Dalla Resistenza alle resistenze alla globalizzazione neoliberista

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
13 giugno 2001 23:53
Dalla Resistenza alle resistenze   alla globalizzazione neoliberista

Due dimensioni a confronto: passato e presente. Questo è stato il tema del convegno, organizzato dal Partito di Rifondazione Comunista nei giorni scorsi a Forno (MS).
Al di là dei particolarismi storici, che ormai tutti conoscono, occorre chiarire come nasce la Resistenza e come valenti storici l’hanno interpretata: una guerra patriottica, una guerra civile intesa come scontro fra fascisti ed antifascisti, una lotta di classe. Quest’ultima merita forse una maggiore spiegazione perché viene elargita la necessità (di principio) di affermazione del proletariato- sulla scia marxista e come quasi impossibilità di affermazione quando il proletariato “industriale” comincia ad essere vanificato proprio da una diversa specie di produzione ....


Naturalmente bisogna fare una netta distinzione fra gli episodi vissuti a livello generale e quelli invece vissuti personalmente, esperienze importanti, sentite ma purtroppo omesse nei vari libri di storia. Il Presidente dell’A.N.P.I di Massa, Ermenegildo Della Bianchina, rievocando la sua esperienza personale ci ha aiutato a ricostruire un iter storico assai importante e decisivo. Ci ha reso testimoni di un fenomeno così ramificato, la cui forza è riuscita a liberare l’Italia dalle forze nazifasciste.


La Resistenza italiana, infatti, rispetto a quella degli altri paesi europei, sconfitti militarmente e occupati dai nazifascisti (es. Francia, Belgio, Danimarca, Olanda, Norvegia, Grecia, Jugoslavia, Albania) rappresentò l’inizio di una nuova guerra, una guerra di liberazione che consentì di cacciare i tedeschi occupanti e il loro alleato fascista.
Il paese di Forno ha voluto organizzare questo dibattito per anticipare una data molto particolare: il 13 di giugno 1944 perché venne circondato dai nazifascisti, allora furono uccise 68 persone, altre deportate in Germania e il cotonificio “Filanda” venne bruciato.


La resistenza non deve però essere semplice e abitudinario oggetto di commemorazione, ma deve rappresentare la traccia sulla quale costruire il nostro modo di essere popolo, società... Il dibattito è proseguito grazie agli interventi di altri relatori come Giorgio Riolo ( Presidente dell’associazione culturale ‘Punto Rosso’), che ha cercato di far capire quali sono oggi, rispetto al passato, le nuove forme di resistenza e le nuove prospettive alternative che si oppongono al neoliberismo, dominante nel mondo.


Il sistema economico odierno infatti crea situazioni sociali drammatiche perché se da una parte pretende di essere troppo preponderante e produttivo di fronte ai bisogni primordiali delle popolazioni, di fatto invece esclude queste reali problematiche esistenziali e discrimina. In questo caso la resistenza potrebbe essere definita una vera lotta di classe perché se le imprese transnazionali monopolizzano in modo totalmente antidemocratico le leve del potere, in tal modo permettono alle piccole minoranze di impossessarsi della ricchezza generale e soprattutto vengono utilizzate in maniera equivoca le strutture politiche nazionali e internazionali.


In base a questa situazione, focalizzando il deterioramento delle tante solidarietà sociali e le drastiche condizioni esistenziali, generate da questo sistema economico troppo elitario, di stabilire quali potrebbero essere gli approcci alternativi al neoliberismo e alla globalizzazione. Per far questo però è necessario fornire degli stimoli, cercando di ristabilire un equilibrio fondato sulla tutela dei diritti della collettività e non più esaltare la figura dell’individuo ‘prestazionale’ considerato alla luce del proprio successo economico. La resistenza come valore di opposizione al sistema vigente, non si è eclissato anzi dovunque nel mondo si organizza la resistenza, si portano avanti lotte sociali e si prendono iniziative alternative.

Dovunque donne, uomini e bambini combattono nella quotidianità per avvalersi dei propri diritti. Il Forum di Porto Allegre ha stabilito molte prospettive....ma perché è stata scelta proprio questa città? Il Forum di Porto Alegre è nato dall’idea di un gruppo di persone legate alla sinistra brasiliana, che voleva sviluppare un’iniziativa capace di dare organicità a quel disagio derivante dagli effetti perversi della globalizzazione emerso prepotentemente a Seattle. In contrapposizione al Forum mondiale dell’economia di Davos, in Svizzera, dove si riuniscono i maggiori milionari della terra e cercano di tracciare le loro strategie che determinano i destini dell’umanità (27 gennaio-1 febbraio 2000) criticato dalle ONG, le quali hanno definito i processi decisionali del Forum mondiale antidemocratici ed élitari.

Infatti i principi che reggono il Forum favoriscono una politica economica che ingrandisce il divario tra i ricchi ed i poveri, restringe il campo d’azione della democrazia e distrugge l’ambiente. I divari dei redditi in stati come il Brasile e il Messico sono aumentati perché la globalizzazione non riduce affatto le differenze di reddito tra i paesi e le povertà interna ai vari paesi.
Porto Alegre è una città dove da circa dieci anni viene portato avanti dal municipio di sinistra un sistema di bilancio comunale senz’altro originale: si tratta dello “orçamento participativo” (bilancio partecipato), procedimento mediante il quale le scelte in materia di spesa comunale vengono effettuate attraverso un sistema capillare di assemblee di quartiere, aperte a tutta la cittadinanza , nelle quali non ci si limita soltanto a dare pareri ma si vota con effetto vincolante per il Comune.


Occorre sottolineare che il Foro sociale non porta avanti un’utopica lotta, anche se l’intento iniziale non era quello di elaborare un vero e proprio documento organico ma piuttosto quello di stimolare la riflessione su alcune possibilità d’azione complementari alla globalizzazione: la richiesta dell’introduzione della Tobin Tax su scala internazionale nei movimenti speculativi di capitali.
La globalizzazione sarebbe una grande opportunità per tutti se in essa venissero identificati dei meccanismi che permettessero di porre al primo posto la qualità della vita per tutti.

Invece non è così perché i risultati di essa sono sotto gli occhi di tutti: aumento della disuguaglianza tra i popoli e all’interno di ogni stato, concentrazione dei redditi, ritorno della schiavitù, fame, guerre e distruzione crescente del pianeta. In una situazione così deleterea è ovvio che ci saranno sempre forme di opposizione e di resistenza, intese come forze per ricostruire qualcosa di positivo e di giusto.
Vale la pena citare l’esperienza resistenziale dei SEM TERRA, che è stata per tutti un esempio da ammirare e divulgare.

Questa popolazione è riuscita a innescare un processo di resistenza importante, cercando di combattere una lotta caratterizzata dall’occupazione delle terre ma anche una esperienza produttiva diversa e alternativa, un modello di vita comunitaria, ma anche salvaguardia delle individualità, progetti di cooperazione internazionale, mercato equosolidale e lotta vera al transgenico e alla Monsanto (campo sperimentale di coltura transgenica), promozione di una coltivazione e di un allevamento biologici e infine confronto e scontro con la politica e le diverse istituzioni.


I diversi fori sociali che avverranno e sono già in programma fanno pensare ad una grande riunione, finalmente c’è una nuova coscienza. Le adesioni sono tante, la partecipazione è davvero forti e gli obiettivi tendono a realizzare un’economia di giustizia. Seguendo gli sforzi quotidiani delle popolazioni dell’America Latina, occorre riportare alcune testimonianze fatte da Marcos in una lettera scritta al neopresidente del Messico Vincent Fox.
Il G8 che si svolgerà a Genova a luglio.

In tale occasione saranno presenti associazioni e delegazioni italiane e straniere (associazione francese ATTAC e al mensile Le Monde Diplomatique). Il Tirreno ha riportato il 9 giugno vari articoli, ma il titolo che mi ha maggiormente colpito è stato questo: “La Toscana antagonista dei Potenti” Una galassia giovanile prepara “l’assalto” al vertice di Genova. Si tratta di una galassia variegata perché attraversa tutti gli schieramenti politici e si mobilita con centri sociali, partiti, movimenti ambientalisti, associazioni di volontariato, gruppi culturali e religiosi.

“E’ gente che ha smarrito le ideogie ma non idealità e che ha una grande voglia di discutere tutto, a cominciare dal futuro del pianeta. E di dire no all’“Utopia radicale” allo scientificismo delle biotecnologie e della clonazione, per interrompere quel sistema integrato produzione-profitto che impedisce un ordinato ed equo sviluppo del pianeta”.
Riguardo all’imperialismo i giovani della sinistra hanno dichiarato questo: “Non si possono fare doppi, tripli giochi, del tipo: essere tutti i giorni della settimana, qui, sostegno di un governo imperialista come quello italiano, e alla domenica, diventare antimperialisti andando ad abbronzarci là, sulle montagne messicane, per le foto ricordo....

La battaglia che conduciamo contro l’imperialismo la facciamo là dove va fatta: qui dov’è il cuore della potenza imperialista. Contro il nostro governo, contro il nostro stato, contro il gangsterismo umanitario dell’Occidente. E’ il solo modo per spezzare l’isolamento delle masse oppresse messicane e per aiutarle a rispondere alla violenza reazionaria con la violenza rivoluzionaria”. Il senatore Malentacchi invece ha terminato il dibattito, parlando del suo impegno politico e di come la sinistra deve riuscire a svicolare le manovre politiche invasive del governo Berlusconi e riallacciandosi alle varie tematiche, approfondite dai precedenti relatori, ha tirato le fila del convegno auspicando, in nome del coraggio e di una lotta graduale ma ragionata, un cambiamento in tutti i termini trascendendo il menefreghismo pubblico di un Berlusconi che rinnega importanti valori....

come il rispetto per l’ambiente.
[R. A.]

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