Green Pass: restrizioni nel decreto anche per bar e ristoranti?

FDI: “Il passaporto vaccinale andrebbe a colpire settori economici che stanno riprendendo fiato adesso”

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
21 luglio 2021 23:50
Green Pass: restrizioni nel decreto anche per bar e ristoranti?

Firenze, 21 luglio 2021- Slitta a domani, giovedì 22 luglio, il Cdm per l’approvazione del decreto Green Pass, ma inizia a essere più definita la linea che il Governo intende intraprendere per arginare la diffusione della variante Delta nelle prossime settimane. Se le nuove, ipotetiche, regole sull’utilizzo del green pass dovessero diventare legge, 26 milioni di italiani (17 se bastasse una sola dose) potranno andare in vacanza, sui mezzi pubblici, al supermercato, persino in ufficio e in fabbrica ma non entrare in un bar o un ristorante.

La campagna vaccinale va avanti spedita se è vero che negli ultimi 3 giorni hanno completato il ciclo vaccinale 1,7 milioni di persone, di cui 800 mila under 40. Ci sono già oltre 27 milioni di persone che hanno completato il ciclo vaccinale e poco meno di 9 milioni sono ancora in attesa della seconda dose anche perché i tempi sono stati addirittura allungati.

“Siamo di fronte all’ennesimo paradosso: chiunque potrà cenare nei ristoranti dei villaggi, degli alberghi, dei campeggi mentre in tutti gli altri servirà il green pass – sottolinea Aldo Cursano, vice presidente vicario di Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi -. Una discriminazione inaccettabile perché anche le nostre sono imprese turistiche che vivono di mercato. Ancora una volta si pensa di mettere la croce sulla spalle dei Pubblici esercizi, penalizzando attività che hanno già pagato un prezzo altissima alle misure di contrasto della pandemia. Se davvero si ritiene che la campagna vaccinale abbia bisogno di un’ulteriore spinta, si estenda l’obbligatorietà della vaccinazione, doppia o singola dose, per accedere ad ogni tipo di servizio. Perché se serve l’ennesimo sacrificio, questo va condiviso da tutti.”

Fipe è da sempre a favore dei vaccini – prosegue Cursano - ma facciamo fatica a credere che in Italia ci siano 17 milioni di no vax. Più semplicemente la campagna vaccinale prosegue secondo dei tempi tecnici che dipendono dai protocolli sanitari e dalla logistica mentre almeno oggi il problema della disponibilità dei vaccini sembra superato. I non vaccinati non sono dunque no vax ma per lo più giovani che hanno già chiaramente espresso la volontà di vaccinarsi e sono in attesa di farlo. Siamo dinanzi ad una doppia discriminazione: quella delle persone non ancora vaccinate a cui sarebbe impedito l’accesso a bar e ristoranti e quella nei riguardi di bar e ristoranti perché sarebbero tra le poche attività nelle quali si potrà entrare con il green pass.”

Il presidente di Confartigianato Imprese Toscana Luca Giusti interviene sulla proposta avanzata da Confindustria di consentire ai datori di lavoro di richiedere ai dipendenti l'esibizione del green pass per accedere ai luoghi di lavoro. Per Luca Giusti: “ Nelle imprese si applicano tutti i giorni molte norme a tutela della salute dei lavoratori. Le aziende sono obbligate dalla legge ad adottare tutte le misure necessarie per assicurare l'integrità fisica dei propri dipendenti.

Se si ritiene che la vaccinazione anti Covid 19 sia essenziale a proteggere le persone nei contesti di lavoro, analogamente a quanto avviene per gli altri dispositivi di protezione, lo si stabilisca con una norma chiara”. Prosegue poi il presidente di Confartigianato Imprese Toscana: “ La nostra associazione è favorevole al green pass per i dipendenti. E’ un ulteriore contributo che le imprese possono dare alla tutela della salute pubblica, specialmente adesso in cui si assiste ad diffondersi di varianti aggressive del virus.

Devono essere però salvaguardati i diritti di tutti: quelli della persona alla propria privacy e a non sottoporsi a cure sanitarie se non previste da obblighi di legge ma anche quelli del dipendente vaccinato che non vuole lavorare accanto ad uno che non lo è”. Per esempio continua Giusti: “ Se un lavoratore non è vaccinato il datore di lavoro, per tutelare la salute degli altri dipendenti, potrebbe dovergli attribuire mansioni diverse da quelle normalmente esercitate. Ma in tante piccole aziende questo non è possibile e quindi devono essere emanate norme chiare che aiutino le imprese ad adottare procedure corrette, nel rispetto dei diritti di tutti”.

Conclude poi il presidente Luca Giusti: “ Solo con norme chiare e procedure semplificate i datori di lavoro potranno adottare in modo veloce ed efficace nel proprio contesto aziendale le misure adeguate a prevenire i contagi. Le vaccinazioni sono fondamentali per arginare la pandemia, evitare nuove restrizioni e quindi per evitare danni alle persone e alle attività economiche”.

“Green pass per poter lavorare? Il tema è delicato, ma questo non significa che non vada affrontato e risolto. Da una parte il diritto costituzionale a non esser sottoposti ad alcun trattamento sanitario se non per disposizione di legge, dall’altra l’obbligo per il datore di lavoro di adottare ogni misura necessaria ad assicurare l’integrità fisica del lavoratore. Negli ultimi sedici mesi gli imprenditori hanno rispettato ogni adempimento richiesto per prevenire la pandemia, dalla sanificazione, ai gel alle mascherine, sostenendo costi che avrebbero dovuto essere ristorati, ma che lo sono stati solo per un 20%.

Indipendentemente da questioni economiche, però, si è trattato, e si tratta, non solo di un obbligo, ma di un dovere che sentiamo nostro. Che tutto questo possa essere vanificato da una minoranza di collaboratori che rifiutano il vaccino è però inaccettabile. Il rischio è quello di aprire la porta all’ennesima ondata della pandemia e, a ruota, a nuovi stop o nuove limitazioni nell’attività di impresa. Insomma, piena libertà alla scelta di non vaccinarsi, ma non a quella di mettere a rischio la salute di colleghi e clienti.

È la legge che deve intervenire e stabilire quando la salute pubblica sia da anteporre alla volontà del singolo. Come? Individuando, quando presente, il nesso tra l’attività svolta e la possibilità di contrarre e diffondere il virus. In alternativa, ci sia data la possibilità, anch’essa da sancire con legge, di poter assegnare i dipendenti non vaccinati ad altra mansione e, ove ciò non fosse possibile, di poter ricorrere ad una sorta di aspettativa ad hoc. Il nodo va sbloccato e velocemente, certo, in accordo con i sindacati dei lavoratori” Questa la posizione di Giacomo Cioni, presidente di CNA Firenze Metropolitana, sull’ipotesi di obbligatorietà del green pass nei posti di lavoro.

"Il green pass va utilizzato e richiesto in luoghi e strutture in cui si verificano grandi assembramenti. Ma sarebbe un errore la sua obbligatorietà in bar e ristoranti. Per i locali che distribuiscono cibi e bevande, sono sufficienti le regole attualmente in vigore, sia al chiuso che all'aperto: opportuni distanziamenti e gel disinfettanti". Lo chiede il capogruppo di Forza Italia al Consiglio regionale della Toscana, Marco Stella, in merito al decreto in arrivo sulla certificazione verde.

"Giustamente - osserva Stella - il Governo sembra orientato a prevedere un green pass 'leggero', quindi rilasciato a chi ha effettuato soltanto una dose, oppure il tampone negativo effettuato nelle 48 precedenti. Ci sono una serie di luoghi che, per la loro natura, dovranno richiedere il pass verde: grandi eventi sportivi e di spettacolo, discoteche, fiere e congressi, ma anche i treni a lunga percorrenza, gli aerei e le navi, essendo tutti questi luoghi molto affollati e a rischio assembramenti".

"L'obbligo di green pass - sottolinea il capogruppo di Forza Italia all'Assemblea toscana - deve, però, consentire una capienza maggiore nei luoghi al chiuso. Al cinema e al teatro bisognerà presentarlo all'ingresso, ma le sale devono poter essere riempite, senza limiti di capienza. Quanto a bar e ristoranti, la normativa in vigore è sufficiente. Una obbligatorietà in questo settore sarebbe sbagliata, e occorre inoltre tenere conto dell'allarme delle associazioni di categoria, che prevedono perdite per 1,5 miliardi di euro se fosse imposta la certificazione verde".

“Con i suoi amici Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, il sindaco di Firenze aveva già provato a modificare la Costituzione. Ma gli era andata decisamente male. A quanto pare non gli è bastata la clamorosa batosta del 2016. Oggi Nardella è addirittura pronto ad adottare delle ordinanze locali che impongano il Green Pass, in spregio all'architrave legislativo nazionale. Siamo alla follia. Queste posizioni oltranziste sono gravi e fanno venir meno i diritti fondamentali dei cittadini.

Ma non solo! Il passaporto vaccinale andrebbe a colpire quei settori economici che stanno riprendendo fiato adesso: Horeca, eventi e trasporti. I partiti che sostengono il Governo Draghi non possono fare affidamento solo sui vaccini per arginare nuove ondate. Governo e Regione non hanno ancora mosso un dito per il trasporto pubblico locale e per il rientro in classe a settembre, però sono pronti ad introdurre un pass vaccinale per andare a cena fuori! Si sta perdendo il lume della ragione”.

Così Francesco Torselli, capogruppo di Fratelli d’Italia nel Consiglio regionale toscano.

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