La volta scorsa abbiamo riletto insieme alcuni passaggi della “Relazione Storico-Artistica” con cui il prof. Antonio Paolucci ha accompagnato nel 2006 il decreto di vincolo a tutela del valore storico-architettonico dell’ex Sanatorio e del suo parco.
Oggi, ci spostiamo di qualche decina di metri. Poco distante dal Banti, sull’altro lato della stessa via Bolognese, una villa e un giardino ai quali ben altra sorte è stata riservata grazie all’intelligenza amministrativa di chi volle e seppe strappare questa eredità medicea alle mire della speculazione privata, nel 1981, permettendoci oggi di godere di un habitat paesaggisticamente spettacolare: Villa Demidoff (già Villa medicea di Pratolino, carissima a Francesco I) col suo ‘giardino delle meraviglie’.
Siamo andati a trovare lo studioso che, per conto della Regione Toscana, è stato responsabile scientifico della parte storica del dossier presentato all’Unesco per l’inserimento delle ville e dei giardini medicei nel patrimonio mondiale dell’Umanità, il prof. Luigi Zangheri. Autore di “Pratolino, il giardino delle meraviglie”, un’opera in due volumi (Testi e documenti; Atlante) pubblicata nel 1979 da Gonnelli, il prof. Zangheri ci ha ricevuto l’11 novembre scorso in un luogo sacro alle arti a Firenze, l’Accademia delle Arti del Disegno: si tratta della più antica accademia artistica dell’Occidente, istituita nel 1563 da Cosimo I su impulso di Giorgio Vasari.
Quale miglior sede per interpellare il suo presidente emerito intorno al significato e al valore di un manufatto e di un parco che di Villa Demidoff e del suo giardino respirano la stessa aria e - se guardano a ovest - altro salubre verde e altre architetture preziose (a partire dalla Pieve di Cercina e dal Castello di Castiglioni) salutano nel Parco territoriale di Monte Morello? Un vero ‘sistema’ culturale che non domanda di essere smembrato!
Ecco dunque la breve videointervista che il prof. Zangheri ci ha accordato, arricchita da un estratto della sua opera: il capitolo dedicato alla presenza e all’intervento della famiglia Demidoff a Pratolino, “I Demidoff: dal ritorno feudale all’esilio”. Perché fu proprio una Demidoff, la principessa Maria, a donare all’ospedale dell’aria bona – come abbiamo visto – le chiare, fresche e dolci acque che sgorgano dalle sorgenti di Bivigliano e di Monte Senario, e lo stesso acquedotto mediceo di Pratolino.
Qui a seguire, a beneficio del lettore, alcune osservazioni particolarmente meritevoli di riflessione fra quelle proposteci dal prof. Zangheri.
“Bisogna prendere esempio dal dono della principessa e dall’efficacia che ne è conseguita, anche per rispettare questa donazione, e allo stesso tempo, appunto, trarne stimolo a promuovere il recupero, materiale ma anche amministrativo e di gestione, di questo complesso che è nella storia non solo di Firenze ma anche della Toscana e dell’Italia”.
“Il vincolo della Soprintendenza del prof. Paolucci è da rispettare come quello dell’Unesco, e nello stesso tempo è da recuperare anche nelle dimensioni e nel disegno del parco: non si può pensare a una struttura edilizia senza l’intorno, è un tutt’uno!”
“Ne va ricordata e sottolineata l’importanza anche tra gli amministratori: ASL e comunità di Vaglia, certo, ma non solo. Vaglia fa parte della Città metropolitana: quindi non si deve pensare più a una ristretta comunità, ma a quanto è allargata: siccome fa parte della Città metropolitana di Firenze, è opportuno approfittare di questa circostanza e, attraverso una serie di iniziative che possono richiamare e illustrare l’importanza del sito, inteso come edificio e natura nella sua complessità, è opportuno recepire suggerimenti, o per lo meno presentare un progetto.
Perché un amministratore dovrebbe in qualche modo, quando ha un problema, risolverlo: e questo è un problema, o no? Quindi va risolto, imparando bene anche da tante esperienze. Per esempio, a Pratolino, il giardino Demidoff, il giardino mediceo, è inserito nel patrimonio mondiale. Ma il dossier è fatto di due componenti. La prima consiste nella dimostrazione dell’importanza storica del manufatto e della sua natura, attraverso una serie di relazioni e verifiche anche su quello che è stato fatto in altri casi simili.
Ma c’è un secondo capitolo, che noi evitiamo, talvolta, di organizzare e di pensare: è il piano di gestione, che fa assumere allo Stato in cui è presente un bene responsabilità fatte di spese, di economie e di momenti per la conoscenza e la fruizione”.
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