E fece buona morte

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
04 ottobre 2004 22:16
E fece buona morte

FIRENZE – Circa 250 pagine di documentazione quasi certosina per ricordare cos’è stata la pena di morte a Firenze e in Toscana. Sì, anche in Toscana, che pure è stato il primo Paese al mondo ad avere abolito la pena di morte e la tortura dal proprio codice penale nell’anno 1786, perché anche la Toscana, prima che si prendesse la “somma decisione”, ha avuto i suoi “anni bui” e le sue “punizioni esemplari”. Il libro in questione è “E fece buona morte”, sottotitolo “Memorie sui condannanti alla pena capitale a Firenze in due Libri neri inediti del Settecento”, pubblicato dalla casa editrice fiorentina Aska.

A curarne la realizzazione è stato Carlo Fabbri, storico e saggista, che è anche il direttore della collana Ad Fontes dedicata ai manoscritti che in questo caso sono gli scritti e le testimonianze dei condannati alla pena capitale che, confortati dai fratelli della Compagnia dei Neri, si stavano accingendo al forzato “passaggio” ormai riconciliati con Dio. Il volume di Fabbri è stato presentato questo pomeriggio nella sala Gonfalone del Consiglio regionale della Toscana. A presentare il volume sono stati l’assessore alla cultura del Comune di Firenze, Simone Siliani, e la coordinatrice provinciale dell’Arci fiorentina, Francesca Chiavacci, oltre naturalmente a Fabbri.

Da segnalare che la prefazione al volume è stata scritta proprio dal presidente del Consiglio toscano, Riccardo Nencini, il quale ha evidenziato come “se un senso ha la pubblicazione dei Libri neri che raccontano i tentativi di dare una buona morte ai condannati, è anche quello di descrivere le radici sulle quali si fonderà l’amore per il prossimo delle Confraternite dell’epoca e l’atteggiamento, tollerato dalle autorità, di assistere e confortare chi stava avviandosi all’esecuzione”.

Siliani e la Chiavacci, da parte loro, hanno ricordato come la tortura fosse “chiaramente un mezzo per estorcere confessioni” e come “il libro ripercorre le tante storie di colpevoli ed innocenti i cui corpi non sempre erano sepolti cristianamente in Chiesa”. Entrambi, inoltre, hanno ricordato il contributo dato dalla Toscana all’evoluzione della società civile anche attraverso l’abolizione della pena capitale. Ma la parte più toccante della presentazione è stata quella relativa al contributo portato dal curatore.

Come ha spiegato lo stesso Fabbri, infatti, “il titolo del libro nasce da una frase, appunto relativa al fare buona morte, che ricorre spesso nei manoscritti pubblicati in questo volume”. Fabbri ha ricordato come egli sia venuto in possesso a Milano di questi scritti che riguardano la storia fiorentina del Settecento e come a partire da essi, accompagnando il tutto con sapiente lavoro d’archivio, sia stato possibile realizzare questo volume di alta qualità storica e documentaristica che la casa editrice Aska non si è lasciata sfuggire.

“I corpi dei condannati non sempre erano sepolti cristianamente in Chiesa”, ha ricordato Fabbri, “anche perché i resti delle persone accusate dei reati più gravi spesso restavano esposti fino al loro disfacimento sulle forche oppure sui pali appuntiti del patibolo o dei luoghi dov’erano stati commessi i delitti”. E in conclusione ha ricordato un’altra inquietante usanza, se vista con gli occhi di oggi: “Per quanto riguarda gli eretici, le loro ceneri, dopo le fiamme del rogo, venivano quasi sempre disperse nel fiume Arno”.

(mc)

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