Normale o patologico? Ripensare i fondamenti della relazione di cura

Mercoledì 31 ottobre (dalle 9:30 alle 18:00), si terrà il convegno a Villa Argentina di Viareggio

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
27 ottobre 2018 15:16
Normale o patologico?  Ripensare i fondamenti della relazione di cura

Mercoledì 31 ottobre (dalle 9:30 alle 18:00), presso Villa Argentina a Viareggio, si terrà un Convegno dal titolo Normale o patologico? Ripensare i fondamenti della relazione di cura. Promosso dalla Fondazione Mario Tobino, con il coordinamento scientifico di Riccardo Roni e con la partecipazione di importanti studiosi come Laura Boella (Università Statale di Milano), Anna Loretoni (Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa), Stefano Mazzoleni (Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa) e Ubaldo Fadini (Università di Firenze).

Il convegno si articola in due sessioni, la tavola rotonda su Corporeità, tecnologia e nuove dimensioni del Sé della mattina e la lectio pomeridiana di Laura Boella su I dilemmi della responsabilità: la cura dell’altro e la durezza della realtà.

I vari studiosi faranno luce sulla sempre maggiore complessità delle esperienze di relazione intersoggettiva, guardando in particolare al contesto socio-culturale contemporaneo, segnato dalla compresenza di più eredità storiche, dall’interculturalità e dalla rivoluzione tecnologica.

Sulla base di queste premesse, uno tra gli obiettivi principali della discussione sarà quello di ripensare le nozioni “rigide” di normale e patologico così come i fondamenti della relazione di cura tra medico e paziente, come mostra bene l’eredità teorica di Mario Tobino, il quale definiva il paziente una creatura complessa degna d’amore, da osservare “al di là della fronte”, la cui soggettività irriducibile può diventare persino un’opera letteraria.

È a questo livello che i contributi delle scienze umane e dell’innovazione tecnologica risultano essere decisivi per comprendere che cosa significhi, ma anche che cosa comporti, il prendersi cura dell’altro nei casi in cui la relazione umana abbatte la barriera tra normale e patologico, aprendo le soggettività ad esperienze “di confine”.

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