Come si può crescere economicamente nel rispetto dell’ambiente e delle tradizioni locali?

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
17 febbraio 2004 17:51
Come si può crescere economicamente nel rispetto dell’ambiente e delle tradizioni locali?

Una risposta a questa domanda potrebbe venire dai distretti rurali, sistemi produttivi locali, fortemente caratterizzati dall’attività agricola, nei quali vi deve essere una continua collaborazione fra i diversi soggetti economici. E’ quanto emerge dal seminario svoltosi oggi in Consiglio regionale, su iniziativa della commissione Agricoltura, che ha voluto un ulteriore confronto sulla proposta di legge per l’istituzione dei distretti. “Si tratta di una legge importante, attualmente in fase di discussione – ha detto Fabio Pacini, vicepresidente della commissione – La ruralità non deve essere un fardello ma anzi un volano dello sviluppo sostenibile”.

Il primo studioso a intervenire è stato Luciano Iacoponi, dell’Università di Pisa, che ha tracciato un quadro sulla situazione ambientale della Toscana e sull’impatto positivo dei distretti rurali. “Le uniche due province della Toscana che non soffrono di un deficit ambientale sono Grosseto e Siena - ha affermato il professore – Tutte le altre hanno un territorio che non riesce ad assorbire le sostanze emesse, come l’anidride carbonica, non tanto per colpa delle industrie ma per mantenere intatti gli stili di vita dei cittadini”.

I casi più eclatanti sono quelli di Firenze, Livorno e Prato, dove il deficit ambientale diventa gravissimo. “Per arginare questo problema i distretti potrebbero essere un approccio interessante, dato che le superfici arabili sono quelle che più riescono a smaltire l’anidride carbonica, in quantità superiore anche alle zone boschive”, ha aggiunto Iacoponi. Secondo il professore, è proprio nei distretti rurali che si gioca il destino delle grandi città toscane. In base all’analisi di Iacoponi, fra le aree che potranno avere un distretto vi sono la Lunigiana, l’Alta e Media Val di Serchio, il Mugello, il Chianti, la Val di Cecina, i Colli senesi, la Val di Chiana, la Maremma e la Val di Cornia.

Per Concetta Vazzana, dell’Università di Firenze, il distretto rurale è uno strumento importante anche dal punto di vista della pianificazione ambientale. “Può offrire a livello locale strumenti e soluzioni per gestire tutte le situazioni, comprese le decisioni a livello comunitario che potrebbero avere riscontri negativi sull’agricoltura toscana”, ha aggiunto la Vazzana. Secondo la professoressa, un esempio in proposito può venire dalla direttiva comunitaria che apre alla coltivazione di sementi Ogm all’interno di fasce protette dalle altre colture.

“Questa forma di coesistenza, in una regione come la Toscana, è di per sé impossibile per la conformazione del territorio”, ha detto la studiosa. L’intervento di Leonardo Casini, dell’Università di Firenze, ha invece puntato sulle caratteristiche dei distretti rurali, dal punto di vista economico e culturale. “Non devono essere strutture che appesantiscono le realtà locali, ma esattamente il contrario – ha detto Casini – Allo stesso tempo non devono acquisire nuove risorse e quindi nuovi finanziamenti ma allocare quelle già a loro disposizione”.

Secondo lo studioso, il distretto deve essere uno strumento partecipativo in grado di sviluppare sinergie e scambio di informazioni fra i soggetti economici di un territorio, al fine di pianificare lo sviluppo e risolvere i problemi. “Fondamentale in questo contesto sarà la trasmissione culturale del concetto di distretto che dovrà essere trasferita alle nuove generazioni”, ha concluso Casini. Dopo il dibattito, Fabio Roggiolani, presidente della commissione Agricoltura, ha tracciato le conclusioni del seminario.

“Il distretto rurale è anche quel luogo dove l’agricoltura diventa uno degli elementi dello sviluppo sostenibile - ha detto Roggiolani – Dai distretti, inoltre, può partire la ricostruzione del paesaggio toscano”. (ac)

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