Assoluzione di Cappato e Welby: depositate le motivazioni

Avv.Gallo (Ass.Coscioni): "I trattamenti farmacologici e l'assistenza personale possono rientrare nel 'sostegno vitale'. La politica ora faccia il proprio mestiere". Pro Vita e Famiglia: "L'ultima beffa. Spingeranno i malati a uccidersi"

Redazione Nove da Firenze
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09 settembre 2020 23:55
Assoluzione di Cappato e Welby: depositate le motivazioni

Il 27 luglio scorso Marco Cappato e Mina Welby sono stati assolti dalla Corte di Assise di Massa “dal reato a loro ascritto (istigazione e aiuto al suicidio di Davide Trentini) perché il fatto non sussiste quanto alla condotta di rafforzamento del proposito di suicidio e perché il fatto non costituisce reato quanto alla condotta di agevolazione dell’esecuzione del suicidio”. Sono ora state depositate le motivazioni della sentenza emessa dalla Corte di Assise di Massa. Marco Cappato e Mina Welby sono stati assolti perché “sussistono tutti i requisiti della scriminante configurata dalla sentenza 242 del 2019” incluso il requisito della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale.

Gli imputati sono assolti “ai sensi dei commi 3 e 2 dell’art. 530 cpp dal reato di agevolazione dell’esecuzione del suicidio con la formula perché il fatto non costituisce reato”. I giudici della Corte di Assise di Massa, attenti alla libertà di autodeterminazione del malato, hanno emanato una decisione che è pienamente conforme alla sentenza della Corte Costituzionale 242/2019, che ha creato una nuova causa di giustificazione in presenza della quale l’agevolazione del suicidio non è punibile.

Filomena Gallo, Segretario dell’Associazione Luca Coscioni, avvocato, coordinatrice e difensore nel collegio difensivo di Welby e Cappato, ha così commentato: “La Corte evidenzia che il requisito dei “trattamenti di sostegno vitale”, indicato dai Giudici della Corte Costituzionale con la sentenza 242/19, non significa necessariamente ed esclusivamente dipendenza “da una macchina” Partendo dal caso di Fabiano Antoniani, la Consulta era arrivata a configurare una nuova causa di giustificazione che esclude la punibilità in presenza di determinate condizioni che la Corte è pervenuta a enucleare prendendo come punto di riferimento la legge sulle Disposizioni Anticipate di Trattamento 219/17 e in particolare i trattamenti sanitari che la legge sul “testamento biologico” consente di rifiutare.

La Corte di Assise di Massa ha chiarito che il riferimento è da intendersi a qualsiasi tipo di trattamento sanitario, sia esso realizzato con terapie farmaceutiche o con l’assistenza di personale medico o paramedico o con l’ausilio di macchinari medici. Sono compresi anche la nutrizione e idratazione artificiali”. “La decisione – continua Gallo - aggiunge l’elemento importante (emerso dalla consulenza tecnica del Dr.

Mario Riccio) che il trattamento di sostegno vitale è e ‘deve intendersi qualsiasi trattamento sanitario interrompendo il quale si verificherebbe la morte del malato anche in maniera non rapida”. Questa era infatti la situazione di Trentini, sottoposto a una serie di trattamenti sanitari la cui interruzione avrebbe certamente portato al decesso, ma non nell’immediato. La politica continua a non assumersi la responsabilità di fare il proprio mestiere, quello di legiferare, ancora una volta è grazie ai giudici i diritti fondamentali possono essere goduti.

Auspichiamo che, anche grazie alla chiarezza delle motivazioni di questa sentenza, quanto prima si sblocchi la paralisi riformatrice delle Camere e si possa arrivare a una chiara regolamentazione del ‘fine vita".

"Siamo all'ultima beffa, il malato non si sentirà, forse, un po' obbligato a togliersi di mezzo? Ecco, allora, il vero volto di questi diritti: l'incentivazione alla morte del soggetto fragile, come rivela un'indagine del National Council on Disability che dimostra che la morte di Stato non introduce la libertà di scelta ma spinge i malati a uccidersi, facendoli sentire un peso e non offrendo loro opzioni di vita" hanno dichiarato Toni Brandi e Jacopo Coghe, presidente e vice presidente di Pro Vita e Famiglia onlus "3 milioni di persone soffrono di depressione in Italia.

Se pensiamo che il 55% dei casi di eutanasia sono causati da una depressione (curabile), ci si può rendere conto di quale strage di persone fragili e depresse implicherebbe un allargamento del suicidio assistito e, soprattutto, una legge sull'eutanasia. Tutto questo fa parte delle mille contraddizioni della nostra epoca: infatti domani celebreremo la Giornata mondiale della prevenzione del suicidio. In Italia ogni giorno ci sono dieci suicidi. Un dramma purtroppo destinato ad aumentare: oltre alle conseguenze della crisi finanziaria, pesano l'isolamento sociale, il peggioramento di un problema psichico già presente e la paura.

La legalizzazione del suicidio assistito e dell'eutanasia è come un invito a tutte le persone che vivono con estremo disagio questo momento a levarsi di torno" hanno proseguito Brandi e Coghe."Il Governo fa poco o nulla per prevenire il suicidio e per diffondere e potenziare le cure palliative. Come ha denunciato la Federazione Cure Palliative: in Italia accedono alle cure palliative soltanto il 30% dei malati di tumore e restano quasi esclusi dall'accesso alle cure i pazienti pediatrici.

Il Governo sembra intenzionato soltanto, con la discussione sulla legge per l'eutanasia, a favorire un'ecatombe, in una situazione di fame e sofferenza" hanno concluso Toni Brandi e Jacopo Coghe.

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