A chi serve la futura legge regionale sui percorsi di partecipazione democratica?

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
16 gennaio 2006 19:56
A chi serve la futura legge regionale sui percorsi di partecipazione democratica?


di Nicola Novelli, Presidente di Comunicazione Democratica, associazione editrice di Nove da Firenze

La ragione fondamentale che ha spinto l'Assessorato alla Partecipazione a farsi carico di questa iniziativa politica è da cercarsi nella crisi dei partiti di massa. Questi ultimi erano grandi organizzazioni, fatte di milioni di iscritti ed elettori, con sezioni e cellule, che raccoglievano, sedimentavano e sintetizzavano l'opinione pubblica consentendo agli amministratori, ben dopo le elezioni, di disporre del necessario consenso popolare per poter sopportare quel peso decisionale che oggi si è fatto letteralmente insostenibile.

E' esattamente il contrario cioè di ciò che temono molti eletti toscani, quando manifestano il timore che esperienze di partecipazione democratica possano svilire il ruolo istituzionale delle assemblee elettive. Davvero ancora qualcuno crede che il difficile della politica si esaurisca nella contesa elettorele e che dopo l'eletto sia libero di decidere per tutta la durata dell'incarico istituzionale?
La legge serve alla stabilità delle istituzioni e degli eletti, più che ai cittadini direttamente.



Che cosa non dovrà essere questa legge?
A nostro avviso non dovrà essere un mero elenco dei diritti dei cittadini. Di esso non c'è bisogno. A ricordarci i nostri diritti c'è ancora la Costituzione della Repubblica Italiana, almeno laddove non è stata modificata di recente.

Che cosa dovrebbe essere la nuova legge?
Certamente un elenco dei doveri istituzionali, o meglio di obblighi procedurali, preguidiziali al fine di ottenere sostegno finanziario ai percorsi di partecipazione da parte della Regione, oltre che una garanzia ai cittadini sull'efficacia dei percorsi stessi.


Prima di tutto sarà essenziale definire con chiarezza i requisiti metodologici dei percorsi, per garantire che l'accesso alle risorse offerte da Regione e UE per l'e-governament non siano strumentali per soddisfare mere richieste di denaro, senza garanzie di rendicontazione altro che economica. Il altre parole si dovranno definire modalità che consentano di verificare, a fronte dello sforzo regionale, l'effettiva ricaduta politica dei percorsi finanziati.
La definizione di requisiti procedurali, lungi dal fissare obiettivi obbligatori, potrebbe comunque garantire che destinazione finale del percorso non sia indeterminata in partenza.

Ci riferiamo, solo per fare un esempio, al comunicato stampa della settimana scorsa pubblicato dalla Provincia di Firenze in cui si annunciava, testualmente, "l'intenzione di procedure alla costituzione di un Forum di partecipazione per introdurre nel piano dei rifiuti la decisione di localizzare a Case Passerini un inceneritore". In questo caso, di grazia, quale sarebbe l'obiettivo del forum, se apparentemente nel titolo risulta già tutto deciso?
Il nostro parere, in tutta sincerità, è che i percorsi di partecipazione non dovrebbero servire a decidere proprio niente.

Ci accontenteremmo se funzionassero in maniera efficiente come luogo istituzionalizzato all'interscambio informativo tra amministrazioni pubbliche e società civile, in un processo di diffusione di documenti, preferibilmente garantito dalla terzietà dell'apparato burocratico nel ruolo di segretariato notarile che metta agli atti contributi e materiali arrivati dalla cittadinanza a disposizione della consultazione degli organi deliberanti (giunta/consiglio).
In questo senso ci pare pregiudizievole il concetto espresso nei documenti preparatori, per altro condivisibili, del convegno svoltosi presso il Consiglio regionale il 13 gennaio scorso, in cui si teorizzata la contrapposizione tra una conoscenza "esperta" a supporto consulenziale delle amministrazioni e una conoscenza "comune", eufemismo di un pregiudizio che forse riconosce nelle istanze dei comitati dei cittadini solamente dabbenaggine.

Pregiudizio al quale rispondiamo con un ipotesi paradossale: il caso in cui, in una piccola realtà periferica, si confrontino, in rappresentanza della così detta conoscenza comune un geologo, poniamo, di chiara fama internazione ivi residente, e, in rappresentanza della municipalità un geometra dell'Ufficio tecnico comunale. Dove si collocherebbe, nel caso, la conoscenza esperta?
E' poi fondamentale, se davvero si vuole evitare che i cittadini toscani si disamorino in fretta rispetto ai nuovi strumenti di partecipazione, che l'opinione pubblica percepisca che le amminstrazioni, là dove strumenti di partecipazione sono già previsti statutariamente (consulte, accesso alle commissioni consiliari, ecc.), che le amministrazioni -dicevamo- alternino strumenti nuovi a quelli preesistenti a seconda della convenienza del momento.

Per chiarire, che non sia consentito adottare strumenti di partecipazione permanenti e forti come le consulte su argomenti innocui socialemente come le pari opportunità, o la salute mentale, mentre si possano adottare altri strumenti di partecipazione delimitati temporalmente e proceduralmente, come i forum on line, su argomenti la cui ricaduta sociale sia più pesante, o comunque più difficile da gestire politicamente. Il tutto magari a insindacabile discrezione dell'amministrazione in carica.


Si badi, stiamo facendo solo un esempio, la nostra considerazione per le prospettive dell'e-democracy e dell'e-governament è alta. Anzi siamo convinti, come associazione Comunicazione Democratica, che gli enti locali siamo molto mancati sul tema delle reti civiche. Queste sì che potrebbero svolgere una funzione fondamentale nel gestire la parteciapazione e la condivisione sociale delle scelte politiche. A condizione che le Reti fossero davvero civiche, cioè aperte al contributo dei cittadini, e non semplicemente i siti istituzionali degli enti.

In più siti realizzati male, spesso poco leggibili, e in cui gli eventuali spazi di discussione tematica temporanei vengono inseriti in maniera talmente maldestra da impedire del tutto la parcipazione dei cittadini. E non si concluda poi che i cittadini non vogliano partecipare! Sono i siti internet che lo impediscono a causa di una cultura obsoleta nell'approccio distrubutivo delle informazioni on line. Ma questo è un tema complesso, su cui Nove da Firenze lavora istituzionalmente e sul quale speriamo ci vengano offerti nuovi spazi di confronto.



Cosa non può fare la legge regionale?
Non potrà garantire naturalmente la qualità della cultura politica degli eletti che gestiranno i percorsi. Se gli amministratori, non disponendo di sufficiente caratura etiche, non saranno all'altezza di queste nuove esperienza, la legge regionale non potrà far niente per difendere i cittadini. In particolare ci riferiamo alla tentazione spesso emersa in questi anni negli amministratori di avviare percorsi di consultazione in cui l'elenco degli interlocutori sia preordinato.

Per carità, ci mancherebbe solo questo per affossare il già malato clima democratico del nostro paese. Guardiamo avanti con ottimismo, mettendoci sin d'ora al servizio della procedura legislativa.

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