Sandra Alvino scrive a Renzi: ''Nessuna tutela per me''

Sandra Alvino, la donna recentemente sposata presso la comunità delle Piagge da don Alessandro Santoro, ha scritto una lettera al primo cittadino di Firenze. Di seguito il testo che Nove da Firenze pubblica integralmente.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
26 novembre 2009 20:32
Sandra Alvino scrive a Renzi: ''Nessuna tutela per me''

Riceviamo e pubblichiamo.

Caro sindaco Renzi, chi le scrive è Sandra Alvino, la donna recentemente sposata presso la comunità delle Piagge da don Alessandro Santoro. Non voglio con questa mia lettera entrare nel merito di un dibattito, quello sulla validità o meno del matrimonio celebrato, che certo non è di sua competenza. Le scrivo invece in quanto cittadina offesa nella sua dignità dal modo e dalle parole in cui tale evento è stato riportato e commentato in varie sedi, e sull’insistenza con cui ancora oggi si parla di me come trans o addirittura trangender. Sono accostamenti che niente hanno a che vedere con la mia persona.

Sono diventata donna nel 1977, e dal 1982, grazie alla legge 164/82, lo sono anche per lo Stato. La legge prevede anche la modifica dell’atto di nascita, che infatti oggi recita: “oggi, 20 luglio 1945, è nato un infante, di sesso femminile, e le è stato imposto il nome di Sandra”. Prevede inoltre che nessun atto pubblico possa ricondurre, in alcuna maniera, alla condizione precedente al cambiamento di sesso. Credo che Lei, con la sua autorità e con il suo mandato di rappresentanza per tutti i cittadini di Firenze, abbia fra le Sue funzioni anche il compito di tutelare una cittadina che ancora oggi si trova ad essere qualificata per ciò che non è.

Ritengo inoltre che, pur nel rispetto della reciproca autonomia, dovrebbe intervenire in mia difesa se qualunque istituzione si permette di dire che il matrimonio fra me e mio marito, con cui sono regolarmente sposata con rito civile dal 1983, è un matrimonio fra due uomini. Credo che spetti all’ufficio che lei presiede difendere la legittimità della nostra unione, sancita da atto pubblico e riconosciuta dallo Stato, e non accettare che chiunque possa offenderci, negando a me la condizione di donna, moglie e cittadina, ed attribuendo a mio marito un marchio di equivocità. Le chiedo questo non solo per ritrovare la fiducia mia e di mio marito nelle Istituzioni, ma anche per vedere tutelato il nostro diritto, conquistato a seguito di battaglie e sofferenze davvero grandi, ad essere considerati parte della collettività al pari di ogni altro cittadino, nel rispetto delle storie personali e della verità. Le invio questa lettera dopo aver inutilmente tentato in più occasioni di avere un contatto telefonico con lei. Con stima Sandra Alvino

Nell'immagine d'archivio davanti la Curia di Firenze.

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