Con ancora negli occhi quella fantasmagoria

Il Castello di Sammezzano: un miracolo di resistenza della luce al tempo

Girolamo
Girolamo Dell'Olio
26 luglio 2021 19:00
Visita guidata al Castello e al Parco di Sammezzano, Leccio, Reggello (Firenze), 25 luglio 2021

Un giorno speciale, quello di ieri, domenica 25 luglio, per tutti coloro che hanno potuto godere della visita guidata al Castello e al Parco di Sammezzano, nelle colline del Reggellese. Una delle tante opportunità di incontro fra amanti della storia e del bello che in questi ultimi anni ha offerto alla cittadinanza la Soprintendenza fiorentina nella persona dell’arch. Emanuele Masiello, guida d’eccellenza. Ma, fra tutti gli appuntamenti, probabilmente il più strepitoso. Perché questo gioiello architettonico realizzato da un facoltoso quanto eccentrico – e poco rinomato - fiorentino di fine Ottocento fra i boschi di Leccio possiede ben più di una virtù rara nel nostro panorama artistico.

Innamorato dell’Oriente pur non avendolo mai visitato, con la passione per l’architettura e l’ingegneria pur non essendo architetto né ingegnere, il marchese Ferdinando Panciatichi dedica gli ultimi 40 anni della sua vita – in operoso quanto sdegnoso isolamento - alla riprogettazione della preesistente villa di fattoria ricevuta in eredità, e realizza un gigantesco monumento contemporaneo all’arte islamica che non ha forse eguali in Toscana e in Italia. Sostiene una tesi insolita, spiega al folto gruppo di convenuti Emanuele Masiello: che l’arte islamica sia superiore a quella occidentale e cristiana. E dunque nel suo maniero intende costruire mattone dopo mattone, tessera dopo tessera, una scenografia in cui sia sviluppata al massimo grado, alla maniera dell’arte aniconica araba, l’astrazione geometrica: come quella ebraica, infatti, la fede islamica non contempla la possibilità di raffigurazioni antropomorfe della divinità o di altri soggetti sacri.

E dunque, studiati sui libri i modelli figurativi a cui ispirarsi, forse anche attraverso i viaggi a Parigi che lo portano a contatto con le culture esotiche presentate in occasione delle ottocentesche ‘Esposizioni universali’, Ferdinando installa nei pressi del complesso da erigere una fornace atta a produrre i materiali necessari a costruire il suo sogno. Guidato, anche nella ricerca della manodopera, dal saggio criterio ‘chilometro zero’ oggi sciaguratamente abbandonato, ingaggia maestranze locali, e le istruisce, e le forma, perché siano capaci di dare concretezza al suo sogno.

E il sogno è un’autentica fantasmagoria di forme, di colori, di lucentezze. Attraversare le sale e i corridoi del castello riempie l’occhio del visitatore di una tale abbondanza di messaggi visivi (talora intervallati da aforismi iscritti anche negli intradossi degli archi) che, quando ne esci, hai bisogno di fermarti per rielaborare questa valanga di percezioni.

Non basta. Il castello è avvolto da un curioso sortilegio: a distanza di 130 anni dalla posa dell’ultimo tassello tutto si tiene, tutto è come… appena fatto! Nessuna usura del tempo offende la qualità della visione: l’architettura esterna e, ancor più, gli straordinari rivestimenti interni mantengono intatto il proprio charme. Sembra un miracolo: davvero chi ha ideato e edificato questo luogo ha visto lontano!

La giornata è stata arricchita anche dalla gradita accoglienza che la proprietà ha voluto accordare al gruppo di visitatori, col contributo di informazioni che ha fornito il geom. Gianni Ulivi, rappresentante della Sammezzano Castle SpA, sulla travagliata vicenda del manufatto negli ultimi decenni e sui progetti che, d’intesa con la Soprintendenza, si stanno finalmente avviando.

Altre notizie preziose ha fornito il referente tecnico, l’arch. Laura Bati.

E mentre la conservatrice Anna Giatti si occupa - nel contesto del “Comitato Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona” - dello studio dell’archivio del marchese Ferdinando, in particolare per quanto concerne i suoi interessi scientifici, le restauratrici Roberta Gori e Maria Fortuna cureranno le attività di catalogazione dei calchi in gesso probabilmente utilizzati per la realizzazione degli apparati decorativi, e quelle di ricerca e studio, con approfondimenti scientifici, sui materiali e le tecnologie adottate.

Non sono mancate due ulteriori sorprese visive.

Dalla terrazza del castello si domina – volgendo lo sguardo tutt’intorno - lo stupendo contesto paesaggistico in cui è calato il maniero, circondato da 65 ettari di parco storico. Non altrettanto esaltante la vista di ciò che è ai piedi del colle: l’insediamento “The Mall”, col suo grigio contributo di cemento e urbanizzazione. O, ancor più vicino, nascosto fra la vegetazione, lo scheletro di un monster lasciato in questo caso incompiuto.

Infine, in quel bosco che Ferdinando – appassionato pure di scienza e botanica – ha voluto popolare di specie altrettanto esotiche, già arrivando a piedi lungo una gradevole strada sterrata hai trovato allineate, maestose sequoie, che Ferdinando ha importato dal Nord America. Scendendo a valle, poi, l’esemplare più alto d’Italia, la “Sequoia gemella”, con tronco doppio che sale su fino a sfiorare i 54 metri di altezza!

C’è dell’altro, anche tanto altro da raccontare! Spero di dedicarvi altri scatti e video in una prossima puntata della serie “Le pietre parlano”. Ma già qui, si capisce, c’è quanto basta a giustificare ciò che Gianni Ulivi non ha esitato a vantare: “In occasione dell’ultima visita organizzata qui a Sammezzano, si è verificata una concomitanza singolare: quella col concerto di Bruce Springsteen. Ebbene, Sammezzano ha avuto più richieste di visite che il concerto! In pochissimo tempo, 16.000!”.

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