Le pietre parlano: cartellino rosso all’ultimo fontaniere di Boboli

Intervista a Paolo Ravegnani, 81 anni, memoria storica della vita e delle strade delle acque nel parco mediceo

Girolamo
Girolamo Dell'Olio
11 gennaio 2021 00:03

Questo incontro, con un personaggio che tutto il mondo ci invidierebbe se solo arrivasse a conoscerlo, origina da una suggestione particolare. Quella per cui, alcuni anni fa, quando era in servizio nella specializzazione Fotografi di una scuola media superiore fiorentina, chi scrive ha avuto la ventura di incontrare un altro grande nostro concittadino, stimatissimo ricercatore di storia, Paolo Paoletti, autore – fra i tanti suoi saggi – de “Il Ponte a Santa Trinita, Dov’era e com’era” (foto 01). Uno studioso che – sulla scorta di indizi non irrilevanti (ma ne parleremo prossimamente) - insiste nel sostenere la probabile presenza, sotto il giardino di Boboli, di una galleria medicea seicentesca che collegherebbe Palazzo Pitti al Forte Belvedere. Da decenni, inutilmente, Paolo Paoletti ne ha scritto a ministri, soprintendenti, sindaci… nel 1991, “la Repubblica” gli ha riservato una pagina intera (foto 02). Invano!

Orbene, un bel giorno, con amici appassionati di storia e d’arte, siamo andati a cercare sul campo le tracce di questo possibile corridoio segreto: una prosecuzione in qualche modo naturale del Vasariano. Un percorso costruito dai Medici magari con lo stesso intento difensivo che spinse Ferdinando I a indicare al Buontalenti quale dovesse essere l’orientamento del Forte Belvedere: verso Firenze, contro Firenze, piuttosto che contro le improbabili truppe di assalto alla città. Già, perché – come col Corridoio Vasariano – il nemico più plausibile della famiglia regnante sembrava essere la cittadinanza: un’avvilente cacciata era avvenuta almeno altre due volte nel recente passato…

E dunque, in cerca di conferme a questa via di fuga sotterranea nella Fortezza di Santa Maria in San Giorgio, che oggi chiamiamo il Belvedere, quattro anni fa ho bussato alla porta dell’ultimo fontaniere di Boboli, Paolo Ravegnani. Giacché lui era colui che del giardino aveva avuto piena esperienza diretta e quotidiana, lungo i ventotto anni di servizio presso la Soprintendenza di Palazzo Pitti, fin dentro i suoi meandri sotterranei.

Non sono potuto rimanere indifferente, perciò, quando ho saputo che quel patrimonio di conoscenze e di competenze, dopo altri ventotto anni di onorato pensionamento, alla tenera età di 81 anni, aveva ricevuto l’avviso di sfratto. Lui e la sua famiglia.

Non ci ho pensato due volte. Gli ho chiesto di poter rendere nota la sua vicenda alla città che lo ha visto nascere a due passi dalla cupola del Brunelleschi, e che così a lungo lo ha ospitato in un ruolo prezioso e delicato, quello di curatore vigile e manutentore assiduo di uno dei suoi tesori ambientali e culturali più importanti, Boboli appunto. Ho chiesto quindi di potergli far visita assieme a due amici cari, cavalli di razza nati e cresciuti entrambi in quel giardino: Giuliano Secchi (foto 03, 04), rampollo del vice Soprintendente Albino Secchi ai tempi di Guido Morozzi, e Rossella Petrini (foto 04, 05), figlia del penultimo fontaniere di Boboli, Nello Petrini, il maestro d’arte di Paolo, anche lei sfrattata dalla casa che abita col marito e con i figli a pochi passi dalla Grotta di Madama.

Ecco dunque a voi la testimonianza raccolta (foto 06-17).

Qualche giorno prima, e siamo a giugno di quest’anno, dopo aver chiesto e ottenuto dal direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt l’opportuna autorizzazione, avevo effettuato una passeggiata sotto la guida esperta di Paolo (foto 18), che palmo a palmo sa insegnare a chi lo desidera quest’angolo pregiato di città e le viscere che ne alimentano i preziosi (quando ancora funzionanti) getti d’acqua. Una passeggiata per documentare lo stato dell’arte dei luoghi contigui al muro perimetrale orientale del giardino.

Uno spicchio pregiato di Boboli, in buona parte proibito al godimento pubblico, sul quale incombe per giunta – minacciosa – una variante urbanistica che potrebbe snaturarne bellezza, incanto e senso, nella generale ignoranza dell’opinione pubblica. Mentre chi vi si avventura, non può non registrare ormai da lunga pezza - come si legge in un resoconto inviato al direttore Schmidt dopo quel sopralluogo - “lo scarso livello di cura e manutenzione che il Giardino di Boboli sembra accusare, essendo peraltro intercluse pregevoli aree, anche panoramiche, come le ampie terrazze limitrofe al muro di cinta orientale che lo separa dalla ex Scuola di Sanità militare di Costa San Giorgio”.

Ovvero proprio quel gigantesco complesso che, abbandonato dal 1998 e acquistato da un facoltoso imprenditore argentino, sembra avviato a trasformarsi – col beneplacito dell’Amministrazione comunale di Firenze – in un impresentabile resort de luxe a 5 stelle, da attrezzare con qualcosa come 300 posti letto ed esclusiva vista su Pitti, Boboli e Belvedere…!

La biografia professionale e culturale di Paolo, la sua cifra umana, la sua vicenda familiare, mi hanno spinto a volerlo annoverare fra le “pietre che parlano” di questa galleria di casi emblematici avviata un anno e mezzo fa.

Anche lui, e ciò che rappresenta, legato com’è a doppio filo con la cura e i valori dei beni di cui ha avuto per 28 anni da occuparsi, rientra infatti a buon diritto – credo - nel “futuro da salvare”.

Hai circostanze da segnalare? Scrivi a girdelcon@gmail.com.

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