Opificio pietre dure, tra cinque anni in pensione gli ultimi maestri

L’allarme lanciato dal soprintendente, Marco Ciatti nella lunga audizione in commissione Cultura. Il presidente Danti (Pd): “Imminente visita per decidere iniziative mirate”

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
29 febbraio 2012 16:24
Opificio pietre dure, tra cinque anni in pensione gli ultimi maestri

Entro cinque anni c’è il rischio che venga meno la trasmissione di alcune delle più antiche tradizioni di restauro dell’Opificio delle Pietre dure, l’istituto di restauro nazionale con sede a Firenze unico al mondo. A dare l’allarme il Soprintendente dell’Opificio, Marco Ciatti durante la lunga audizione tenuta in commissione Cultura. L’istituto, che lavora per le sovrintendenze di tutta Italia ma che porta avanti anche attività di ricerca e di didattica (la scuola di alta formazione per restauratori è una delle due del Ministero per i Beni e le Attività Culturali), ha “fortissime capacità operative” per le quali gode di ampi riconoscimenti internazionali, ha ricordato il direttore.

Il problema di questa realtà di tradizione “tutta fiorentina” è però il futuro, e segnatamente “il rischio che vada disperso, con i programmi di pensionamento, il personale che ricopre ruoli tecnici, i restauratori”. Il blocco del turn over previsto in tutto il settore pubblico rende quasi impossibile affiancare giovani restauratori accanto ai “maestri” entrati per lo più dopo all’alluvione di Firenze, depositari delle tecniche di scuola della cinquecentesca manifattura medicea, poi affiancata dal laboratorio di restauro voluto da Ugo Procacci nel 1932. Il presidente della commissione, Nicola Danti (Pd), ha annunciato che dopo l’imminente visita all’Opificio, sollecitata dallo stesso Ciatti, la Commissione valuterà “decisioni e iniziative operative”, oltre alle sollecitazioni alla giunta regionale per ulteriori interventi presso il Ministero già condivise da tutto il Consiglio con la mozione approvata in occasione della legge Finanziaria regionale.

“Sia il presidente Rossi che l’assessore Scaletti hanno fatto egregiamente il loro dovere – ha commentato Danti – tuttavia possiamo considerare di intervenire su aspetti diretti, come ad esempio sulla formazione, rispetto alla quale la Regione ha competenze specifiche”. Secondo Mauro Romanelli (Fed.Sin-Verdi), che con Daniela Lastri (Pd) ha richiesto l’audizione di Ciatti, la Regione può giocare la sua parte sollevando “con grande energia un grido di allarme rivolto al Ministero”, per sollecitare “una deroga o un intervento immediato”.

Da Marco Carraresi (Udc), che non fa parte della Commissione cultura ma che è stato il primo firmatario della mozione sull’Opificio, la volontà di “affiancare l’attività dello Stato: uno dei 4 magazzini dell’Opificio ha sede alla Fortezza e dovrà essere smantellato per fare posto all’attività del Polo fieristico; ma sulla Fortezza la Regione ha certamente voce in capitolo”. Ancora: “C’è la possibilità intanto di affiancare giovani ai restauratori più anziani grazie a stages o tirocini, in attesa di tempi migliori; la Regione potrebbe intervenire in piccola parte con finanziamenti propri”.

Daniela Lastri (Pd) ha anche proposto di dedicare un’apposita Giornata di Palazzo Aperto all’Opificio, offrendo al pubblico l’opportunità di conoscere “in diretta” l’attività di restauro e organizzando un’apposita conferenza “su un patrimonio unico al mondo”.

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