Immobili: confermata la dismissione del patrimonio Asl

Mercato fermo dal 2010 e difficoltà nelle stime, frenano le alienazioni. Si pensa ad una modifica di legge per definire modalità più rapide e per ricorrere alla trattativa privata. Aperta collaborazione con Anci per favorire cambi di destinazione d’uso. Il dibattito sulla comunicazione della Giunta regionale

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
26 marzo 2019 23:45
Immobili: confermata la dismissione del patrimonio Asl

 Il mercato fermo almeno dal 2010 e la difficoltà a redigere stime aggiornate sul valore esatto degli immobili oggetto di dismissione, frenano la vendita del patrimonio in mano alle aziende sanitarie della Toscana. Anche per questo la Regione sta lavorando ad una modifica della legge 40, e in particolare degli articoli che riguardano l’utilizzazione e le procedure di alienazione (articoli 114 e 115), per arrivare alla dismissione di un patrimonio che dalla fine degli anni Novanta, e per oltre dieci anni, ha fruttato 325 milioni di euro (dal 2010 ad oggi le vendite hanno prodotto solo circa 15 milioni).

Lo ha reso noto l’assessore regionale alla Sanità, Stefania Saccardi, nel corso della comunicazione resa al Consiglio. Secondo quanto ricostruito da Saccardi, ad oggi risulta “non utilizzato a fini sanitari e inserito in programmi di alienazione” un patrimonio immobiliare “molto consistente”, il cui valore esatto non è facile calcolare perché la documentazione è composta “almeno in parte da perizie piuttosto datate”, ossia “eseguite – ha spiegato l’assessore – in periodi precedenti la crisi del mercato immobiliare”. Per affrontare la difficile congiuntura economica e dismettere gli immobili che hanno le caratteristiche per andare sul mercato, le aziende sanitarie stanno cercando di ottenere “nuove stime dall’agenzia delle entrate”.

Un’operazione comunque non immediata in quanto il nuovo soggetto istituzionalmente preposto al calcolo “non dispone di un organico sufficiente ad evadere le numerose richieste in tempi rapidi. Si prospettano periodi lunghi anche di tre, quattro anni”, ha chiarito Saccardi. Da qui l’intenzione della Regione di attuare una modifica legislativa per la compilazione delle stime anche da parte degli uffici tecnici delle aziende sanitarie o tramite ricorso a professionisti esterni (iscritti all’albo dei consulenti presso il tribunale”.

In caso di aste andate deserte, si pensa anche di attivare una “procedura di evidenza pubblica ridotta nei termini e negli obblighi di pubblicità”, in modo da poter consentire alle Asl di procedere “celermente e ricorrendo anche alla trattativa privata”. Un’ulteriore misura di intervento legislativo prevede la “possibilità di pratica ribassi rispetto al prezzo di stima”. “Non volendo comunque introdurre delle soglie di ribasso automatiche – ha spiegato Saccardi –, l’orientamento è quello di prevedere l’emissione di un avviso pubblico a maglie larghe con una decurtazione del prezzo fino al 5 per cento, ovvero pari al valore di oscillazione della stima”.

Si ipotizza anche di “procedere con ulteriori stime a valle di ogni asta non andata a buon fine, introducendo un meccanismo per la dilazione del pagamento che possa agevolare la dismissione”. Saccardi ha inoltre comunicato al Consiglio gli esiti dell’avviso pubblicato nel 2016, finalizzato ad “avviare un confronto informale con soggetti interessati ad un eventuale acquisto”. I beni oggetto di alienazione sono stati selezionati sulla base di criteri (immobili non utilizzati, con valore stimato unitario superiore a 1 millione e con valore indicato nel bilancio inferiore a quello stimato dalla Asl, immobili appartenenti al patrimonio di tutte le aziende) e ne è scaturito un elenco di 26 stabili su cui le manifestazioni di interesse “sono state numerose”, ma tuttavia non risolutive.

Non si è conclusa infatti alcuna vendita, “a conferma della grave crisi che investe il mercato immobiliare”, ha osservato l’assessore.

Circa un anno fa, a marzo 2018, la Regione ha anche sottoscritto un protocollo d’intesa con l’agenzia del demanio per “l’avvio di iniziative di valorizzazione, razionalizzazione e dismissione del patrimonio”. La collaborazione è aperta anche ad Anci e consentirà, tra l’altro, di “avviare le necessarie attività di concertazione utili a favorire i cambi di destinazione d’uso degli immobili”.

«Più che immobiliarismo, qui siamo davanti all’immobilismo»: è in un gioco di parole la sintesi delle valutazioni che il Capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale Maurizio Marchetti «Alienazioni in stallo – ricapitola Marchetti – stime ignote, colpe che muoiono fanciulle ma responsabilità politiche chiare: quelle di una sinistra che nei suoi decenni di governo regionale non ha saputo o voluto vendere quando si poteva, e oggi sceglie la via del procrastinare producendo, di fatto, un danno al patrimonio collettivo costituito dai tanti immobili delle aziende sanitarie lasciati al degrado e al deperimento valoriale.

Il tutto disattendendo l’indirizzo univoco espresso dal Consiglio regionale a gennaio 2015, a seguito dei lavori della Commissione d’inchiesta presieduta proprio da Forza Italia e che prese in esame lo stato del settore. Al termine di quella ricognizione mastodontica, che individuò in 600-700 milioni il valore complessivo di questi stabili, il Consiglio tutto invitò la giunta a istituire un pull manageriale di esperti e tecnici che agissero come una sorta di falange d’assalto a un mercato oggettivamente difficile come quello degli immobili, in particolare pubblici, così da ingranare una marcia in direzione del vantaggio dei toscani.

Nulla di quanto indicato da chi ci ha preceduto in quest’aula è stato attuato». La prospettiva immaginata dalla giunta non convince Forza Italia: «Di fatto la Regione, non essendo capace di rispettare le proprie regole normative, che fa? Le cambia a suo pro. Così si ipotizza, in un tempo tutto da definire e solo in via di ‘auspicio’, di riformare gli articoli 114 e 115 della legge regionale 40/2005 che governa la gestione e alienazione del patrimonio immobiliare in capo alle Asl e non più usato a fini sanitari.

Ebbene, lo sapete cosa anche si va a riformare? Il principio del buon amministratore a massimizzare il ricavo nell’alienare e valorizzare a vantaggio dei cittadini, contenuto nel comma 2 dell’articolo 115, per aprire le maglie delle procedure con esiti tutti da verificare ma che di certo non massimizzano un bel nulla». In conclusione: «C’era un momento in cui si poteva, e non è stato fatto. C’è stata una fase in cui si doveva, ma non è stato fatto. Oggi siamo alle prese con condotte che non solo non producono valore, economico o sociale, ma addirittura generano danno nel lasciar deperire quando non predare tutto questo patrimonio.

C’è una totale incapacità gestionale rispetto a questo segmento della cosa pubblica, ma quel che è peggio non si ravvisa la volontà politica di superare il gap malgrado l’indicazione chiara espressa da questo Consiglio ormai quattro anni fa».

Di “svendita” ha parlato Tommaso Fattori, in riferimento alle modifiche di legge annunciate da Saccardi. “Si parla di ribassamento dei prezzi e vendita ai privati. Nel frattempo mancano servizi sul territorio, società della salute, case famiglia”. Da Fattori, che ha anche illustrato uno dei due atti collegati alla comunicazione è necessario ragionare sulla possibilità di ripensare l’utilizzo del patrimonio immobiliare “in funzione sanitaria o socio-sanitaria”. “Potrebbe avere una funzione strategica nell’ambito della domanda legata all’integrazione tra assistenza ospedaliera e territoriale”. “La crisi del mercato – ha concluso – ha frenato il progetto di alienazione ma non c’è stato un ripensamento della strategia”.

“Il tema è complesso. Gli immobili non più utilizzati sono un problema. Capisco e riconosco le difficoltà ma dobbiamo lavorare ad una progettualità definitiva”, ha detto Jacopo Alberti. Parlando dei sopralluoghi fatti quando era presidente della commissione controllo, il consigliere ha ricordato le tante risorse spese per la messa in sicurezza di alcuni beni e riferendosi ai tanti di immobili di pregio, ha chiarito quanto sia alto il rischio che possano diventare “patrimoni di macerie”. “Valutiamo se ci sono fondi europei da sfruttare”, ha chiesto ricordando le situazioni di disagio che quotidianamente vivono anziani, disabili, e in generale persone in difficoltà. Anche in questo senso ha parlato di “destinazioni diverse” da prendere in considerazione.

Di “scelta responsabile” ha parlato Elisabetta Meucci. “In un’epoca di grandi risorse si può anche pensare di investire nel recupero e nel mantenimento degli immobili. In tempo di crisi è diverso. L’obiettivo delle politiche regionali è quello di fornire servizi alla comunità e la scelta fatta da questo esecutivo emerge chiara”. Per la consigliera, la strategia immobiliare “è fatta”, ma ha avvertito:“Non si può riconvertire facilmente” e poi ha dichiarato di non voler sentir parlare di svendita. “Stiamo sul mercato con tutte le garanzie che si richiedono. Non stiamo svendendo”.

“Facciamo una valutazione corretta e attenta, consapevoli che ci sono immobili che hanno caratteristiche non facilmente modificabili”, è stato il commento di Serena Spinelli, che ha aggiunto rivolgendosi all’assessore: “Occorre uno sforzo, occorre stringere un patto con i nostri territori per capire quali sono le esigenze cui dare risposte”. Ritrovandosi poi nella proposta di risoluzione presentata da Tommaso Fattori e annunciando il voto a favore, Spinelli si è invece detta contraria a una mozione firmata da Monica Pecori. “Non possiamo non vendere nulla”.

Di argomento “molto complesso da un punto di vista normativo, urbanistico e di funzioni” ha parlato Andrea Quartini, che ha comunque rilevato la “mancanza di una strategia. Non si capisce cosa si intende fare”. Ha citato poi la commissione d’inchiesta della scorsa legislatura, in cui veniva “suggerito fortemente che insieme a Estar venisse creato un modello di gestione con caratteristiche di terzietà”. Una sorta di “cabina di regia” che il consigliere vorrebbe ritrovare oggi anche per “rivedere tutto l’assetto”, pensato dall’esecutivo.

“Per molti anni gli investimenti in sanità non sono stati finanziati. Si è dovuto pensare ad altro e ricorrere a mutui o alienazioni per recuperare risorse. In ogni caso assicuro che non c’è stata alcuna forma di alterazione dei bilanci attraverso la stima degli immobili”, è stata la replica di Stefania Saccardi. L’assessore ha anche ammesso che “non tutto si deve vendere. Se ci sono attività istituzionali, non si aliena a meno che non sia previsto un trasferimento o un accorpamento”. E sul nodo del cambio di destinazione d’uso è stata chiara: “Non c’è ostacolo, e non c’è mai stato, né ci sarà, a patto che le amministrazioni diano il loro contributo”. “Se ci sono idee di utilizzo diverse, e risorse, siamo ben disponibili a discutere come peraltro abbiamo già fatto”, ha spiegato.

A fine dibattito l’aula ha respinto i due atti collegati, la proposta di risoluzione presentata da Fattori e Sarti e una mozione a firma Monica Pecori. La proposta di risoluzione illustrata da Tommaso Fattori intendeva impegnare la Giunta a prevedere l’esclusione della vendita di patrimonio considerato strategico perché potenzialmente efficace per assolvere funzioni sanitarie o socio-sanitarie. Si chiedeva inoltre di vietare la vendita di beni dove sono ancora attivi e forniti servizi.

La mozione presentata da Monica Pecori e illustrata da Andrea Quartini, intendeva impegnare la Giunta per evitare la vendita di villa Rodocanacci, immobile di pregio a Monterotondo in provincia Livorno, di proprietà dell’azienda sanitaria Toscana Nord Ovest. Nel testo si chiedeva anche di “ripensare l’utilizzo della villa a fini sociali”, con “fruizione gratuita per i cittadini, nell’ottica delle politiche sui beni comuni di recente integrate nello statuto della Regione”.

In evidenza