Cinquant’anni fa, il 17 marzo 1971, la scoperta del “Golpe Borghese”

Pellegrini editore dà alle stampe la seconda edizione del libro di Fulvio Mazza

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
17 marzo 2021 09:15
Cinquant’anni fa, il 17 marzo 1971, la scoperta del “Golpe Borghese”

Fra i punti di maggior rilievo rispetto all’edizione precedente ci sono l’acquisita consapevolezza che Borghese venne assassinato alla vigilia del suo ritorno in Italia, che Andreotti fu connivente con i golpisti e che il Pci seppe da subito del “Golpe”.

Il 17 marzo 1971, esattamente cinquant’anni fa, l’edizione pomeridiana di «Paese Sera» e, con maggiore consapevolezza e dirompenza, quella successiva del 18 marzo (immagine in allegato), denunciarono il “Golpe” tentato il 7-8 dicembre 1970 dai neofascisti guidati da Junio Valerio Borghese.

Un agente del Sid, il capitano Antonio Labruna, aprì un’inchiesta riuscendo a scoprire mandanti ed esecutori. Produsse un “Malloppo documentario” poi però censurato dal suo capo, il generale Gian Adelio Maletti, e dall’allora ministro della Difesa, Giulio Andreotti. Il depistaggio andò in porto e tutti, persino i rei confessi, furono assolti dalla Cassazione.

Questo saggio (pp. 304, Euro 16,00), attraverso un provocatorio “Quarto grado di giudizio”, ribalta la “verità giudiziaria” e porta in scena la “verità storica”. Dimostra, tra l’altro, che il tentativo di “Golpe” fu pieno e concreto e che coinvolse personaggi di primo piano delle trame politiche di quegli anni, a partire da Giulio Andreotti e Licio Gelli. Gli stessi, con ogni probabilità, dopo aver constatato la defezione dal progetto eversivo da parte dei Carabinieri e degli Usa, furono anche gli autori dei messaggi inviati a Borghese circa la necessità di emanare un “contrordine” (diramato immediatamente da Borghese).

Ogni dato è stato ricostruito anche grazie alla documentazione archivistica, spesso inedita, proveniente dal Sid, dalla Commissione parlamentare P2 e dalla Commissione parlamentare stragi.

Tre i maggiori punti innovativi di questa seconda edizione del testo. Il primo risiede nella consapevolezza sulla morte di Borghese, avvenuta in Spagna nell’agosto 1974, alla vigilia del suo rientro in Italia: il “Principe nero” venne molto probabilmente assassinato da chi (armato dagli ambienti andreottiani e da quelli massonici, innanzitutto) temeva le rivelazioni che avrebbe potuto fare alla magistratura.

Il secondo è rappresentato dalla convinzione che il Pci fosse riuscito, nei giorni stessi del “Golpe”, a sapere del complotto ma che decise di reagire con estrema cautela facendo trapelare la notizia solo, appunto, il 17 marzo 1971.

Un altro punto scaturisce dalle carte e dalle testimonianze sul ruolo filogolpista assunto da Andreotti.

Fulvio Mazza (1956), dirige l’Agenzia letteraria “Bottega editoriale”. Ha collaborato con le cattedre di Storia contemporanea, di Storia moderna e di Pedagogia dell’Università della Basilicata e dell’Università della Calabria.

È autore di numerosi saggi di Storia moderna, Storia contemporanea, Economia e Comunicazione pubblicati, fra gli altri, da Città del Sole edizioni, Edizioni scientifiche italiane, Franco Angeli, Infinito edizioni, Istituto della Enciclopedia italiana (“Treccani”), Laterza, Rubbettino. La sua ultima pubblicazione è: La vita rubata. Storia di Giuseppe Uva. Morto. Ma nessuno lo ha ucciso (Infinito edizioni, 2021). Per Pellegrini editore ha pubblicato, nel 1972, assieme a Maria Tolone, la biografia del leader comunista Fausto Gullo.

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