Sharing Economy, ecco le imprese del futuro: nuove tecnologie e vecchia improvvisazione

Commercio, trasporti, somministrazione, accoglienza; prodotti e servizi offerti alla propria clientela, ma con quali regole?

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
18 aprile 2017 15:44
Sharing Economy, ecco le imprese del futuro: nuove tecnologie e vecchia improvvisazione

Economia della condivisione, ma è da leggere come nuove opportunità imprenditoriali che escono dalla tradizione del commercio su piazza e si innestano su un tessuto virtuale dove l'offerta di beni e servizi diventa dinamica, connessa, destrutturata.L'ex dipendente che si 'mette in proprio' e che un tempo creava "concorrenza" al proprio maestro, adesso, attraverso i Social Network, fa tremare i polsi dell'intero mercato contemporaneo.  La rivoluzione digitale iniziata dai trasporti e approdata all'accoglienza, si sta allargando rapidamente ad altri settori imprenditoriali come la ristorazione attraverso gli home restaurant e il benessere con parrucchieri ed estetisti a domicilio.L'accusa rivolta alla tecnologia che apre le porte ad imprese atipiche arriva dai rappresentanti di categoria che mettono in evidenza il rischio dell'improvvisazione in bilico tra vecchie regole e lacune. "Non basta una stanza per essere un albergatore, un phon per essere un parrucchiere, un’auto per essere un tassista, una cucina a disposizione per essere un ristoratore in barba, per esempio, a qualsiasi criterio ‘protezionistico’ che il Regolamento Unesco richiede ai ristoratori di Firenze" è il commento di Confartigianato.

Jacopo Ferretti, segretario generale di Confartigianato Imprese Firenze, esprime la contrarietà degli artigiani fiorentini alla sharing economy "senza regole".

Per Confartigianato: “Sono App utilissime quando mettono in contatto chi cerca con chi offre, ma sono molto pericolose quando ad offrire sono coloro che svolgono ‘attività imprenditoriali non professionali’: nella migliore delle ipotesi, chi, con un po’ di tempo a disposizione e qualche competenza auto-attribuita e non certificata, ‘apre bottega’; nella peggiore chi svolge una vera e propria attività imprenditoriale abusiva, evadendo le tasse (nella misura e nei modi richiesti alle imprese regolari) ed ignorando i requisiti professionali, igienico-sanitari e di sicurezza (sul lavoro, come nei confronti della clientela) che ogni imprenditore deve rispettare”.

Confartigianato dichiara di sostenere le nuove tecnologie "prova ne è il lavoro svolto, tramite Artex, con Airbnb per la promozione dei pacchetti ideati per immergere i turisti nella realtà locale, mettendoli in contatto con imprenditori del luogo quali mosaicisti, profumieri, ristoratori e così via che raccontano, e fanno provare, la loro professione e particolari aspetti della cultura della città".

Il nodo della questione. “Anche a tutti gli imprenditori in regola piacerebbe lavorare a queste condizioni: nessun adempimento fiscale o burocratico da rispettare, nessuna qualifica professionale da attestare e nessun obbligo rispetto alla sicurezza (per loro stessi, i loro dipendenti e i loro clienti). Le regole di civile convivenza, però, impongono altro: si lavora, si rispettano le norme e si pagano le tasse” è la posizione espressa da Ferretti.Cosa preoccupa l’associazione fiorentina? "La leggerezza con cui i Palazzi stanno affrontando la questione, avallando una deregulation normativa che svantaggia l’economia sana e non tutela il consumatore. La Regione Toscana, per esempio, sta addirittura regalando all’home restaurant un apposito ed elastico articolo del nuovo Codice del Commercio che, per dirne solo alcune, non impone ai ristoratori ‘amatoriali’ neppure i fondamentali della sicurezza (come il superamento di corsi antincendio e pronto soccorso) e l’obbligo dei corsi di somministrazione (vedi Rec e Haccp)".

Ma il consumatore sa cosa sta mangiando, dove sta andando a dormire, che auto utilizza o che prodotti gli vengono somministrati? "È fondamentale che l’utenza abbia chiara la portata dei rischi e degli interessi in gioco: dietro l’apparente risparmio economico si possono infatti nascondere la mancanza dei requisiti di professionalità e formazione, delle coperture assicurative, del rispetto della sicurezza e, non ultimo, di un rapporto di lavoro regolare che solo chi è a norma può offrire ai propri addetti".

Confartigianato esprime il proprio malessere attraverso alcune testimonianze di professionisti fiorentini quali il coiffeur Claudio: "Se app come le inglesi Pretty, Uspaah, Ruuby e Blow, per intenderci le Uber-coiffeur che permettono di avere comodamente a casa propria, quando si vuole e a un prezzo più basso, un’ampia gamma di servizi da parrucchiere, non sono ancora arrivate in Italia a preoccuparci tutti quanti, ora come ora, è un fenomeno che ne costituisce l’anticamera e gli spiana la strada: gli appuntamenti su Facebook.

Ex parrucchieri ed ex dipendenti di parrucchieri che, sistematicamente, postano video e foto mentre lavorano a casa delle loro clienti (che al 90% sono le ex clienti degli ex saloni in cui lavoravano), utilizzando il social network non solo per promuoversi, ma anche per prendere appuntamenti. Si tratta in parte di “evasori loro malgrado”, imprenditori che non sono riusciti a far fronte ai costi d’impresa e donne che, dopo esser diventate mamme, hanno necessità di maggior tempo a loro disposizione e in parte di “furbetti”, veri e propri evasori per scelta.

Le ripercussioni? Molto negative, non tanto per i saloni già affermati da anni, quanto per i giovani che vogliono aprire una nuova attività e devono crearsi una clientela: è impossibile per loro sostenere la concorrenza del sommerso che fa prezzi stracciati. Guardando al futuro, è stupido e impossibile opporsi al progresso e ben vengano app che permettono il lavoro al domicilio del cliente, ma solo se riservate a professionisti: imprenditori e partite iva".

Francesco, ristoratore la vede così: "Le app dell’home restaurant? Sono contrario perché al 90% è concorrenza sleale alle imprese regolari, quelle che pagano le tasse, sostengono come da legge i costi del personale e sono in regola con tutte le normative. I non professionisti che cucinano bene e arrotondano il lunario col social eating sono la minoranza: a utilizzare queste app sono ex imprenditori che, dopo aver chiuso il loro locale perché le entrate non sono riuscite a tenere il passo con tasse e costi vari d’attività, si sono “re-inventati” in questo modo e “imprenditori abusivi” che si sono organizzati proprio per poter svolgere il lavoro con queste particolari modalità.

Ma in entrambi i casi si tratta di concorrenza sleale con tutte le ripercussioni del caso: lavoro nero, evasione fiscale, scarsa sicurezza. Il problema è che il settore in questo campo non è regolamentato. Nel mio locale la Asl o la Guardia di Finanza possono entrare quando vogliono e fare i controlli del caso mentre, al momento, si devono tenere alla larga da qualsiasi home restaurant perché non sono sede d’impresa, ma solo private residenze".

E per gli albergatori? Debora e Matteo spiegano così la situazione "Come B&B professionale siamo sempre ben contenti che ci siano innovazioni che facilitano sia chi offre un servizio, in questo caso il pernottamento, che chi lo deve acquistare. C’è sempre un'opportunità in più grazie al cambiamento e all'evoluzione. Così, anche noi usiamo delle piattaforme come Airbnb, abbiamo tanti colleghi che fanno come noi e siamo tutti ben contenti del servizio. Purtroppo in ogni settore possono nascere situazioni che permettono, a chi le sfrutta, di lavorare senza essere in regola.

Ma questo non vuol dire che il servizio debba essere bloccato o combattuto, ma semplicemente che va modificato e reso inaccessibile a chi, in Italia, non presenta i requisiti di regolarità. Inoltre è competenza dello Stato e del fisco vigilare e dialogare con queste società innovative per impedire che si possano registrare professionisti che poi in realtà non lo sono".

Riccardo è un tassista che promuove l'uso delle piattaforme digitali che mettono in rete i taxi old style "La battaglia con Uber a Firenze è superata, ma siamo sempre sul chi va là perché la multinazionale, nonostante si sia ritirata dalla nostra città l’estate scorsa, difficilmente non si giocherà tutte le carte disponibili per proseguire la sua guerra. I tassisti fiorentini hanno da tempo sviluppato piattaforme tecnologiche di assoluta eccellenza, comprese app che non hanno niente da invidiare a quella americana e che, al contrario, fanno lavorare nel pieno rispetto delle normative.

Basta provarle: a Firenze e in tutta Italia Apptaxi e ItTaxi sono disponibili sia per Android che per Ios".I Social Network servono anche per condividere articoli e proprio in merito alla segnalazione critica di Confartigianato Firenze interviene sulla nostra Pagina Facebook l'Unione Generale dei Consumatori che così commenta: "La Sharing Economy di cui si parla in questo bell'articolo, è un fenomeno molto complesso.

Le tecnologie che la supportano cambiano rapidamente offrendo sempre nuove possibilità a chi decide di utilizzarle. La risposta del legislatore italiano, invece, tiene il passo della tartaruga creando voragini normative a discapito di chi fa impresa in modo regolare (con tutti i gravosi oneri fiscali e amministravi che ben conosciamo). E' necessario, quindi, un intervento urgente delle Istituzioni per dettare regole ben precise per le nuove professioni".

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