Agenzia delle Entrate: in dubbio il rapporto contribuenti-autorità impositiva

Dopo l'arresto del Direttore Garagozzo, molti fiorentini rimuginano sulle loro disavventure fiscali

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
31 marzo 2013 19:58
Agenzia delle Entrate: in dubbio il rapporto contribuenti-autorità impositiva

FIRENZE- Nunzio Garagozzo tramite il suo legale ha fatto sapere che fornirà tutte le spiegazioni necessarie e puntuali. L'Ex direttore provinciale dell'Agenzia delle Entrate di Firenze è stato arrestato un mese fa insieme a un commercialista con l'accusa di concussione e istigazione alla corruzione. L'inchiesta giudiziaria chiarirà e definirà la vicenda. Resta il fatto che negli ultimi anni numerosi contribuenti avevano lamentato la difficoltà di relazionarsi agli uffici fiorentini. Il caso forse più noto quello di Vincenzo Freni, fondatore della Freni Ricerche di Marketing, che ha esposto in una lettera al Direttore Generale Attilio Befera, il comportamento poco ortodosso dei funzionari dell'Agenzia di Firenze. “Nel mio caso nel corso del contraddittorio hanno preteso di attenersi ad espresse disposizioni per rifiutare ogni ascolto alle mie giustificazioni, spiegando di essere autorizzati a discutere esclusivamente della chiusura semplificata della controversia fiscale” prassi a dir poco inconsuete per dei funzionari della Pubblica Amministrazione, racconta a Nove da Firenze Vincenzo Freni “Quando mi hanno proposto la transazione, hanno messo sotto i miei occhi un foglietto volante che indicava l’importo, astenendosi dal nominare la pretesa economica.

Infatti quando ho chiesto copia del foglietto la sua funzionaria se ne è pure risentita: Quello è un documento interno dell’Agenzia delle Entrate!”. Nell’obiettivo di concludere comunque la “transazione”, i funzionari si sentono autorizzati ad affermazioni discutibili: “Ripetutamente nel corso del contraddittorio i funzionari hanno sostenuto che lo studio di settore che mi applicavano era stato discusso e concordato con l’associazione di categoria che rappresentava la mia attività di contribuente e quindi non fosse ulteriormente discutibile.

Tutto falso -spiega il sondaggista fiorentino- come ho potuto accertare, anzi lo studio di settore che mi hanno applicato (SG41U – 2006 Studi di Mercato e Sondaggi di Opinione) all’unica e sola associazione di categoria del mio settore di attività (ASSIRM) non l’hanno neanche fatto vedere. Non che poi l’opinione dell’associazione di categoria abbia per i funzionari del Ministero delle Finanze un qualche peso, perché quando all’associazione di categoria lo studio di settore l’hanno finalmente fatto vedere (Studi di Settore TG41U – 2008 e UG41U 2010) e l’associazione di categoria ha spiegato che non rappresentava assolutamente la realtà del settore (oltre 2.000 contribuenti quando esistono in Italia meno di 100 istituti di ricerca di mercato) rifiutandosi di approvarlo, l’Agenzia delle Entrate l’ha ugualmente e tranquillamente validato”. Perché non erano mai stati presentati all’associazione di categoria? “Il fatto è che ho dovuto constatare che i funzionari ai rilievi della mia associazione di categoria sulla non rappresentatività del campione utilizzato per lo studio di settore (UG41U - 2010) spiritosamente hanno replicato che si trattava comunque di un problema comune a molti studi di settore!”.

E allora come fa il contribuente a dimostrare l’inadeguatezza dello studio di settore ai funzionari? “La realtà della situazione è ben altra: ai funzionari vengono assegnati precisi obiettivi di fatturato -conclude il dottor Freni- In vista di questo fine il contrasto all’evasione conta poco. E' molto più semplice, comodo e pratico per il funzionario spremere un contribuente che si è comportato correttamente, dichiarando a verbale, come nel mio caso, che non è stato in grado, all’occhio del funzionario ligio al dovere, di giustificare lo scarto tra la sua dichiarazione dei redditi e l’importo previsto dall’accertamento induttivo”. Alla vigilia del ricorso in appello davanti alla Commissione Tributaria Regionale, sono già esecutive cartelle di Equitalia per oltre 140mila Euro, e decine di migliaia di Euro già spese per il ricorso.

Se ne sono andate tutte le risorse finanziarie di cui disponeva la Freni Ricerche Sociali e di Marketing, che rischia, se venisse applicato un nuovo accertamento induttivo il pignoramento dell’abitazione del titolare. N. Nov.

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