Covid: ambulanti toscani allo stremo

Fiva-Confcommercio Toscana: “Riaprite i mercati, vogliamo lavorare”. Mercoledì 7 aprile corteo di Assidea a Firenze

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
06 aprile 2021 12:44
Covid: ambulanti toscani allo stremo

Firenze, 6 aprile 2021- Riapertura immediata di tutti i mercati per tutte le categorie merceologiche, annullamento del pagamento suolo pubblico fino al 31 dicembre 2021, un anno bianco dal punto di vista fiscale con interventi sulla parte contributiva. Gli ambulanti toscani chiamano il settore alla mobilitazione generale e lo faranno mercoledì 7 aprile con due appuntamenti nella stessa giornata di protesta ‘Mai più mercati chiusi, #ilmiolavorounicoristoro’ che partirà dal mercato di Pistoia (ore 9) per concludersi a Firenze in via Cavour davanti alla Regione Toscana (ore 16.30) con ritrovo ore 13 piazzale Metro Osmannoro. Una giornata di protesta per dire basta alle mancate riaperture, chiedere interventi di sostegno concreto al settore e l’attivazione di un tavolo di crisi per il commercio ambulante.

“Il tempo della pazienza è finito – spiega il presidente Assidea Alessio Pestelli – Adesso è il tempo di dire basta alle chiusure che, di fatto, penalizzano quasi esclusivamente gli ambulanti e i mercati ed è arrivato il momento di chiedere interventi di sostegno strutturali e non più misure tampone che non servono a niente. Abbiamo il diritto di chiedere misure importanti che consentano di dare respiro alle casse delle nostre imprese. Chiediamo semplicemente di farci tornare a lavorare e di farlo subito. I mercati all’aperto – conclude Pestelli – sono luoghi sicuri. Ci scusiamo fin da subito per i possibili disagi che non dipendono da noi ma dalle istituzioni che ancora una volta non ci ascoltano”.

Anche i Consiglieri regionali e comunali di Fratelli d’Italia domani daranno il loro sostegno agli ambulanti che manifesteranno a Firenze e Pistoia per chiedere la riapertura dei mercati.

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“E’ cambiato governo ma le assurdità imposte dal precedente esecutivo rimangono. Non esistono evidenze scientifiche per cui i mercati all’aperto siano luoghi di diffusione del Coronavirus eppure gli ambulanti di tutti i settori merceologici sono costretti a non lavorare quando la loro Regione diventa rossa. Chiediamo a Governo e Regione Toscana di rivedere quanto prima questa assurdità che sta mettendo in ginocchio dei lavoratori già duramente provati dalla crisi economica” è il commento di Francesco Torselli e Alessandro Draghi, rispettivamente capogruppo di Fratelli d’Italia nel Consiglio regionale toscano e a Palazzo Vecchio. 

“Fiere e sagre sono chiuse da un anno in tutta Italia, i mercati settimanali e di quartiere in zona rossa sono aperti solo per l’alimentare. E in Toscana ci sono province rosse da oltre un mese. Non ce la facciamo più a tirare avanti: se non moriamo di Covid moriamo di fame”. Il presidente degli ambulanti toscani della Federazione Italiana Venditori su Area Pubblica - Confcommercio Rodolfo Raffaelli non usa giri di parole per descrivere l’onda di disperazione che sta travolgendo la categoria, pronta a scendere in piazza in tutte le città toscane per occupare simbolicamente gli stalli dei mercati rimasti vuoti da troppo tempo.

“Chiediamo alle istituzioni, alla Regione prima di tutto poi al Governo, di riaprire i mercati in toto, anche per la parte non alimentare, indipendentemente dalla classificazione delle aree”, dice Raffaelli portando a sintesi le richieste dei colleghi. “I mercati”, aggiunge il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni.si svolgono all’aria aperta, adottano le misure utili al contenimento del contagio, come il distanziamento, i percorsi obbligati e il contingentamento dei clienti, l’apertura dei banchi da un solo lato per evitare assembramenti, la sanificazione. Gli ambulanti sono anche disposti a fare di più, pur di tornare al lavoro. Ma davvero non si riesce a comprendere come fare la spesa al mercato possa essere più pericoloso che farla in un supermercato della grande distribuzione, o utilizzare un mezzo di trasporto pubblico”.

“Il commercio ambulante” prosegue Marinoni, “conta meno di 13mila imprese in Toscana (12.826), delle quali solo 3.600 si occupano di prodotti alimentari e possono quindi continuare a lavorare senza restrizioni, mentre le altre sono soggette ai cambi di colore. Ai fieristi va anche peggio, perché gli eventi nei quali si sono specializzati non vengono organizzati più dal febbraio 2020. Resistere in queste condizioni è impossibile, anche perché si tratta di aziende per lo più fragili e poco capitalizzate, a conduzione familiare, dove il titolare ha investito i risparmi di una vita contando sul flusso di cassa per tirare avanti, pagare la merce e le spese, con margini di guadagno che già negli ultimi anni si erano molto ridotti. Ora che le entrate sono ferme, ma non le uscite, non sanno più che fare”.

“Più che questione di sicurezza, è diventata una questione di giustizia sociale e di concorrenza leale”, aggiunge Tatiana Di Mambro, giovane e combattiva ambulante che siede nel consiglio direttivo di Fiva-Confcommercio Toscana, e da qualche settimana anche in quello di Fiva nazionale, “per fare un esempio: perché un negozio di ferramenta in base all'allegato 23 del DPCM 2 marzo 2021 può restare aperto in zona rossa ma un banco ambulante che vende gli stessi prodotti no? Non si capisce questo accanimento contro la nostra categoria, questo volerci fiaccare nello spirito, togliere ogni dignità.

So di colleghi che si sono rivolti alla Caritas per mangiare, altri vanno avanti con la pensione dei genitori anziani, ma siamo tutti allo stremo. Nel 2020 abbiamo perso una media del 50% di fatturato, con punte fino al 90% nel caso dei fieristi o di chi lavorava con i turisti nelle città d’arte. I ristori? Chi ha perso più del 30% del fatturato ha avuto solo mille euro, che bastano a malapena a fare la spesa di un mese per la famiglia… Ce l’abbiamo messa tutta per resistere, chi ha potuto si è attivato con i social e le consegne a domicilio, ma i nostri clienti sono sparsi su un territorio molto ampio, organizzare una rete di vendita a domicilio non è facile, richiede un investimento di soldi ed energia che non tutti possono permettersi”.

“Siamo rimasti a stringere i denti in silenzio per tanto tempo, nel rispetto di chi in questa pandemia ha perso la vita e gli affetti, poi per non causare alcun problema di ordine pubblico”, prosegue Tatiana Di Mambro, “ma adesso la misura è colma. Anche noi, come i colleghi di altri settori, diciamo basta con la forza della disperazione. Pretendiamo più attenzione e risposte”.

“Sul futuro del commercio ambulante grava una pesantissima condanna a morte”, chiude il presidente di Fiva-Confcommercio Toscana Rodolfo Raffaelli, “ma a chi giova far sparire fiere e mercati? Sono luoghi di socialità importanti, animano le nostre città e forniscono un servizio fondamentale, a prezzi ridotti, a fasce di popolazione che altrimenti non avrebbero occasione di fare spese: penso agli anziani dei paesi più piccoli, dove i negozi sono praticamente scomparsi, che aspettano in gloria il giorno del mercato. Le istituzioni dovranno rispondere anche a loro, perché se gli ambulanti scompaiono scompare anche l’ultimo presidio di tanti piccoli centri”.

Sono molte, fanno sapere da Fiva Toscana, le criticità che vive il commercio su area pubblica. Le limitazioni agli spostamenti imposte dai vari decreti, per esempio: “il fatto che la gente non possa varcare i confini comunali ha indebolito il richiamo di tanti mercati settimanali, che fino all’anno scorso servivano un bacino di utenza molto vasto. Così, anche gli ambulanti aperti si sono trovati a fare i conti con una clientela dimezzata. In più, con lo spostamento delle postazioni imposto dalle nuove regole di distanziamento, da maggio 2020 ci sono stati inevitabili disagi anche per la clientela, che non riusciva a trovare più nel consueto spazio il proprio operatore di fiducia.

E anche questo aspetto ha inciso sul calo del fatturato delle imprese”. Pure le limitazioni imposte all’attività di bar e ristoranti hanno inciso negativamente sugli incassi dei banchi di prodotti alimentari, frutta e verdura, che nei mercati rionali vedevano tra i clienti proprio baristi e ristoratori.

Sul fronte dei sussidi non va molto meglio. “Nella migliore delle ipotesi, con i ristori ricevuti le aziende sono riuscite appena a pagare i contributi previdenziali”, sottolinea il direttore di Confcommercio Toscana Marinoni. “In pratica, hanno “girato” all'Inps fino all’ultimo euro ricevuto pur di avere la regolarità contributiva, conditio sine qua non per ottenere il rinnovo delle concessioni e per accedere ai sostegni regionali. Sostegni che sono stati comunque insufficienti, se non addirittura una chimera per i fieristi: quasi nessuno di loro aveva partecipato a 80 fiere nel 2019, un limite minimo troppo alto”.

A questi fattori, si aggiunge l’estrema incertezza legata al mancato rilascio delle concessioni scadute al 31 dicembre 2020 da parte delle amministrazioni comunali. “Inconcepibile che proprio in questo frangente qualche Amministrazione imponga agli operatori obblighi che comportano un investimento economico, come il cambio del furgone Euro 3 o Euro 4 imposto dal Comune di Firenze. Per carità, la finalità di ridurre le emissioni di CO2 è giusta e condivisibile. Ma un obbligo così ora suona come una beffa…”, dice Marinoni, “sarebbe meglio che i Comuni pensassero a rimodulare la TARI, ancora troppo alta per le imprese, visto poi il crollo dei consumi e quindi dei rifiuti prodotti”.

Una cosa è certa: “senza sostegni adeguati e senza possibilità di lavorare, le micro e piccole imprese del commercio su area pubblica sono condannate a morte” 

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