Le pietre parlano: La funicolare ‘discreta’ nel giardino del Tribolo

Incontro con l’arch. Dario Bartolini, genero del progettista di fine anni Ottanta, l’ex Soprintendente Guido Morozzi

Girolamo
Girolamo Dell'Olio
05 maggio 2021 11:19
La funicolare 'discreta' nel giardino del Tribolo

“Le passeggiate su via di San Leonardo in questi mesi sono state la salvezza di molti, me compresa. Un angolo così delicato e misterioso che va preservato”. Lo scrive Eva, mentre firma un appello che sta girando con discrezione in rete in queste settimane. Presto diventerà pubblico.

Cosa sta accadendo in riva d’Arno, infatti, a pochi passi dal ‘triangolo d’oro’ che ha fatto le fortune pluridecennali di potenti rendite arroccate fra Santa Maria del Fiore, Palazzo della Signoria e Ponte Vecchio? Succede che un bene architettonico straordinario sconosciuto ai fiorentini, amministrato per un secolo e mezzo (non sempre egregiamente, invero) dal Ministero della Difesa, affacciato su Boboli, il Giardino disegnato nel Cinquecento dal Tribolo per Eleonora di Toledo, adagiato ai piedi del baluardo che il Buontalenti realizzò a protezione – dalla sommità della collina di Belvedere - della nuova residenza medicea di Pitti, viene venduto a un facoltoso privato.

Corre l’anno 2015. Vige trionfante a Firenze – si sa - un modello turistico onnivoro che a macchia d’olio trasforma la città in una grande unica albergatura - bed&breakfast, airbnb, hotel, pensioni, affittacamere, luxury apartments - fatta di piccola speculazione privata su scala artigianale o, più spesso, di potenti tentacoli multinazionali a dimensione industriale. Così una serie di ‘vuoti’ dismessi vengono riempiti di nuova offerta turistica. Ed è il nostro caso: quello della ex Scuola di Sanità Militare - Caserma Vittorio Veneto, già Convento di San Giorgio e dello Spirito Santo e Convento di San Girolamo e San Francesco.

Si perfeziona una variante urbanistica che cambia in turistico-ricettiva la destinazione del bene: un complesso vasto e articolato, dichiarato di interesse culturale con Decreto Ministeriale emesso in data 19/09/2000, le cui origini risalgono alla fine del X secolo, quando tre insediamenti ecclesiali vengono realizzati lungo il pendio della collina, per essere seguiti poi dalla fondazione dei monasteri sottostanti di San Girolamo e San Francesco, e da successivi ampliamenti. Si tratta di ambienti muniti di chiostri, oratori e cortili, affreschi e decorazioni murali, orti e giardini, vasche e pozzi, prospicienti il Giardino di Boboli, delimitati sul lato orientale dalla delicata e ripida Costa San Giorgio e, a sud, dalla suggestiva Via San Leonardo, in zona soggetta a rigoroso vincolo paesaggistico e storico-urbano.

Nel 2020 arriva la pandemia. Palazzo Vecchio sui giornali dichiara: Anche i progetti già avviati di mega resort come Costa San Giorgio dovranno cambiare pelle e «aprirsi alla città»”. Ma nei fatti, con gli atti, caparbiamente ripropone il vecchio modello: e nel punto forse più prezioso di tutto il centro storico Unesco di Firenze conferma la destinazione di quel complesso a grande albergo di lusso. Per realizzare tale trasformazione, è previsto che si debba cantierizzare Costa San Giorgio per effettuare scavi nella fragile collina detta ‘Poggio delle Rovinate’ dopo i tanti eventi di franosità occorsi nei secoli.

Nei rendering consegnati alla Direzione Urbanistica del Comune si osservano infatti vani interrati chiamati a ospitare un tunnel carrabile, due parcheggi e altri servizi a beneficio della folta clientela (300 posti letto). Ciliegina, l’ingresso all’albergo è stato immaginato niente meno che dal portone principale di Palazzo Pitti: attraversato il cortile dell’Ammannati, sfiorata la Grotta del Buontalenti, costeggiando il Giardino di Giove, i clienti raggiungerebbero la Grotta di Madama, la più antica, dove un mezzo meccanico denominato ‘ascensore inclinato’ li attenderebbe per trasferirli comodamente alle camere.

Volendo, poi, il viaggio potrebbe proseguire, panoramico, dentro un parallelepipedo trasparente lungo la cinta muraria di Boboli fino a raggiungere la sommità della collina, il Forte che il granduca Ferdinando commissionò allo stesso Bernardo Buontalenti scampato al crollo della casa sul ‘Poggio delle Rovinate’. Un’idea che – prima ancora di essere proposta sulla carta - solo a pensarla dà un po’ la misura del punto a cui è potuta arrivare a Firenze la stessa immaginazione progettuale! Al momento, recitano i comunicati ufficiali di Palazzo Vecchio, quella ‘cremagliera’ è accantonata: se ne parlerà dopo l’approvazione della variante urbanistica che a quei due monasteri accorda comunque – definendo ciò ‘adeguato mix funzionale’ – una monocultura turistico-ricettiva (86%) accompagnata da un 5% di direzionale.

Destinazione benedetta senza batter ciglio dall’autorevole vicino di casa, che è poi anche il soggetto chiamato a consegnare ai nostri figli e nipoti – nel rispetto dell’articolo 9 della Carta costituzionale - la grande bellezza che dalle passate generazioni ci è stata affidata: la Soprintendenza di Palazzo Pitti si è limitata infatti a esprimere pudicamente perplessità (poteva esserci vocabolo più castigato?) sull'ipotesi del collegamento Boboli/Forte Belvedere. Né ha ritenuto che la Variante fosse da assoggettare a Valutazione Ambientale Strategica, nonostante la rilevanza e l’ubicazione del manufatto.

Qualche preoccupazione ha formulato recentemente, invece, la Direzione delle Gallerie degli Uffizi, tenuta all’oscuro dei contenuti del progetto oggetto della Variante. Non sono infine da trascurare, sembra, le conseguenze permanenti che la gestione del resort in quel quadrante comporterebbe: a regime, infatti, è previsto che per gli approvvigionamenti (biancheria, cibo, bevande, prodotti per la pulizia) e per lo smaltimento dei rifiuti si debba utilizzare quotidianamente, in ambo i sensi, la stretta, tortuosa e dolce via San Leonardo cara a Ottone Rosai.

Di un collegamento fra la città bassa e il Forte mediceo di San Giorgio si parla però a Firenze da decenni. Diventa interessante allora capire come il passato ci può aiutare a costruire pezzi di futuro tenendo conto dei suoi valori. Ed è venuto spontaneo, a chi scrive, di cercare la fonte del più autorevole di questi progetti.

“Le pietre parlano” si occupa oggi, quindi, dell’idea di funicolare elaborata in collaborazione con l’arch. Roberto Pecchioli dall’arch. Guido Morozzi, già Soprintendente a Firenze dal 1964 al 1973, presentata in una pubblicazione a fine anni Ottanta.

La funicolare a Firenze e il recupero di una zona d'Oltrarno - Copertina

Un’idea ancora di larga massima, lontana dal grado di definizione progettuale necessario a renderla un’ipotesi cantierabile. Ma dotata di quella sensibilità culturale, e ispirata a quella regia pubblica, di cui tanto si avverte oggi l’assenza. Conviene quindi forse parlarne, se non altro per ampliare - attraverso la comparazione di due modelli radicalmente diversi - i confini di un dibattito che langue, o viene addirittura ostacolato.

Un ameno prato verde e una leggera brezza fanno da sfondo alla breve intervista che ci accorda l’arch. Dario Bartolini, genero del compianto architetto Morozzi. In mano, un importante volume, “La funicolare a Firenze e il recupero di una zona d’Oltrarno”, con presentazione a cura del primo cittadino Massimo Bogiangkino (sindaco dal 1985 al 1989) e dell’allora assessore al traffico e ai trasporti Adalberto Scarlino.

La funicolare a Firenze e il recupero di una zona d'Oltrarno - Sommario

“Il progetto per un collegamento più facile del Forte Belvedere con il centro della città dalla zona del Ponte Vecchio può arricchire la città di una nuova struttura per la viabilità pedonale e, contemporaneamente, stimolare nuove iniziative artigianali o commerciali”, auspica il sindaco nella presentazione del volume. “Creare un comodo accesso a Belvedere con un sistema di trasporto funzionale e non intrusivo, significa ampliare lo spazio a disposizione delle iniziative culturali e turistiche e dar vita ad una operazione di grande valore ambientale”.

Si può condividerla o no, ma la proposta è di certo inquadrata in un contesto integralmente pubblico! L’assessore ne precisa i contorni in termini di tutela della vivibilità e della salute in una stagione che è ancora – in quegli anni - di libera motorizzazione: “Vale la pena di sottolineare che essa si è sviluppata insieme alle altre idee per estendere maggiormente la viabilità pedonale, affrontando anche i problemi dell’Oltrarno; qui dove troppo a lungo l’auto privata ha fatto da padrona con le conseguenze di sempre, inquinamento compreso”.

Un altro aspetto che emerge è l’obiettivo – in questo scorcio di anni Ottanta - di ottenere “il recupero di una vasta area che fa riemergere il Corridoio Vasariano, fra Piazza Santa Felicita e il giardino di Boboli”, tenuto conto del “graduale scadimento di gran parte del giardino” e dello “stato in cui è ridotta la piazza Pitti”. Un traguardo che oggi si può considerare almeno in parte raggiunto. Così come si è nel frattempo sciolto “il problema delle difficoltà di accesso al Forte di Belvedere”, riscattato dagli anni Sessanta-Settanta all’uso e al godimento pubblico, mentre la capacità del Forte di ospitare mostre, incontri e spettacoli è andata consolidandosi, benché attraversata dalle tragiche circostanze dei due incidenti mortali accaduti negli anni 2006 e 2008.

Come non considerare, inoltre, ispirata a saggezza l’avvertenza che all’indispensabile consapevolezza della natura e della specifica delicatezza dei luoghi il progetto debba comunque dedicare ogni attenzione: “Non può essere definito prima dell’esecuzione dei necessari saggi di natura geologica”?

Il profilo stesso del percorso rivela del resto una sensibilità ben differente da quella odierna anche sul piano paesaggistico. “Siamo stati invogliati dalla possibilità di collegare l’idea della funicolare all’auspicabile ricupero di un contesto architettonico, rimasto fin qui piuttosto dimenticato, e guidati dal proposito di inserirla nel tessuto di Boboli con ogni possibile attenzione, prevedendone il tracciato, oltreché in gran parte in galleria, lungo una fascia di terreno marginale utilizzata anche alla coltivazione di orti domestici; cioè una zona del giardino sostanzialmente estranea al suo impianto monumentale”.

Siamo infatti al cospetto di “un tracciato che sottopassa la zona marginale est del giardino di Boboli, fino a convergere con l’alto muro a confine con la Scuola di sanità militare, ed esce cielo aperto all’interno di un folto bosco di lecci”. Si precisa, poi, che “la galleria è ricavata a livello tale da evitare disturbo a canalizzazioni d’acqua e piantagioni”. Ma anche che “sufficientemente protetto dalla vista, tanto da valle come da ogni parte del giardino, dovrà risultare anche il breve tratto a cielo aperto, poiché le piante esistenti potranno esser modellate a mo’ di canale verde, similmente alle caratteristiche dei passaggi laterali al vialone che dalla vasca dell’Isolotto sale al prato dell’Uccellare”.

Ben altra gestione degli impatti, dunque, rispetto a quella programmata – a beneficio di una clientela privata - con la cremagliera spettacolarmente panoramica di cui si legge negli atti allegati alla variante urbanistica adottata oggi da Palazzo Vecchio. Testualmente: Un ascensore inclinato, che diventa finestra sull'intera città” e “offre una nuova serie di punti di vista privilegiati, un vero e proprio osservatorio mobile che consente di avere straordinari coni visivi sul Giardino di Boboli e Palazzo Pitti, nonché sul panorama di Firenze”.

Un percorso che “prevedrà per gli ospiti dell’hotel l’utilizzo di badges, che mediante una convenzione agevoleranno i loro spostamenti”. Del resto, il concept premiato dalla giuria chiamata a valutare le sedici manifestazioni di interesse presentate al concorso internazionale bandito dalla proprietà così si pronuncia a proposito della pubblica utilità che dovrebbe derivare alla collettività dal restauro del complesso: La visita dell’intero complesso, di tutte le corti, dei giardini e delle sale affrescate, dovrebbe rimanere un’occasione eccezionale e unica nell’anno (in occasione ad esempio della Giornata Europea del Patrimonio) riservata ad un numero chiuso di visitatori esterni.

Per sottolineare il carattere straordinario del privilegio questi potrebbero essere selezionati casualmente tra i turisti di Firenze, attraverso una registrazione on line o attraverso una “chiamata” effettuata da un messo dell’albergo un dato giorno dell’anno!

E allora, in chiusura, torniamo, sì, a respirare un po’ di aria di casa coi nostri Guido Morozzi e Roberto Pecchioli. Consegnando la presentazione dell’idea progettuale, i due architetti hanno voluto comunque incorniciarla dentro un rapporto affettivo con la città. E non è poco. “Nel presentare questo progetto di larga massima non nascondiamo che sarebbe per noi motivo di grande soddisfazione poter arrivare a vederlo realizzato. Ma se ciò non dovesse avvenire speriamo che esso rimanga come testimonianza del nostro amore per Firenze”.

Lo stesso amore che ci fa pensare, dopo lustri e lustri di mercificazione, di abbandono della residenza a vantaggio dell’industria turistica e dell’intrattenimento, di scomparsa del tradizionale tessuto produttivo artigianale e dell’atmosfera sociale che caratterizzava l’Oltrarno, se siano davvero da promuovere, oggi, accessi meccanizzati al Forte Belvedere, bypassando la ripida Costa San Giorgio. La forte pendenza della viabilità lungo il crinale, e la distanza della tortuosa via San Leonardo dai flussi turistici di massa, permettono a questa viabilità di far vivere una condizione particolare: l’unicità, l’incanto che quei luoghi conservano per il semplice fatto che sono più ‘faticosi’. Quella stessa atmosfera che fa esclamare a Eva, in tempi di pandemia: “Le passeggiate su via di San Leonardo in questi mesi sono state la salvezza di molti, me compresa.

Un angolo così delicato e misterioso che va preservato”.

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