Premio Boccaccio 2019: André Aciman anticipa Cercami

Il sequel narrativo di “Chiamami col tuo nome” sarà in libreria il prossimo ottobre. E' il seguito del libro che ha ispirato il film di Luca Guadagnino

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
06 agosto 2019 15:48
Premio Boccaccio 2019: André Aciman anticipa Cercami

Vincitore della XXXVIII edizione del Premio Letterario Giovanni Boccaccio 2019 per la sezione letteratura internazionale, André Aciman parla di sé con la consueta limpidezza di pensiero di chi ha visto tanto, viaggiato molto, studiato le culture più disparate e rincorso i propri sogni credendoli sempre possibili.Nato ad Alessandria d’Egitto, il 2 gennaio 1951, in una famiglia ebraico-sefardita di origini turche, André Aciman è cresciuto nell'atmosfera cosmopolita della sua città natale sempre attratto da lingue e culture molto diverse tra loro.

Di madrelingua francese, comprende e parla anche altre lingue (italiano, greco, arabo e il ladino: il dialetto spagnolo parlato dagli ebrei sefarditi). Insieme alla sua famiglia si trasferisce a Roma nel 1965, per sfuggire alle persecuzioni degli ebrei promosse dal presidente Nasser. Nel 1969 la sua famiglia si trasferisce di nuovo, stavolta a New York, dove André frequenta il Lehman College, laureandosi nel 1973. Oggi insegna letteratura comparata alla City University di New York e vive con la famiglia a Manhattan.

Ed è qui che lo abbiamo raggiunto per una breve intervista affidata ai social, in attesa di incontrarlo a Certaldo il prossimo 14 settembre quando gli sarà consegnato il Premio Boccaccio 2019, nel corso di una cerimonia che prevede molti ospiti autorevoli a partire dagli stessi componenti della giuria presieduta da Sergio Zavoli, insieme a Luigi Guarnieri e a Barbara Stefanelli, vincitori delle sezioni “Narrativa italiana” e “Giornalismo”.

In realtà, avremo modo di incontrarlo la sera precedente, il 13 settembre, al Cinema multisala Boccaccio di Certaldo, dove sarà proiettato il film pluripremiato Chiamami col tuo nome diretto da Luca Guadagnino nel 2017 e tratto dall’omomimo romanzo di Aciman. Per questo film il regista e sceneggiatore James Ivory ha vinto il Premio Oscar alla migliore sceneggiatura non originale nel 2018.

Ambientato in una calda Estate della metà degli anni Ottanta sullo sfondo della riviera ligure, il romanzo è il racconto struggente del rapporto di amicizia e amore che nasce tra due ragazzi, Elio, diciassettenne italiano, e Oliver, ventiquattrenne statunitense. Mentre la sorte del sequel cinematografico rimane avvolta nel mistero, André Aciman pubblicherà il seguito del libro che ha ispirato il film di Luca Guadagnino il prossimo ottobre.

Si aspettava il grande successo del suo romanzo di esordio Chiamami col tuo nome?

Per nulla. Sono stato, e continuo a essere ancora oggi, sempre stupito, e anche incuriosito, del fenomeno di Chiamami col tuo nome. Come mai e perché così tanto successo? E tutta questa gente che mi scrive, che piange. Ciò che mi sbalordisce sempre e vedere gente che mi riconosce per strada, in palestra, in un ristorante o nel metro, e che si mette a tremare prima di rivolgermi la parola. Ma che vi prende, vorrei dire, ritornate in voi, sono André, niente di straordinario.

La traduzione cinematografica di Luca Guadagnino ha cambiato il suo approccio con la materia narrativa?

No. Io scrivo senza pensare al cinema. Non so come fanno altri scrittori

Quali sono i suoi prossimi progetti?

La pubblicazione di Cercami, che riprende i personaggi di Chiamami col tuo nome. E’ una narrazione dove entrano in gioco la magia e la metempsicosi.

E’ stato ed è un grande viaggiatore. Che cosa ama del viaggio? E’ già stato in Toscana?

Amo molto viaggiare, da sempre. Anche oggi. Amo così tanto viaggiare che sono stato perfino corrispondente per “Condé Nast Traveler”. Eppure il viaggio, benché faccia parte della mia vita e di ciò che sono, mi ha sempre arrecato un certo turbamento interiore, forse perché i miei primi viaggi sono stati da profugo quando dall’Egitto sono andato in Italia (1965), da emigrante quando dall’Italia mi sono trasferito negli USA (1968), ma anche perché durante i miei tre anni in Italia, viaggiavo spesso da Roma a Parigi, ed era a Parigi che sognavo di stabilirmi, anche da ragazzo: un sogno che a oggi non si è mai realizzato.

Per un profugo o un emigrante Il viaggio è un’esperienza dolorosa, sgradevole, terrificante. Per me oggi viaggiare è sempre un modo di andare in cerca di un luogo dove approdare e rimanere, anche se sono 50 anni che abito a New York. Non provo curiosità quando viaggio, perché non m’interessano i monumenti, le città, le visite ai musei; vado sempre in cerca di una residenza, di un quartiere, cioè di un posto dove stabilirmi una volta per tutte. Sono stato anche in Toscana, tante volte, e sperimentato anche la vita in agriturismo che adoravo.

A un giovane che volesse dedicarsi alla scrittura creativa che cosa consiglierebbe?

Innanzitutto di non leggere scrittori contemporanei, ma di leggere quelli di almeno 50 anni fa, i grandi classici, e soprattutto Erodoto e Tucidide, indimenticabili.

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