Ossigenazione dei pesci per sconfiggere il cancro

Su “Science” ricerca internazionale con la partecipazione di ricercatori del Dipartimento Neurofarba dell’Università di Firenze

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
25 giugno 2013 14:44
Ossigenazione dei pesci per sconfiggere il cancro

Una delle strade per sconfiggere il cancro passa dallo studio dell’ossigenazione dei pesci. E’ quanto emerge da una ricerca internazionale da poco pubblicata su “Science” (“Root Effect Hemoglobin May Have Evolved to Enhance General Tissue Oxygen Delivery” Doi: 10.1126/science.1233692) a cui ha partecipato il team di Claudiu Supuran, ricercatore del Dipartimento di Neuroscienze, Psicologia, Area del Farmaco e Salute del Bambino (NEUROFARBA) dell’Università di Firenze. La ricerca, cha ha coinvolto atenei canadesi, francesi ed australiani, ha esaminato l’effetto Root, il meccanismo per cui il pH – e quindi l’acidità o la basicità di un ambiente – influenza la capacità dell’emoglobina di trasportare o rilasciare ossigeno nei tessuti. “Si è finora creduto – spiega Claudiu Supuran – che questa dinamica, simile all’effetto Bohr nei mammiferi, fosse localizzata nei pesci nella vescica natatoria e nel nervo ottico, quasi un fenomeno evolutivo che servisse a costituire una riserva di ossigeno in punti cruciali di questi animali.

Nel nostro studio – prosegue il ricercatore - abbiamo approfondito il ruolo, in questo processo, dell’anidrasi carbonica, un enzima catalizzatore (cioè facilitatore di un processo chimico) che agisce come un ‘semaforo’ dell’effetto Root, agendo sul diossido di carbonio e trasformandolo in bicarbonato (basico) e in acido”. L’anidrasi carbonica regola, dunque, l’ambiente acido o basico e quindi permette la ritenzione o il rilascio dell’ossigeno nei vari tessuti. “Bloccando l’attività dell’enzima attraverso degli inibitori, agenti farmacologici in utilizzo clinico – illustra ancora Supuran - abbiamo scoperto che l’effetto Root vale anche per i muscoli del pesce, in cui c’è la possibilità di rilasciare una grande quantità di ossigeno.

Gli inibitori che abbiamo usato sono riusciti ad individuare l’enzima fuori dalla cellula e ne hanno fermato la funzionalità. Questo aspetto è molto importante, perché se si fosse trattato di una anidrasi carbonica intracellulare, l’inibizione avrebbe riguardato tutta l’attività della cellula e non ci avrebbe permesso di capire il funzionamento dell’enzima”. Ma lo studio dell’anidrasi carbonica non serve solo per capire processi fisiologici come, appunto, l’effetto Root, ma è anche di grande interesse se si pensa che anche nei tumori l’anidrasi carbonica si trova fuori dalla cellula ed ha un ruolo determinante nel rendere acido l’ambiente extracellulare del tumore favorendone la crescita, a dispetto delle cellule normali che invece non sopravvivono. “Le nostre ricerche - conclude Claudiu Supuran – mirano anche a scoprire nuovi farmaci anticancro che impediscano l’acidificazione, riportando il pH del tumore a valori fisiologici, il che equivale alla sua sconfitta”.

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