Maggio cercando i teatri: Colori proibiti, Ruggine, da un sogno su Persiani di Eschilo

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
06 maggio 2000 00:39
Maggio cercando i teatri: Colori proibiti, Ruggine, da un sogno su Persiani di Eschilo

In scena lunedì 8 e martedì 9 maggio, ore 21.15 al Teatrino del Rondò di Bacco in Palazzo Pitti.
"Teatro ascetico", "snob e insieme popolare" "misterioso e affascinante" ecco alcuni degli aggettivi che la critica ha attribuito a Ruggine, ultima produzione della compagnia Colori proibiti, diretta da Stefano Napoli. La compagnia si è d’altronde imposta all’attenzione degli operatori teatrali per la sua originalità: Premio ETI Vetrine ’96, Rassegna Opera Prima, Rovigo; Centro Servizi Spettacoli Udine; Rassegna Sentieri d’ascolto; Senza fissa dimora.

Sul fronte del pubblico, poi, Colori proibiti e il suo regista sono diventati un piccolo fenomeno di culto: non è raro incontrare nel piccolo spazio di Via Ulpiano personalità d’arte, della cultura, del cinema e della politica catturati da questo teatro gestuale, plastico, di immagini, difficilmente riconducibile alle definizioni correnti. Il titolo evoca il feroce mondo dei metalli, sottolineandone, al tempo stesso, la debolezza. Lo spettacolo fa idealmente riferimento alla tragedia dei Persiani scritta da Eschilo solo otto anni dopo la vittoria sulle sterminate forze degli invasori riportata a Salamina dagli Ateniesi.

L’evento viene visto dalla parte degli sconfitti (in ideale continuità col precedente spettacolo Vinti) e suggerisce una riflessione sofferta sulla precarietà della sorte umana e sulle funeste conseguenze della Hybris, d’ogni comportamento empio, ingiusto, arrogante.
Nella storia di Serse, figlio del grande re Dario, di cui tenta disperatamente di ripetere le gesta, Stefano Napoli vede riflessa, come in uno specchio, l’eterna condanna dell’uomo a misurarsi con la grandezza delle aspirazioni e la ristrettezza della stanza che lo accoglierà sconfitto.

Secondo il particolare stile del gruppo, Ruggine, ricorre alla suggestione di immagini quasi sempre mute, drammatizzate dal montaggio e dalla forza dei corpi e del gesto, per parlarci di attesa, di rimorso, di follia, di sogni sbagliati e presagi veri, di violenza, di gioventù sacrificata e di regni dimenticati. Diversi sono gli stati d’animo evocati dagli interpreti – dalla sprezzante consapevolezza della vanità delle passioni umane, all’ironia di chi non ne può più del sentimento – mentre Le temps mange ses enfants, stritolando corpi e sogni.

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