La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 204/2025 depositata il 29 dicembre, ha ulteriormente chiarito il quadro giuridico relativo al suicidio medicalmente assistito, ribadendo principi già affermati nelle sentenze n. 242/2019 e n. 135/2024. Si tratta del terzo, esplicito richiamo al legislatore nazionale, che continua a sottrarsi a una responsabilità non più rinviabile.
Il diritto al suicidio assistito è oggi chiaramente sancito sul piano giuridico. In questo contesto, la legge regionale toscana — evoluzione tecnica dell’iniziativa promossa dall’Associazione Luca Coscioni — ha avuto il coraggio e la responsabilità di definire procedure certe, nel rispetto dei rigorosi criteri stabiliti dalla Corte, per rendere effettivo un diritto già riconosciuto.
La recente sentenza 204/2025 ribadisce con forza quale dovrebbe essere il ruolo del Parlamento: colmare un vuoto normativo che produce disuguaglianze e incertezze, scaricando sulle Regioni e sulle persone più fragili il peso dell’inerzia politica nazionale. È un richiamo che non può più essere ignorato.
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“Alla luce della sentenza della Corte costituzionale – evidenzia il presidente Eugenio Giani - l’impianto legislativo della nostra legge è risultato valido ed esprimo per questo la mia soddisfazione. Con spirito costruttivo adesso siamo pronti e provvederemo a rivedere o eliminare dal testi quei profili che necessitano una modifica e che ci sono stati segnalati dai giudici”.
E’ quanto chiarisce il presidente della Toscana dopo la pubblicazione ieri della sentenza della Corte costituzionale che ha accolto, solo in parte, il ricorso del governo contro la legge che la Regione aveva approvato a febbraio del 2025 sul fine vita, regolando allora modalità organizzative e tempi per accedere al suicidio medicalmente assistito in caso di persone in condizioni sanitarie gravissime e irreversibili, già peraltro definite in precedenza dalla Consulta.
La legge toscana voleva colmare un vuoto applicativo, prevedendo l’istituzione di commissioni multidisciplinari presso le aziende sanitarie, la definizione di una procedura per la presentazione e la valutazione delle richieste di accesso al suicidio medicalmente assistito, il coinvolgimento dei comitati etici, l’indicazione di termini per le verifiche (venti giorni dal ricevimento dell’istanza) e la possibilità di garantire l’assistenza sanitaria necessaria per la preparazione all’autosomministrazione del farmaco autorizzato, anche attraverso risorse regionali aggiuntive rispetto ai livelli essenziali di assistenza affinché le prestazioni fossero gratuite.
La Corte, che nel 2019 aveva invitato il legislatore statale a provvedere ad una disciplina organica della materia, ha respinto le censure statali sull’intera legge n. 16 del 2025, riconoscendo dunque la legittimità a legiferare. La Regione dovrà però ora riscrivere alcuni articoli ed eliminare le parti dichiarate incostituzionali dalla Consulta, come i requisiti di accesso, tempistiche rigide e livelli essenziali di assistenza che rientrerebbero per i giudici nella potestà solo statale. L’ufficio giuridico si metterà subito al lavoro al rientro dalle festività.
“Rispetto al governo, che aveva chiesto la radicale eliminazione della legge, la Corte ha determinato la validità della legge e la potestà delle Regioni di disciplinare la materia per quanto di loro competenza - riassume ancora Giani -. L’analisi di dettaglio dei punti dei quali la Consulta chiede una riscrittura o revisione ci porterà ad adeguare il testo di legge e a renderlo organico, alla luce delle indicazioni che non toccano l’impostazione ordinamentale della legge regionale toscana”.
"Dal punto di vista politico, è doveroso sottolineare come la legge toscana abbia rappresentato uno strumento concreto di tutela dei diritti, permettendo ad almeno una persona, in condizioni sanitarie gravissime, irreversibili e chiaramente definite dalla Corte, di intraprendere liberamente un percorso previsto dall’ordinamento. Un atto che ha restituito dignità e certezza del diritto, evitando che la sofferenza fosse aggravata dall’assenza di regole.
Su una materia così delicata e fondamentale come il fine vita, riteniamo indispensabile superare le contrapposizioni ideologiche. Non si tratta più di un dibattito etico astratto, ma di una responsabilità istituzionale che riguarda tutte le forze politiche. Continuare a rinviare significa lasciare sole persone affette da patologie gravissime e inguaribili, cui l’ordinamento riconosce il diritto di scegliere, secondo criteri rigorosi e controllati, di porre fine a una condizione che esse stesse non considerano più vita.
La politica nazionale è chiamata ad assumersi finalmente questa responsabilità, dando attuazione piena e uniforme ai principi affermati dalla Corte Costituzionale e ponendo fine a una conflittualità che danneggia i diritti fondamentali delle persone più fragili" dichiarano Irene Galletti e Luca Rossi Romanelli del M5S Toscana.