Reddito cittadinanza a rischio flop in Toscana

Il presidente delle Acli Martelli: “Dubbi che sia in grado di dare risposte alle 62 mila famiglie in povertà assoluta e alle 59 mila in povertà relativa”. Cresce la spesa dei Comuni per i servizi sociali: la Toscana al sesto posto

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
20 gennaio 2019 22:56
Reddito cittadinanza a rischio flop in Toscana

Quali sono le aspettative che il più rilevante provvedimento economico dall’attuale governo raccoglie nel campo delle organizzazioni sociali?

“Il Reddito di cittadinanza così come è stato varato rischia di non dare le risposte promesse alla Toscana, o perlomeno alla sua fascia di popolazione più povera, sia per motivi quantitativi che di concezione” così Giacomo Martelli, presidente delle Acli della Toscana sui possibili effetti del RdC in Toscana. I numeri – spiega Martelli - dicono che oggi 62 mila famiglie toscane, circa 140 mila persone che in percentuale stanno soprattutto nelle aree più depresse della regione, cioè la costa da Grosseto a Carrara, vivono in povertà assoluta.

A queste poi andrebbero aggiunte anche le 59 mila famiglie, e quindi circa altre 110 mila persone, che vivono in povertà relativa, ma che le soglie imposte per il RdC rischiano nemmeno di considerare. Infatti se il tetto sono i 9.360 l'anno di Isee l'anno si arriva a circa 130 mila persone. Un numero destinato a scendere dato che poi ci sono gli altri paletti da superare: un patrimonio massimo di 30 mila euro in beni immobili esclusa la prima casa e di 6 mila in beni mobili”. “Inoltre il RdC – aggiunge Martelli - ha sì due finalità entrambe importanti: dare impulso al lavoro, e quindi allo sviluppo economico, e dare una risposta a quanti vivono in condizioni di povertà.

Ma si tratta di due obiettivi che rischiano di non essere coincidenti perché la norma è eccessivamente schiacciata sulla componente lavoristica a differenza del Rei (Reddito di Inclusione) che, pur essendo una misura imperfetta e senza coperture adeguate, si basa su una visione multidimensionale della povertà alla quale si risponde con interventi e professionalità multidisciplinari”. “Il timore insomma è che il lavoro sulla povertà, così faticosamente costruito negli ultimi tre anni anche grazie al contributo dell’Alleanza contro la povertà, diventi inutile.

È invece fondamentale che la multidimensionalità sia adeguatamente valorizzata e che non sia messa in discussione l’architettura sociale disegnata dal Rei, che prevede un forte ruolo dei comuni e del terzo settore” conclude Martelli.

Aumenta invece la spesa dei Comuni italiani per i servizi sociali, con una crescita del 2% e una cifra che si attesta intorno ai 7 miliardi e 56 milioni di euro, pari allo 0,4% del Pil nazionale, tornando a sfiorare i livelli precedenti alla crisi economica. I dari si riferiscono al 2016 e sono stati rilevati e raccolti dall’Istat. Per quanto riguarda i Comuni toscani, complessivamente la spesa sociale è di 469 milioni, con un valore percentuale del 6,6% e una cifra pro-capite di 125 euro; la nostra regione di colloca al sesto posto, preceduta da Lombardia, Lazio, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto. La principale fonte di finanziamento permane quella proveniente da risorse proprie dei Comuni e dalle varie forme associative fra Comuni limitrofi (61,8%), seguita dai fondi regionali per le politiche sociali (17,8%) e da fondi statali (si segnala una progressiva flessione del fondo indistinto per le politiche sociali, dal 13% del 2006 al 9% nel 2016) o dell’Unione europea.

Si è passati da una spesa media per residente pari a 114 euro nel 2015 a 116 euro per il 2016 mentre permangono forti disparità a livello territoriale con i due estremi rappresentati dai 22 euro della Calabria ai 517 della Provincia Autonoma di Bolzano. Al Sud, in cui risiede il 23% della popolazione, si spende solo il 10% delle risorse destinate ai servizi socio-assistenziali. Per quanto riguarda infine la ripartizione della spesa tra le tipologie di beneficiari degli interventi e servizi che compongono la rete territoriale sono raddoppiate le risorse destinate ai disabili (da 1.478 euro annui pro-capite nel 2003 si passa a 2.854 nel 2016) mentre diminuisce, sia in valore assoluto che come quota sul totale della spesa sociale dei Comuni, la spesa dedicata ai servizi per gli anziani.

In crescita la spesa per i minori e le famiglie con figli.

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