Il jazz intellettuale incanta il Metastasio

Il jazz è uno stile di vita, un gioco a occupare quegli spazi musicali, ma anche concettuali, che in questo caso si lascia alle spalle i ritmi swinganti per farsi carico del sentire dell’ultimo mezzo secolo d’Europa

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
25 febbraio 2014 13:59
Il jazz intellettuale incanta il Metastasio

PRATO - Il jazz è uno stile di vita, un gioco a occupare quegli spazi musicali, ma anche concettuali, che in questo caso si lascia alle spalle i ritmi swinganti per farsi carico - attraverso un suono corposo e poetico insieme -, del sentire dell’ultimo mezzo secolo d’Europa, con le sue problematiche, i suoi sogni e le sue aspirazioni. Può accadere di perdersi sotto la pioggia (non necessariamente a Juarez, come cantava Bob Dylan), senza per questo sentirsi obbligati a ritornare sui propri passi, ma anzi sentendosi moralmente obbligati a esplorare nuovi percorsi.

A questo si è assistito ieri sera al Teatro Metastasio, in occasione del concerto del duo Antonello Salis/Michel Portal, fisarmonicista, pianista e compositore il primo, uno degli autentici artefici del jazz europeo l’altro, entrambi virtuosi del jazz che più o meno saltuariamente, a seconda dell’umore, hanno occasione di suonare in coppia. Una “strana coppia” che unisce personaggi fra loro molto diversi, il mediterraneo Salis e il più compassato Portal, protagonisti di un’esibizione raffinata e suggestiva, nella seconda serata di Metastasio Jazz 2014 che quest’anno ha segnato un colto cambio di passo, lasciandosi andare al tocco intimistico del jazz da camera; sonorità che richiedono una maggiore concentrazione ne pubblico, il quale, da parte sua, ha confermato di gradire l’esperimento, rispondendo numeroso ai tre appuntamenti (anche i biglietti per il concerto del Brad Mehldau Trio del 3 marzo sono in via di esaurimento). Sul palcoscenico, illuminato con raffinata discrezione, si è assistito a un dialogo musicale sospeso fra l’esperimento e la tradizione, fra la goliardia di strada di Salis, e l’atmosfera da cave à jazz parigina che Portal porta con sé.

Una musica vestita di nero, la sua, il nero di Sartre e Camus, dalla quale emerge l’Europa della dimensione urbana e della fantasia al potere. Il suo clarinetto e il suo sax, accompagnano il pubblico in una lunga passeggiata nella Parigi intellettuale del maggio ’68, dove, accanto alle rivendicazioni sociali, fioriva un vivace dialogo artistico sull’improvvisazione, fra jazzisti e classici contemporanei. Non mancano, nei fraseggi di Portal, atmosfere concrete che fanno pensare a Luciano Berio e Karlheinz Stockhausen, sui quali Portal ebbe modo di perfezionare la sua formazione nel suo periodo con il New Phonic Art.

Dall’altra parte, il virtuosismo di Salis va ben oltre il jazz, del quale sono comunque ravvisabili elementi che ricordano il bebop, il dixieland, e anche i “classici” Coltrane, Parker, e Mingus. La loro è un’influenza discreta, mai accademica, che s’innesta sulla fondamentale componente dell’improvvisazione tanto cara a Salis. Alternandosi fra il pianoforte e la fisarmonica, strumento non consueto in questo genere musicale, il musicista ne stravolge i timbri melodici, affondando nell’eredità free degli anni Settanta, senza però tralasciare l’elemento lirico, che trae origine da un retaggio folkloristico vicino alla cultura sardo-catalana, ma non solo.

Al pianoforte trae accordi delicati e impetuosi insieme, e inserendo le percussioni direttamente sulle corde interne, ne fa scaturire suoni d’ascendenza celtica, rivestendoli di ghiaccio bollente, mentre la fisarmonica suggerisce una città immersa nella luce lunare. Su questo fraseggio in particolare, si inseriscono il clarinetto e il sax soprano di Michel Portal, contribuendo a costruire una linea melodica capace di trasformarsi in una short-story di sapore carveriano, suggerendo immagini e storie di un’Europa che “tira la carretta”, dove il Sessantotto ha lasciato dietro di sé un senso di perdita difficile da elaborare, e che trova il suo specchio nei delicati fraseggi di Portal al sax soprano.

Salis, da “vecchio” leone, immette comunque una ventata di ottimismo attraverso la sua fisarmonica, i cui passaggi “a strappo”, sembrerebbero quasi sottolineare la necessità di una forte cesura con gli errori del passato. Calorosi e meritati applausi finali, tributati da un numeroso pubblico di appassionati, per due jazzisti non convenzionali, che sono riusciti a fare della “musica del diavolo” una sorta di romazno breve a sfondo sociale. Niccolò Lucarelli

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