Silenzi di Guerra, Renato Raimo tra il cuore e la Storia

Per ritrovare il teatro genuino occorre affidarsi alla passione profonda

Antonio
Antonio Lenoci
02 dicembre 2016 15:50
Silenzi di Guerra, Renato Raimo tra il cuore e la Storia

Renato Raimo è un valido artista toscano, un uomo che si è fatto le ossa partendo da zero e proponendosi sul palcoscenico nazionale televisivo e cinematografico. Ma il teatro è tanto di più.Con il suo progetto "Silenzi di Guerra" ha girato l'Italia regalando agli spettatori 70 minuti a tu per tu con ciò che eravamo. A molti studenti ha offerto una finestra privilegiata all'interno di una famiglia italiana di inizio secolo, che si è trovata travolta dalla Grande Guerra. Un padre ed un figlio separati da una chiamata alle armi che stona enormemente con l'egoismo contemporaneo. 

Se sai recitare a teatro allora sei un attore e dietro il volto di Franco Ferrara, il protagonista di Silenzi di Guerra, c'è un bravo attore pisano. Renato Raimo in una autoproduzione di straordinario carattere riesce a portare in scena due figure dal grande impatto emotivo come il maestro Marco Lo Russo e Francesca Angelica Orsini. Se il primo infatti coinvolge la platea in un canto militare dopo aver carezzato le trincee con la sua fisarmonica, vestendo i panni di quell'intrattenitore di truppa che non è solo il personaggio dei Musicarelli, la seconda, nell'incarnare la femminilità e la purezza di chi era costretto semplicemente ad attendere mostra la dolce compostezza che non fa rimpiangere la madre di Cecilia del Manzoni o la nonna Lucia del Carducci.Raimo adotta una regia complessa in cui il protagonista racconta e si racconta, si sposta sapientemente sulla scena facendo totalmente dimenticare quella smania di riprese ed angolature, viste esterne, che necessitano al grande schermo per suggestionare lo spettatore.

Mai si perde una battuta, sempre desta l'attenzione. La Guerra è ferma sulla scena, ma agitata nel cuore.La semplicità con cui tutto riesce alla perfezione, dalla decisione di afferrare il treno verso Portogruaro, la notte in carrozza, la consapevolezza di cosa sia una Guerra che ha colto gli italiani impreparati, ignoranti della loro stessa lingua, l'amicizia trovata e persa come una stretta di mano. Tutto, fino alla corsa del fante Ferrara che sfida gli austriaci con fierezza patriottica, ma poi si getta alla ricerca del figlio, trasporta l'osservatore indietro nel tempo.

Un tempo che tutti dovrebbero ricordare o conoscere per la prima volta, perché trovarsi impreparati significa ancora oggi tradire il sacrificio di quei figli che non sono tornati.Voltare le spalle a Silenzi di Guerra è voltare le spalle all'Italia che ha imparato a piangere appena nata. Con l'auspicio che Silenzi di Guerra possa trovare accoglienza presso altre piazze ed altre scuole dopo il tour del 2016, corre l'obbligo per chi scrive di esprimere gratitudine a chi crede ancora nel teatro povero ed artigianale, quello del cuore.

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