Pistoia: Pennac al Manzoni

Sui temi della diversità, dell’esilio, dell’incontro e del dialogo

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
27 ottobre 2013 23:22
Pistoia: Pennac al Manzoni

PISTOIA- Grande successo al Teatro Manzoni di Pistoia per la prima assoluta de L’occhio del lupo di Daniel Pennac, che per l’occasione lascia da parte la sua vena noir e surreale, per affrontare le questioni della diversità, dell’esilio, dell’incontro e del dialogo, questioni quanto mai attuali a seguito dei tragici fatti accaduti nel Canale di Sicilia. Un esempio di teatro civile, che ci parla del tempo presente e delle sue problematiche, offrendoci una chiave privilegiata per guardarle e comprenderle meglio.

Dall’omonimo racconto dello scrittore francese, Clara Bauer ha diretto lo spettacolo, previo adattamento teatrale di Laurent Berger e dello stesso Pennac, interpretato da Vincent Berger e Habib Dembélé, e con le luci e i costumi di Oria Puppo, le musiche di Jean-Jacques Lemêtre e la collaborazione artistica di Ximo Solano. Pennac è autore atipico, restio alle etichette tradizionali, e legato alla sua infanzia trascorsa in Africa, nel sud-est asiatico, in Europa e nella Francia meridionale, che ha certamente contribuito a fare di lui uno scrittore pervaso di uno spirito libero e libertario che traspare dai protagonisti dei suoi romanzi e racconti. Anche in questo caso, Pennac non smentisce la sua vena.

Lo zoo di una non specificata cittadina occidentale diviene il luogo d’incontro fra un lupo cieco da un occhio e un bambino, incontro caratterizzato dalla distanza segnata dalle sbarre della gabbia, che rinchiude il lupo e lascia fuori il bambino. È l’inizio di un viaggio alla scoperta della vita degli altri, delle sue ragioni e dei suoi retroscena, uno scambio di sguardi nel quale due universi si oppongono, si scrutano, e finiscono per riconoscersi e accogliersi. Un confronto doloroso fra due individui lontani dalla loro terra d’origine: un bambino africano in fuga dagli orrori di un’attualità troppo tragica da raccontare, eppure sotto gli occhi di tutti, e un lupo catturato in Alaska dai bracconieri.

Le loro storie prendono vita sul palco, ricostruite attimo per attimo, e il pubblico si trova proiettato prima nei selvaggi territori nordamericani, dove imperversano i bracconieri, e poi nell’Africa tribale fatta di mercanti senza scrupoli, colorati mercatini e tradizioni sciamaniche, e immigrazione, una realtà dove è difficile mitigare il dolore quotidiano. Uno spettacolo fortemente “primitivo”, giocato sul lato emozionale, e che coinvolge il pubblico proprio perché richiama quelle emozioni che caratterizzano la vita di tutti noi; uno spettacolo di immedesimazione, dove il ragazzo assume lo sguardo del lupo, cieco da un occhio a causa delle ferite infertegli dai bracconieri; una prospettiva che avvicina le loro esistenze, e li porta a confrontarle.

Entrambi hanno vissute esperienze dolorose, hanno perso gli affetti, si sono trovati in una terra che non è quella natia. Due vite accomunate da solitudine e rimpianto. Uno spettacolo ridotto alla primitività drammaturgica, due soli personaggi che si scrutano, si fronteggiano, si confrontano; una struttura elementare ma profonda, giocata sul rapporto uomo/animale, che richiama l’antica tradizione favolistica di Esopo, la quale da parte sua colloca, nel rapporto ancestrale fra uomo e Natura, quell’equilibrio indispensabile alla conoscenza e alla pace dell’anima.

Dal punto di vista dell’impianto registico, lo spettacolo si avvicina alla commedia dell’arte, con la scena che nasce di volta in volta sotto gli occhi del pubblico; le storie che si susseguono sul palco acquistano una vita propria, e poi si fondono una con l’altra, a evocare una compenetrazione universale fra le esistenze di tutti gli esseri umani. Una chiara influenza di quel panteismo animista che è alla base della cultura tribale africana. Ma la scena che nasce sotto gli occhi del pubblico, oltre che richiamo alla commedia dell’arte, si fa elemento di teatro metafisico, metafora della società nuova che può rinascere qualora valori come la tolleranza e il rispetto delle altre culture fossero finalmente messi in pratica, Perché, per citare lo stesso Pennac, è proprio quando si crede che sia tutto finito, che tutto comincia. Molti gli accorgimenti scenici interessanti, in particolare i giochi di luce che evocano le atmosfere africane, dai colori soffici e caldi. Alla chiusura del sipario, lunghi e scroscianti applausi per uno spettacolo originale e interpretato dai due protagonisti con autentico slancio scenico. di Niccolò Lucarelli

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