Siberia di Umberto Giordano, dal 7 luglio al Maggio

Ultimo titolo operistico prima della pausa estiva, con la direzione di Gianadrea Noseda, la regia di Roberto Andò

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
04 luglio 2021 12:56
Siberia di Umberto Giordano, dal 7 luglio al Maggio

Firenze 4 luglio 2021 - L’83^ edizione del Festival del Maggio Musicale Fiorentino continua con un’opera che è una vera e propria rarità ed è l’ultimo titolo in cartellone per questa stagione prima della pausa estiva: Siberia di Umberto Giordano. L’opera che viene rappresentata per la prima volta al Maggio è dramma in tre atti su libretto di Luigi Illica, va in scena dal 7 luglio con tre repliche, il 10, il 13 e il 16, alle ore 20.

Il Festival di questa stagione 20/21 si è aperto nel segno del Verismo con Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea e si chiude nello stesso solco, della più propriamente detta “Giovane Scuola”, con questa opera di Giordano, composizione molto cara al maestro Noseda del quale è nota la predilezione per il repertorio russo.

Composta nei primissimi anni del Novecento, era, tra i suoi lavori, la preferita del compositore e arriva al Teatro del Maggio per la prima volta con il maestro Gianadrea Noseda acclamato direttore alla guida delle più importati orchestre internazionali al suo debutto operistico al Maggio Fiorentino, nel nuovo allestimento con la regia di Roberto Andò non solo regista e sceneggiatore cinematografico e di prosa, scrittore, ma anche lirico.

Il cast, composto da Toni Gradsack, riunisce stelle di prima grandezza come il celebre soprano Sonja Yoncheva (Stephana) che debuttando nel ruolo si cimenterà con una delle tessiture più impervie e alcune delle arie più ardue di tutto il repertorio sopranile verista, il tenore Giorgi Sturua (Vassili) in un ruolo altrettanto impegnativo e il baritono George Petean (Gleby). Con loro Caterina Piva (Nikona), Giorgio Misseri (Il principe Alexis), Antonio Garés (Ivan), Francesco Verna (Il banchiere Miskinsky), Emanuele Cordaro (Walinoff), Francesco Samuele Venuti (Il capitano), Joseph Dahdah (Il sergente), Alfonso Zambuto (Il cosacco), Adolfo Corrado (Il Governatore), Amin Ahangaran (L’invalido), Caterina Meldolesi (La fanciulla).

Solista del Coro: Alfio Vacanti. Il Coro è diretto da Lorenzo Fratini. Le scene e le luci sono di Gianni Carluccio, i costumi di Nanà Cecchi e i video di Luca Scarzella.

Sull’onda dei grandi successi a livello internazionale di Andrea Chénier (1896) e di Fedora (1898), interpretata da Caruso e poi diretta a Vienna da Gustav Mahler, che l’hanno collocato fra gli autori più in vista della Giovane Scuola, il foggiano Umberto Giordano torna a rivolgersi, per una nuova opera, a Luigi Illica, il librettista di maggior talento del momento, che ha già firmato gli importanti esiti de La Wally, La bohème, Tosca, Iris.

L’Italia di fine Ottocento sta vivendo un momento di intensa acculturazione nei confronti dei romanzi di Tolstoj, Dostoevskij, Turgenev, tradotti dal francese e stampati in migliaia di copie, e Illica, per un nuovo libretto di sua invenzione che assumerà il titolo programmatico di Siberia, attinge alle angosciose Memorie di una casa dei morti, scritte da Dostoevskij durante i lavori forzati in Siberia, che faranno da sfondo agli atti II e III dell’opera. Siberia è una storia d’amore, di sofferenza, di redenzione morale, con evidenti rimandi alla tolstoiana Resurrezione che guarda verso una drammaturgia neo-romantica: la “traviata” Stephana mantenuta dal principe Alexis raggiunge Vassili (coluri che lei ama ricambiata) in Siberia, dove sta scontando la pena per aver ferito a morte Alexis, e nel tentativo di fuga morirà colpita da un carceriere.

Giordano s’impegna a ricostruire la couleur locale russa non solo con scene e costumi visti in grandi quadri (Una tappa di condannati in Siberia di Wladimir Schereschewski) e nei reportages dell’americano George Kennan, ma, musicalmente, ricorrendo a temi e canti popolari russi: nelle sue lettere comunica di aver ricevuto la partitura dell’Ouverture 1812 di Čajkovskij (che sarà citata in Siberia), esprime l’intenzione di utilizzare un’orchestrina di balalaike, di impiegare scale modali, e soprattutto fa riferimento alla Canzone dei battellieri del Volga, che diverrà una sorta di grandioso pedale musicale che accompagna il II e III atto (Giordano può averlo recuperato dai Quaranta canti popolari russi pubblicati nel 1866 da Balakirev, e dopo Siberia è divenuto popolarissimo, ricantato da Falla, Stravinskij e persino Glenn Miller).

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