Lennon e John" al Teatro Giotto di Vicchio venerdì 13 Febbraio (ore 21.15)

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
09 febbraio 2004 15:02
Lennon e John

LENNON E JOHN di Giancarlo Lucariello, regia di Giancarlo Lucariello e Massimo Natale, con Giampiero Ingrassia, Giuseppe Cederna.
Un ambiente prevalentemente bianco, disposto a semicerchio: vetrate sul fondo della scena, un pianoforte bianco, alcuni grandi pezzi di scacchi, creano un anfiteatro surreale. E’ questo il ‘luogo non luogo’ in cui John sta aspettando qualcuno che è in ritardo. Il Godot della situazione è Lennon, l’altra sua metà. John lo accoglie freddamente, inizia così un incontro rimandato da anni che, col passare dei minuti e della vicinanza reciproca di due caratteri opposti, assume toni da duello.

Due personalità opposte che litigano e sono tanto più distanti, quanto più si appartengono; accuse, ricordi di un’infanzia difficile, di una famiglia distrutta… lo scontro è a tratti furioso. Solo rabbia e incomprensione sembrano guidare quel gioco al massacro che si nutre di dolorose sconfitte personali. I due, dopo aver dato fondo a tutto il loro rancore, si avvicinano verso la disperazione, la solitudine e l’amore che li unisce. Si è fatto tardi, Lennon deve andare, c’è chi lo sta aspettando.

Questo testo di teatro non è un pezzo di biografia, benché i riferimenti alla realtà vissuta di quest’eccezionale uomo di parole e musica non siano casuali ma fortemente voluti. In ogni uomo coesistono più uomini e, come in ogni personalità, navigano più motivi, diramazioni e contrasti tra le parti. Ciò non è specifico di condizioni patologiche così come non è particolarità esclusiva degli ipersensibili, dei geniali, dei monomaniaci, di quelle persone chiamate artisti, sebbene in loro le ambivalenze siano spesso talmente pressanti da raggiungere la collisione reciproca.

Un lato di noi necessariamente in luce, al contatto col mondo, e un lato nell’ombra, visibile – spesso nemmeno troppo – solo a noi stessi. Il nome, quello proprio, che ci è stato concesso, e il cognome, quello della famiglia, che abbiamo ereditato, rendono bene tale dicotomia.

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