Da Firenze Nove domande a cui Google non risponde

Continua il lavoro della redazione di Nove da Firenze per risolvere i problemi con AdSense, che stava mettendo a rischio la stessa sopravvivenza del nostro giornale on line

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
23 aprile 2013 15:14
Da Firenze Nove domande a cui Google non risponde

di Nicola Novelli Direttore responsabile FIRENZE - Come noto, due settimane fa l'amministrazione di Google AdSense ha unilateralmente sospeso la fornitura di inserzioni pubblicitarie a Nove da Firenze. La contestazione che ci è stata mossa all'improvviso è che il nostro archivio fotografico conterrebbe immagini pornografiche, una violazione delle clausole contrattuali non documentata da alcuna indicazione. Infatti l'amministrazione di Adsense sostiene che abbiamo pubblicato foto di nudo (questo il concetto di pornografia previsto del contratto di servizio, probabilmente scritto negli USA), senza però indicarci quali siano le immagini che non gli piacciono.

Capirete che in un'archivio di oltre 30.000 fotografie è come cercare un ago in un pagliaio. E così abbiamo dovuto fare. Il nostro provider ha approntato un apposito software con il quale stiamo passando in rivista tutte le nostre immagini, classificandone decine, forse alla fine centinaia, come probabilmente non gradite a Google AdSense. Al termine faremo un gran falò digitale di tutte le foto, che ritraggono cubiste nelle discoteche e locali notturni toscani, piuttosto che starlette in topless sulle spiagge della Versilia, e cancelleremo il pube fotografato da Oliviero Toscani per il Consorzio Pelle e pure “L'origine du monde” dipinta da Gustave Courbet all'inizio dell'800 e usata dal nostro critico d'arte a corredo del suo commento alla suddetta campagna di comunicazione di Toscani.

Insomma finiranno irrimediabilmente nel cestino centinaia di immagini pubblicate per diritto di cronaca nelle nostre pagine, come in quelle di tanti altri giornali on line, ad esempio quella della segretaria di sezione del PD immortalata sulla copertina di un film porno, oppure quella dei due ragazzi sorpresi in un amplesso pubblico in piazza Santa Croce una notte dell'estate scorsa e finiti su Facebook. Un sacrificio che ci viene imposto sull'altare del servizio pubblicitario offerto dall'oligopolista prevalente di internet, a causa degli introiti (poche centinaia di euro al mese) necessari per far sopravvivere Nove da Firenze.

La nostra libertà di stampa sarà limitata? Forse no. Certo le nostre pagine saranno meno intelligenti, libertarie e innovative. Cercheremo di farci perdonare con la campagna che denuncia pubblicamente lo strapotere senza cervello della multinazionale californiana, che impone la sua visione delle cose a tutto il mondo, con la forza del denaro. In particolare in questi giorni abbiamo focalizzato due questioni su cui si concentrano le nostre perplessità e su cui vorremmo esprimessero un'opinione anche gli organi preposti al governo della comunicazione in Italia. La prima riguarda l'interruzione unilaterale e senza preavviso del servizio di fornitura delle inserzioni.

La condotta di AdSense sembra prescindere dagli articoli 1175 e 1176 del Codice Civile italiano, che prescrivono che nell'ipotesi in cui si verifichi responsabilità per inadempimento (nel nostro caso l'ipotizzata presenza di foto pornografiche) l'altro contraente non possa automaticamente tagliare il servizio senza dare spiegazione, ma attenendosi al principio di buona fede e diligenza nello svolgimento del contratto debba cooperare con la parte inadempiente per consentirle di rimediare. L'altro aspetto dubbio della condotta di AdSense è la definizione di "materiale pornografico", che nel contratto di servizio è stabilita in “foto di nudo, maschile e femminile, anche parziale”, mutuando probabilmente una determinazione tipica del diritto USA.

In Italia invece la legge definisce come "materiale pornografico" le immagini che ritraggono organi genitali e atti di congiunzione carnale, o di libidine. Questa differenza terminologica determina una un'indebita invasione di campo con la quale, sostituendosi ai tribunali italiani e all'Ordine dei Giornalisti (enti pubblici preposti alla vigilanza delle testate a stampa e al rispetto della deontologia professionale) la multinazionale ci impone il comune senso del pudore USA. Per intendersi sotto la scure censoria di Google finirebbero anche le copertine di nudo pubblicate negli anni '70 dalle riviste settimanali come l'Espresso, Panorama e l'Europeo, che con la loro scelta editoriale concorsero a ridefinire il concetto pubblico di sessualità, favorendo indirettamente l'esito dei referendum su divorzio e aborto.

Siamo di fronte a un episodio di privazione della sovranità dello Stato da parte dei grandi operatori della rete? Non è un caso che il Regolamento UE in corso di approvazione sulla data-protection cerchi di riconquistare la sovranità dell'Unione sui dati contenuti nelle nuvole stabilendo il principio secondo cui la displina della privacy UE si applica ai cittadini europei indipendente dal luogo in cui si trovano i relativi dati. Tutti questi nostri dubbi li abbiamo indirizzati all'amministrazione di AdSense anche attraverso il Forum degli utenti.

L'esito è il nulla di fatto, nessuna risposta, nessun cenno di ascolto. E noi torniamo ad elencarle, queste Nove domande da Firenze a cui Google non ha ancora risposto:

  1. con quali modalità l'amministrazione di AdSense analizza e classifica le foto ritenute violare il regolamento? Su base statistica (oltre una certa %) con un Bot? Oppure con l'intervento di selezione umano (a seguito di singole segnalazioni di inserzionisti, o utenti)?
  2. Esiste un elenco delle immagini incriminate per ogni sito?
  3. Come vengono trattare le fotografie di nudo artistico? Come la foto di un dipinto di nudo?
  4. L'unilateralità e perentorietà del regolamento di AdSense, con la sua forza economica, non rischia di limitare l'autonomia giornalistica delle testate on line?
  5. Con quale serenità si può scegliere di pubblicare una foto piuttosto che un'altra, se si aderisce al circuito pubblicitario di Google?
  6. C'è libertà di esercizio del diritto di cronaca e del dovere di informare nel caso delle foto di un cadavere nudo? Nel caso di una mostra di fotografia erotica? Nel caso di una discoteca, o locale notturno? E nel caso di una foto di anatomia, o divulgazione scientifica?
  7. Non ritenete che Google finisca così per condizionare la distribuzione di contenuti digitali in tutto il mondo e l'approccio alla comunicazione on line?
  8. Non si allenta così la spinta innovativa, democratica, libertaria, che i fondatori dell'azienda multinazionale, hanno infuso alla rete sino ad oggi?
  9. Perché Google non risponde a queste domande?
Per il resto, in questi giorni è un susseguirsi di messaggi di amicizia, pervenuti un po' da tutte le parti.

Ci arriva la solidarietà dei politici locali, dal Consigliere comunale FdI Francesco Torselli, che ci scrive “In un momento di forte crisi per l'editoria cartacea, Nove da Firenze rappresenta sia per noi che vogliamo diffondere le nostre attività istituzionali, sia per i lettori, un incredibile risorsa libera e aperta a tutti. Un ridimensionamento rappresenterebbe una notevole perdita per tutta la comunità”, alla consigliera comunale di Unaltracittà/Unaltromondo Ornella De Zordo che sottolinea “Mi auguro che risolviate al più presto, anche se sull'argomento scatta subito un perbenismo puramente formale e regolarmente contraddetto dalla realtà dei fatti”.

Uno dei maggiori esperti di internet a Firenze, Stefano Bettega, direttore dell'istituto universitario di Design ISIA, entra nel merito tecnico e ironizza: “Probabilmente Adsenseminator non è in grado di stabilire di quali immagini si tratta, perché credo analizzi i flussi rispetto alle queries legate a contenuti di tipo offensivo (a suo avviso). Cassare tutte le pagine ipotizzate non gradite potrebbe deviare il traffico degli intemerati pugnettatori digitali che con buona probabilità cercano le prede dei loro umidi sogni utilizzando i nomi delle più note pornostar (opss, ma pornostar si può scrivere?)”.

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