Cinema: Stoker

Tra Hitchcock e Nabokov: un noir di grande qualità espressiva del maestro sudcoreano Park Chan Wook

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
06 luglio 2013 19:38
Cinema: Stoker

Un “noir” costruito sulle tensioni e le aspettative piuttosto che sulla trama. E' “Stoker” il film con cui Il sudcoreano Park Chan Wook debutta in lingua inglese.Un cast e un copione che sembrano di sua diretta emanazione. Nel film non mancano le caratteristiche di eleganza, claustrofobia sociale e inquietudine che fanno da sempre il suo cinema. Il tocco occidentale è,forse, il riferimento evidente al cinema di Alfred Hitchcock e a certi echi del Nabokov di Lolita. Dopo la morte del padre, una giovane ragazza (Mia Wasikowska) rimane sola con la madre instabile di mente.

A casa sua si trasferisce allora un misterioso ed eccentrico zio (Matthew Goode), mai incontrato prima. Mentre la giovane si sente intrigata dal personaggio, inizia anche a chiedersi se le concomitanti sparizioni avvenute nella loro cittadina abbiano qualcosa a che fare con lui. La prima metà del film contiene le soluzioni visive più interessanti e regala la sensazione che tutto possa accadere.

Una suspense palpabile che appare sempre in procinto di svelare qualcosa. La rivelazione della natura eccezionale della protagonista apre il film, ma impiega quasi tutto lo svolgersi della trama per mostrarsi. La protagonista è infatti, anagraficamente e metaforicamente , sulla soglia della maturazione, nel difficile passaggio dall'infanzia all'adolescenza , alle prese con i primi turbamenti sessuali . Il regista non racconta la deflagrazione, preferendo concentrarsi sul momento preparatorio, sull'accumulo delle tensioni e delle aspettative.

In questo senso, questo strano triangolo domestico tra il misterioso zio Charlie, la silenziosa ragazzina sul punto della ribellione e la patetica e inquieta vedova interpretata da Nicole Kidman è ricco di non pochi echi hitchcockiani che regalano all'opera momenti di grande qualità espressionista. Un'opera riuscita che,forse, non attrae per una trama che non è molto originale, ma si fa apprezzare per la qualità dell'arte del regista sudcoreano ,capace anche in un film di ambiente e di cultura occidentale, di costruire momenti di grande cinema. di Alessandro Lazzeri

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