Inchiesta sul Forteto: Setta di Stato

Il caso letterario toscano dedicato a bambini affidati, abusi sessuali, amici potenti della misteriosa comunità mugellana

Nicola
Nicola Novelli
04 ottobre 2015 18:23
Inchiesta sul Forteto: Setta di Stato

E' di alcune settimane fa l’insediamento della seconda commissione regionale d’inchiesta sulle responsabilità politiche ed istituzionali nella vicenda del Forteto. Il momento giusto per acquistare e leggere “Setta di Stato”, il libro che due giornalisti fiorentini, Francesco Pini e Duccio Tronci hanno dedicato alla comunità guidata da Rodolfo Fiesoli, finito sotto accusa insieme a 22 persone, con capi di imputazione quali abuso e maltrattamenti ai danni dei minori a loro affidati.

Il libro lavora essenzialmente intorno a due capisaldi: la relazione finale sulla vicenda approvata all’unanimità dal Consiglio regionale nella scorsa legislatura e la recente sentenza del tribunale di Firenze, che ha condannato Rodolfo Fiesoli e 15 suoi adepti. E poi raccoglie con determinazione le testimonianze dirette che raccontano la vita da incubo in decenni di quotidianità.

La lettura di “Setta di Stato” è un'esperienza faticosa sia emotivamente che politicamente. Ricostruzioni obiettive si alternano alle deposizioni raccapriccianti delle vittime. In molte pagine verrebbe voglia di chiudere il libro, tale è la pena che si prova per i protagonisti e il oro aguzzini. Solo la voglia di conoscere la verità conduce il lettore alle conclusioni.

L’obbiettivo dei due giornalisti è, fra l'altro, quello di ricostruire e documentare le responsabilità sul riaccreditamento della struttura negli anni successivi alla prima sentenza penale di condanna di Fiesoli, ma anche le responsabilità dei magistrati che facevano gli affidamenti dei ragazzi, negli anni oltre 55. Vengono poi analizzate le responsabilità del settore sociosanitario, che non ha garantito un controllo adeguato, né sulla struttura, né sulla permanenza dei minori al suo interno. L'inchiesta giornalistica approfondisce la confusa commistione tra le tre realtà associative, in cui il Forteto avrebbe dovuto essere diviso: la cooperativa, l’associazione, la fondazione.

Le conclusioni del volume non sono né cristalline, né soddisfacenti. Non per responsabilità degli autori, quanto perché rimangono avvolte da un alone di mistero le ragioni di quella che, al processo di primo grado, il Pubblico Ministero Ornella Galeotti ha definito “una grande allucinazione collettiva”. Per decenni il Forteto è stato dipinto come struttura d’eccellenza. Poi le testimonianze delle vittime e l’inchiesta giudiziaria hanno disvelato abusi e maltrattamenti ai ragazzini ospiti della comunità del Mugello. Nel processo di primo grado il fondatore è stato condannato a 17 anni, ma non andrà in carcere.

Adesso la Città Metropolitana di Firenze gli chiede di risarcire € 1.000.000,00 di danni per per aver tradito le finalità dell'ente. Ma le motivazioni della sentenza di condanna parlano a chiare note di un sistema pubblico, tra politici, amministratori e giudici, che ha “mantenuto costantemente aperta una linea di credito illimitata” verso il Forteto nonostante gli arresti, prima nel 1978 e poi nel 2012, dei vertici della cooperativa e della comunità, garantendo sovvenzioni e sostegno istituzionale.

Come questo sia stato possibile nella Toscana “civile e progressista” rimane inspiegabile, nonostante l'inchiesta giudiziaria, quella politica e pure quella giornalistica. Forse per restituire un senso plausibile alla vicenda bisogna partire da lontano, dal contesto epocale in cui il Forteto nasce e si sviluppa. Una coincidenza temporale straordinaria fa sì che la comunità/cooperativa dati pressappoco gli anni in cui in Toscana nascono la Regione (e le conseguenti deleghe agli enti secondari), si strutturano i servizi sociali territoriali (gestiti dalle stesse giovani ammnistrazioni pubbliche) e i Tribunali per Minori mettono in atto i principi del nuovo diritto di famiglia riformato dal parlamento proprio in quegli anni.

Si tratta dunque di soggetti istituzionali nuovi, dotati tutti di norme di legge definite, ma privi nella fase iniziale di procedure amministrative strutturate e rodate. Nella fase pionieristica ogni organismo umano consente ampio margine alla discrezione personale degli individui sulle cui gambe queste entità camminano. E capita che chi si sente forte di questa primogenitura commetta errori di sottovalutazione, proprio in forza dell'inesperienza di un metodo assente, o non ancora rodato.

E più è grande la fama di questi individui, pensiamo all'unanime stima di cui godeva un giudice quale Gian Paolo Meucci, più è difficile individuare e disinnescare eventuali errori procedurali. Come si spiega altrimenti l'abbaglio in cui incorre il Tribunale dei Minori di Firenze, affidando un bambino -il documento è agli atti del processo- alla “cooperativa del Forteto”, non una struttura sociale accreditata, ma un soggetto economico operante in agricoltura, alla stregua di una SpA, o di una impresa di coltivatori diretti?

Sintetizzando con un paradosso, la concezione della realtà diffusa in Italia in quegli anni sembrava non considerare valide le acquisizioni raggiunte in scienza negli ultimi secoli, cioè che ogni avvenimento è determinato da un evento che lo precede e che dovrebbe sempre esserci una causa ed un effetto, come si dice una “causalità”. E' la concezione moderna su cui si fonda la filosofia occidentale e che lega il passato al futuro e valuta la funzione del tempo. Il passato è la spinta che il presente subisce per proiettarsi nel futuro, da Newton ad Einstein a Cartesio, il pensatore francese che nel seicento aveva sintetizzato il metodo di analisi e di ricerca che caratterizza la concezione deterministica dell'occidente evoluto. Ma nell'Italia di quegli anni non sempre pareva sussistere un principio di causa-effetto.

Di questo libro c’era proprio bisogno. Ma Pini e Tronci si sono assunti un compito delicato, per gli imprevedibili sviluppi che il procedimento penale potrebbe avere in futuro. Rispetto a eventuali conseguenze legali i due autori si muovono con coraggiosa determinazione per ricostruire e documentare le responsabilità di Rodolfo Fiesoli e dei complici, evitando però di coinvolgere le tante persone in buona fede. I proventi della vendita del volume, per quanto fortunata, non compenseranno sforzi e rischi che i due autori si sono assunti, certo solo per spirito di servizio civico e di militanza giornalistica.

Un’inchiesta così rigorosa sulla vicenda Forteto mancava e in generale è un fatto raro nel panorama giornalistico locale. Ancora oggi la consapevolezza collettiva della vicenda è modesta. La cooperativa Il Forteto è il braccio economico della setta. Per salvarla, restituendo dignità ai lavoratori vittime di abusi e credibilità al brand, il commissariamento sarebbe un passaggio tecnico imprescindibile a detta degli ispettori ministeriali. Ma il parlamento ha bocciato ogni iniziativa a favore.

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