Firenze in Terra Santa

Il Presidente della Provincia Andrea Barducci: "Gesti di pace decisivi per aiutare israeliani e palestinesi". “Non si tratta di giudicare, ma di aprire canali: ecco quali proviamo ad esplorare”.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
04 agosto 2011 17:59
Firenze in Terra Santa

Gemellata con la città palestinese di Nablus, la Provincia di Firenze è da anni presente nello scenario complesso della Terra Santa, attenta a una posizione non ideologica e a tenere aperti quei canali attraverso i quali possono passare iniziative di dialogo e di ricostruzione e si può “portare un contributo – avverte il Presidente Andrea Barducci - alla soluzione dei problemi enormi, giganteschi che attanagliano questa parte del mondo, poco estesa geograficamente, ma nella quale si condensano i problemi e le criticità di tutto il pianeta” .

Nei giorni scorsi Barducci ha compiuto un viaggio in Terra Santa, raccogliendo dal vivo una serie di situazioni e anche di emozioni, sulle quali tornare a riflettere e sulle quali ha reso conto all'Assemblea dei consiglieri di Palazzo Medici Riccardi, l'antico storico edificio fiorentino in cui ha sede l'Amministrazione dell'Ente. “E' stata un’esperienza molto forte – spiega Barducci – andata oltre le ragioni istituzionali che l’hanno generata”. Proviamo ad esplorare le tappe interiori e geografiche di questo viaggio.

“Devo dire che mi sono emozionato nel vedere per la prima volta, alcuni luoghi così importanti alla cristianità. Ho visitato il Santo Sepolcro e la basilica della natività a Betlemme: l'immagine del sepolcro vuoto, della morte sconfitta, non può non suscitare e ravvivare quelle domande che sono decisive per credenti e non credenti. Misurarmi con l'esperienza religiosa, che è lontana dalla mia formazione e dal mio profilo culturale, mi ha portato a conoscere un'umanità molto varia, con una sensazione di emozione, di partecipazione e di consapevolezza che non mi aspettavo all’inizio di questo viaggio.

Al Santo Sepolcro ho appreso una lezione anche dal punto di vista storico e culturale: lì tanti uomini difendono in modo estremo e, talvolta, con qualche eccesso una loro identità, in una città, Gerusalemme, che è decisiva per l'Ebraismo e che è un riferimento importante per l'Islam. Si comprende allora come questa convergenza di situazioni, che l'associazione 'Medina' mi ha aiutato a cogliere, renda oggettivamente difficile anche il governo materiale di una città così complessa “ Santità dei luoghi e contraddizioni di convivenza...

“Si colgono contraddizioni forti e anche ingiustizie. Il muro è terribile, non esito a dirlo. Quel muro così alto e sovrastato dal filo spinato non aiuta né gli Ebrei né i Palestinesi, che dovrebbero essere in grado di potersi accettare, riconoscere e convivere nella medesima terra. Fra chi erge quel muro e chi quel muro è costretto a sopportarlo quotidianamente si scava un canale di incomunicabilità e, concretamente, si pongono difficoltà all'esercizio del lavoro e dello studio, per non parlare della mobilità.

E' qualcosa che, comunque, non si può descrivere con i canoni tradizionali della politica. Quel muro deve andare giù. La filosofia che lo ha generato la si ritrova anche nei check point lungo la strada. Quando ho visto quei ragazzi e quelle ragazze in tuta mimetica e armati di mitra giganteschi, quasi più grandi di loro, non ho voluto giudicare ma pensare alle mie figlie che hanno la loro età. Negli occhi di quei ragazzi si legge fatica e sofferenza, tipiche in chi vive in una condizione di assoluta insicurezza”.

In Europa i muri sono stati abbattutti. “Quelli fisici sì, ma ne sono sorti altri: il razzismo strisciante, l'antisemitismo, il neofasscimo che ha trovato nella tragedia di Oslo un'espressione barbara e che deve farci pensare. Ed è un bene che finalmente Borghezio sia stato isolato. I muri, quali che siano, inducono quotidianamente a piccole e grandi e diffuse azioni di vessazione e di impedimento alla libertà delle persone. Clandestino non può voler dire non persona. Circa la Terra Santa dovrebbe diventare il Paese e la patria di ognuno indipendentemente dalla sua appartenenza religiosa e culturale”.

Come è andata a Betlemme? “La basilica della Natività evoca tante sensazioni, lo dico da laico. Non è la stessa cosa che visitare un qualsiasi altro luogo della cristianità. C’è un qualcosa di più che in qualche modo ti ispira e ti rende anche un po’ più consapevole di ciò che accade da quelle parti. Penso all'incontro con il padre francescano Ibrahim Faltas. A fronte di un’azione terribile come quella dell’occupazione militare della basilica da parte di un gruppo armato palestinese, padre Ibrahim ha impedito una rappresaglia che avrebbe significato soltanto morti, morti e morti.

E' la dimostrazione che si può riuscire a trovare un equilibrio, una mediazione, fra parti davvero incattivite. Non pochi palestinesi che abbiamo incontrato ci hanno chiesto di dire alle autorità israeliane che vogliono la pace. Sono forse frasi contenitore ma noi possiamo aiutare a trovare il contenuto, un po' come fa la Fondazione Giovanni Paolo II che, dalla Toscana, porta avanti dei processi molto seri sul versante della formazione”. E Nablus, la città gemellata? “Lì abbiamo rinnovato un patto di amicizia e gemellaggio.

Dopo l'incontro con le autorità, abbiamo visitato una Chiesa Greco Ortodossa. Il pope ci ha portato al pozzo di San Giacomo e ci ha regalato dell’acqua santa. Quindi abbiamo visitato anche il campo profughi di Balata, 25 mila persone in meno di un chilometro quadrato. Si cerca di garantire ai più giovani un minimo di istruzione e di assistenza socio sanitaria. Mi sono domandato e ho domandato loro che senso avesse stare lì e non provare ad uscire per costruire della case normali. Mi hanno risposto di rivendicare il diritto a non essere profughi per il resto dei loro giorni e di ritornare nei luoghi, nelle città, nei quartieri, nelle case che sono stati loro tolti.

Anche qui è difficile giudicare e dire qual è la cosa migliore. A Nablus abbiamo anche visitato il centro di formazione per la microimprenditoria femminile. Abbiamo potuto apprezzare dei risultati veri che grazie al nostro contributo si stanno verificando. Continueremo come Provincia a sostenere quest’iniziativa perché produce un’economia di sussistenza che è vitale”. Sul versante israeliano quali incontri avete fatto? “Abbiamo incontrato gli amministratori di Haifa, la terza città di Israele per importanza che presenta caratteristiche particolari come la presenza sulla collina di un luogo di culto per i seguaci di una variante iraniana dell’islamismo, i Baha'i, che avrà qualche migliaio di fedeli in tutto il mondo.

Con Haifa intendiamo aprire un rapporto di scambio e di amicizia, basato anche su una collaborazione legata al turismo, sul quale Haifa punta molto. Inviterò gli amministratori della città a Firenze, per stabilire progressivamente i termini di un gemellaggio”. Altri progetti? “Li stiamo valutando. La rappresentanza Onu ci ha proposto di realizzare impianti di energia rinnovabile dentro gli insediamenti palestinesi, soprattutto nella Striscia di Gaza. E' un'iniziativa che possiamo prendere in esame insieme alle altre Province toscane”.

Ci sono altri ricordi che porta con sé? “Sì, quello di una signora che vive nella città vecchia di Gerusalemme, ha quattro figli e un marito malato. Questa signora se non troverà seimila dollari sarà mandata via dalla sua casa, per effetto di un meccanismo normativo che intendo approfondire per cogliere bene i termini della questione. Intanto la casa del marito è stata demolita. Non posso non pensare a questa donna per strada con i figli e il marito e vorrei poterla aiutare”.

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