Sacconi e la barzelletta sullo stupro, l'ira delle donne

Il Ministro ha raccontato ieri alla festa dei giovani del Pdl una barzelletta su alcune suore che subiscono una violenza, per 'spiegare' la manovra

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
08 settembre 2011 18:52
Sacconi e la barzelletta sullo stupro, l'ira delle donne

Firenze – Una barzelletta non troppo felice e non proprio appropriata per un Ministro che sta 'spiegando' la manovra e Sacconi finisce nella bufera. “Il numero degli stupri in Italia è un bollettino di guerra: 13 al giorno, 4.745 all'anno – si legge in una nota diffusa dalla Cgil - . Ed è solo un valore stimato: secondo l'Istat, la quasi totalità delle violenze sessuali non viene denunciata dalla vittima, in particolare per le violenze subite dai non partner. Le ragioni più comunemente addotte per la mancata denuncia sono la paura di essere giudicate o trattate male, la vergogna, l'autocolpevolizzazione.

Un ruolo importante è giocato anche dalla sfiducia nelle istituzioni”. “30 secondi: questo è il tempo che il ministro Sacconi ha impiegato per offendere, calpestare, umiliare, colpevolizzare tutte le donne vittime di uno stupro: stuprate due volte e porprio da quelle istituzioni che dovrebbero difenderci, renderci cittadine libere. Vittime anche del Ministro Sacconi, vittime ancora una volta, condannate e non protette nel loro dolore, nella loro sofferenza, nella loro paura, nella loro vita segnata indelebilmente”. “E tutto il resto è silenzio, grave, colpevole, complice: dov’è la ministra delle Pari Opportunità? - si chiedono le donne della Cgil - Zitta, come al solito e quindi complice, anche lei! E dove sono le compagne di partito di questo mostro? In silenzio, supine, complici anche peggiori.

di una cultura violenta e misogina che ci vuole tutte oggetti da maneggiare senza cura”. “Il coordinamneto Donne della Cigl Toscana condanna fermamente il Ministro Sacconi e ne chiede le dimissioni immediate. Non è degno di rappresentare le Istituzioni Italiane a nessun livello, non è degno nemmeno di essere più nominato”.

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