Sollicciano disintegrato: una Babele di stranieri incompresi

L'80% dei detenuti non è di lingua italiana, ma mancano i mediatori culturali

Antonio
Antonio Lenoci
05 giugno 2015 14:42
Sollicciano disintegrato: una Babele di stranieri incompresi

Nella periferia ovest di Firenze al confine con il Comune di Scandicci, un terreno di circa 15 ettari, di cui solo 2,5 coperti, ospita una quantità di detenuti al limite della capienza, per lo più si tratta di cittadini stranieri.Si parla molto di "integrazione" nel mondo esterno, ma anche in Carcere il problema è particolarmente sentito."Parlare di Sollicciano come un modello forse è addirittura eccessivo - spiega Gianfranco Politi, coordinatore degli educatori presso la struttura penitenziaria - abbiamo anche problemi di natura strutturale legati alla presenza di un numero di detenuti significativo.

A Sollicciano abbiamo una presenza di stranieri che arriva all'80% una maggioranza assoluta e fare attività con una popolazione così eterogenea diventa un modo per integrarli" sottolineando ad esempio la bontà della Compagnia di Sollicciano, formata da attori-detenuti che martedì 30 giugno e mercoledì 1 luglio 2015 presso il Teatro del Carcere di Sollicciano, con la regia di Elisa Taddei dell’Associazione Krill Teatro, presenterà la nuova produzione in prima nazionale Ubu Re.

Cosa manca all'integrazione carceraria? "Può essere fatto ancora tanto. Uno dei problemi che abbiamo quotidianamente - sottolinea Politi - è la carenza di mediatori culturali che in un ambiente come il nostro dove gli stranieri comprendono 40 nazionalità diverse, esistono problemi linguistici e culturali che impediscono di avere confidenza persino con le regole vigenti all'interno del carcere. Soprattutto rispetto alla presenza dei mediatori, avere risorse comporterebbe anche lavorare meglio".Mancano anche gli interpreti? "L'interpretariato è qualcosa di diverso, significa mettere a proprio agio una persona con la propria lingua in contesti particolari che possono essere un interrogatorio oppure l'incontro con figure significative all'interno del carcere, ma per questo abbiamo una risorsa che ci mette a disposizione il Comune di Firenze nell'ambito dell'attività di interpretariato che svolge anche presso le scuole.

Abbiamo una convenzione con la Cooperativa C.A.T. che possiamo chiamare in caso avessimo necessità di intrepreti"Chi potrebbe sostenervi economicamente? "Serve investire nel ruolo del mediatore culturale che è una figura complessa, oltre l'interpretazione serve curare l'aspetto culturale, ed è un'operazione più a lungo termine. Sarebbe importante che i mediatori non vi fossero a singhiozzo, noi ne abbiamo avuti grazie all'otto per mille messoci a disposizione dalla Chiesa Valdese.

Risorse più stabili, magari con l'aiuto della Regione, darebbero un senso diverso a questo tipo di attività". La pianta della Casa Circondariale di Firenze è ispirata al giglio e ne schematizza la struttura a fiore con i padiglioni semicircolari e i corridoi di collegamento; si tratta del disegno più idoneo secondo gli esperti del Ministero della Giustizia per "Generare un asse viario in grado di favorire le relazioni di interscambio fra le varie attività svolte all'interno" lo spazio interno poi, ricavato grazie ai dormitori disposti a semicerchio, offre la disponibilità di piazze, impianti sportivi e aree verdi.

Teoricamente la struttura è destinata ad una buona vivibilità degli spazi in cui dovrebbe avvenire la riabilitazione dei detenuti, nei fatti si tratta di un sistema che per molte iniziative lodevoli risulta un modello nazionale, ma inciampa sullo scalino fondamentale: la lingua italiana e l'integrazione culturale.

In evidenza