Teatro Studio di Scandicci: martedì 12 dicembre (con repliche fino a domenica 17 dicembre) “Il Guardiano” di Harold Pinter

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
04 dicembre 2000 23:56
Teatro Studio di Scandicci: martedì 12 dicembre (con repliche fino a domenica 17 dicembre) “Il Guardiano” di Harold Pinter

Dopo la trilogia beckettiana, Krypton apre con “Il guardiano” un nuovo capitolo dedicato alla drammaturgia contemporanea rivolgendo la propria attenzione ad un intellettuale dalla forte coscienza civile quale è Harold Pinter. L’azione della pièce prende corpo all’interno di un’angusta stanza stracolma di oggetti trovati, il ring dentro il quale si svolgono gli incontri e gli scontri fisici e psicologici dei personaggi: Davies, un vecchio emarginato, Mick ed Aston, due giovani fratelli, ognuno a suo modo violento, ciascuno rappresentante di una categoria umana.

È l’impossibilità da parte dei tre personaggi del dominio del fuori che probabilmente sollecita la lotta per il dominio del dentro, come se il possesso della stanza e del suo contenuto potesse definire la loro ’identità o addirittura affermarne l’esistenza.
Gli attori mettono in gioco sé stessi fino in fondo, con i propri difetti, la propria carne, le proprie nevrosi, non attraverso una tecnica, esercitando una sorta di sopraffazione della lingua. Ed è proprio la sopraffazione, filtrata da apparente mansuetudine, che diventa l’idea portante di questa messa in scena.

Le dinamiche relazionali tra i personaggi sono compromesse linguisticamente fin dalle prime battute ed il testo esprime immediatamente i sintomi del fallimento naturalistico. Un gioco di ruolo, un gioco al massacro con le ineluttabili regole di ogni torneo sportivo, complicate però ogni volta dalle più ambigue sfumature del rapporto tra servo e padrone.
Il progetto scenico è il risultato di una sintesi della ricerca che la compagnia ha condotto negli ultimi anni e dove l’elemento tecnologico, sempre più assimilato e decantato, continua a muovere il comportamento registico in una direzione innovativa perché non concepito come contenitore passivo dell’azione, ma come uno degli elementi essenziali della “scrittura scenica”.


Lo spettacolo è prodotto in collaborazione con Scandicci Cultura – Istituzione Servizi Culturali del Comune di Scandicci all’interno del progetto di residenza 2000/2001 che la compagnia ha elaborato per il Teatro Studio.
Giovedì 14 dicembre alle ore 18,00 al Teatro Studio di Scandicci sarà proiettato “Ritratto di Harold Pinter” di Roberto Andò, preceduto da una introduzione del Prof. Keir Elam, docente di Storia del teatro inglese all’Università di Firenze.
La presentazione del film rientra nel progetto di trilogia pinteriana che la compagnia ha inaugurato con l’allestimento de “Il Guardiano” e che proseguirà fino al 2002 prevedendo altre due messe in scena.
Il ritratto di Harold Pinter è una pellicola di 43 minuti che parte ricostruendo i primi anni di vita del grande drammaturgo londinese, vissuti in un quartiere piuttosto popolare, Hachney, dove accompagniamo Pinter che passeggia per i giardinetti e tra le panchine dove da giovane si fermava a discutere del più e del meno e di Joyce.

Più avanti il filmmaker siciliano Roberto Andò, che firma questo interessante corto, ci porta fin nello studio dell’artista, dando così inizio ad una classica intervista a tavolino, alternata a spezzoni dei lavori che hanno reso famoso uno degli artisti di teatro più interessanti di questa metà di secolo. La conversazione, o meglio il lungo monologo, prosegue poi a briglia sciolta, abbandonando l’ordine cronologico per permettere all’ispirazione di rievocare, in ordine sparso, episodi che hanno segnato vari momenti della vita dell’autore di origine ebrea.

Un episodio è appunto legato ai riti religiosi visti in gioventù. Pinter è ormai lontano dall’ortodossia, ma ricorda con affetto quei momenti, quelle cerimonie che lo colpivano per la loro capacità di durare nel tempo, di rimanere immutate per cinque millenni. Poi ci stupisce, rievocando in modo ben originale i blackout durante la guerra mondiale, che egli collega alle prime emozioni sessuali, perché in tali occasioni tutti calavano nel buio, ragazzi e ragazze, stretti stretti in un umido rifugio.
In questo lavoro, presentato alla Biennale di Venezia nel 1998, scopriamo insomma un autore molto disponibile ed aperto, che non nasconde il piacere di raccontarsi, confessando ad esempio di aver avuto in gioventù una speciale predilizione per i ruoli del villain o ancora, in uno degli episodi più curiosi, dandoci il resoconto di una emozionantissima nottata trascorsa ai tavolini di un bar in compagnia di un altro grande: Samuel Beckett.
In definitiva un lavoro interessante e ben fatto, caratterizzato dal buon ritmo e dalla oculata scelta degli spezzoni teatrali, dai più vecchi al più recente (almeno per l’Italia), tratto dalla versione di Ashes to ashes, interpretata dal regista e attore kieslowskiano Jerzy Stuhr. Un omaggio discreto ad un grande personaggio.

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