell'Università di Trento.

“Presso CIBIO e’ stato messo a punto un sistema in vitro di infezione cellulare che utilizza uno “pseudo-virus”, che porta la stessa proteina (Proteina S o “Spike”) di SARS-CoV-2. Questo Pseudo-virus, completamente innocuo in quanto privato del suo materiale genetico, è in grado di essere internalizzato da cellule in coltura grazie all’interazione della proteina S con il suo recettore cellulare (ACE-2). Questo sistema in vitro e’ ideale per verificare in tempi rapidi la capacita’ di un potenziale vaccino di indurre anticorpi capaci di neutralizzare l’ingresso del virus nelle cellule – afferma Guido Grandi co-fondatore di BiOMViS e membro del Scientific Advisory Board della Società – Come BiOMViS abbiamo messo a disposizione la piattaforma, già consolidata in altri ambiti, con l’intento di metterla alla prova anche su questo nuovo fronte, verificando se OMVs, opportunamente modificate geneticamente, riescono a generare una risposta immunitaria neutralizzante, cioè in grado di bloccare l’ingresso del virus all’interno della cellula.

I nostri test hanno dimostrato che è possibile.”

L’approccio e i risultati – Indicativamente nell’ultimo mese e mezzo, i ricercatori BiOMViS e CIBIO hanno creato le prime vescicole ingegnerizzate (decorate con i vari antigeni di Coronavirus) per poi passare al processo di immunizzazione in un modello murino. I primi test hanno mostrato che l’immunizzazione non solo induce anticorpi contro gli antigeni virali ma anche che, sulla base del saggio in vitro basato su pseudo-virus, tali anticorpi hanno potenzialità neutralizzante.

“Al momento stiamo cercando di ottimizzare le formulazioni ottenute in questo mese e mezzo di lavoro allo scopo di ottenere OMVs capaci di stimolare titoli ottimali di anticorpi neutralizzanti. Siamo comunque fiduciosi perché la nostra piattaforma ha dimostrato efficacia e presenta caratteristiche importanti come la flessibilità del modello, la scalabilità e i costi contenuti – precisa Alberto Grandi, Senior Scientist presso Toscana Life Sciences eChief Scientific Officer di BiOMViSQuando questa attività di ottimizzazione sarà completata, presumibilmente nei prossimi due-tre mesi, Biomvis dovrà necessariamente collaborare con un partner industriale che possa portare avanti lo sviluppo del prodotto ed i test sull’uomo”.

Le caratteristiche della piattaforma – La piattaforma OMV presenta vantaggi importanti. Innanzitutto la rapidità con cui le OMV possono essere “ingegnerizzate” con antigeni eterologhi. Quindi l’elevato potere adiuvante in grado di stimolare in modo appropriato il sistema immunitario. Infine la semplicità e l’economicità del processo di produzione. In generale, si tratta di una piattaforma molto flessibile che dà la possibilità di modulare velocemente il vaccino ottenuto adattandolo ad eventuali altre varianti dello stesso virus, un aspetto di particolare rilievo in considerazione della propensità del Coronavirus (un virus ad RNA) a mutare nel tempo, consentendogli anche rapidi passaggi di specie.

I risultati raggiunti oggi dal team di BiOMViS non fanno che dimostrare l’importanza della ricerca scientifica svolta in collaborazione e sinergia con partner strategici – afferma Andrea Paolini, direttore generale di Toscana Life Sciences - Nella speranza che questo possa segnare un balzo in avanti nella ricerca di un vaccino contro SARS-CoV-2, siamo comunque consapevoli che si tratta di un grande risultato per una delle startup del nostro bioincubatore, nel poter ampliare il proprio intervento di ricerca anche all’ambito della virologia”.

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